
Il presidente di Nomisma energia: «Senza combustibili fossili non possiamo andare avanti, le rinnovabili non basteranno mai. Il nucleare è pulito, sicuro ed economico. E l'idroelettrico ha provocato 5.000 morti».«Mi creda, sono completamente scollegati dalla realtà. Si fa un gran parlare di transizione verde e digitalizzazione. Ma senza l'elettricità tutta questa roba non funziona. Questa è il vero sistema nervoso del Paese. Senza corrente non carichi i telefonini, non funzionano i computer. Insomma, non fai l'internet delle cose». Davide Tabarelli è presidente e fondatore di Nomisma Energia. Insegna alla facoltà di ingegneria di Bologna e al Politecnico di Milano. Una carriera professionale che lo ha impegnato a più riprese in quello che era il ministero dell'Industria e in Eni. È reduce da un'impegnativa due giorni al Forum eurasiatico di Verona che ha riunito i protagonisti mondiali dell'energia: Tabarelli era fra i relatori. È la persona più adatta a raccontare con lucidità e disincanto la tanto strombazzata transizione verde che anima l'ideologia gretina e i piani dell'Unione europea: «Il punto debole dell'Italia, di cui non si parla mai abbastanza, è che siamo il Paese che importa più energia dall'estero. Almeno fra le economie Ocse».Da chi importiamo l'energia che ci manca? Quella che non riusciamo a produrre da soli?«Importiamo prima di tutto il petrolio greggio per raffinarlo in benzina e gasolio per le nostre auto. Poi il gas per far marciare le nostre centrali elettriche, riscaldarci e riscaldare i forni delle nostre industrie. Infine, importiamo tanta energia pronta all'uso».Cominciamo dalle materie prime.«Capitolo gas, che è sotto i riflettori. Quasi un terzo delle nostre importazioni arriva dalla Russia. Poi abbiamo i gasdotti che ci legano alla Libia e all'Algeria, il Tap che attraversa l'Adriatico e porta il gas dal Mar Caspio fino in Puglia, e un gasdotto anche dall'Olanda da cui arriva il gas norvegese. Infine, i terminali di Livorno, Rovigo e Panigaglia dove arriva il gas liquido soprattutto da Usa e Qatar».Importiamo solo gas?«No, anche petrolio (che per deformazione professionale Tabarelli chiama talvolta olio visto che in inglese si dice oil, ndr) da tutto il Nord Africa, Mar Nero, Russia, Azerbaijan Medio Oriente e talvolta Usa».Su questo non possiamo farci nulla. Le materie prime sono come il coraggio di don Abbondio: chi non l'ha non se lo può dare.«Non è necessariamente così. Perché anche l'Italia ha riserve naturali di gas e petrolio. Potremmo quintuplicare la nostra produzione interna. E ridurremmo il nostro deficit nella bilancia commerciale energetica di almeno 15 miliardi. Non sono pochi, visto che quest'anno la nostra bolletta energetica sfonderà i 30 miliardi».Sono un punto di Pil in più, altroché. Invece l'energia «prêt-à-porter» che compriamo dall'estero?«Mediamente sono 40 miliardi di chilowattora all'anno. Il 10%-15% dei nostri consumi. Arriva quasi tutta dalla Francia. Che ha a disposizione 58 reattori nucleari che noi abbiamo scelto di non avere pur avendo come sistema Paese un'indiscussa leadership storica, accademica e professionale nel settore. Moltissime nostre professionalità sono emigrate all'estero. Siamo il Paese di Enrico Fermi. È come se avessimo tre centrali nucleari che in Francia lavorano solo per noi. E ciascuna con mille dipendenti».Che in soldoni significa?«In media - e sto parlando di stime effettuate qualche mese fa prima che iniziasse la turbolenza che oggi stiamo vivendo - il prezzo dell'elettricità in Francia è inferiore di 5 centesimi di euro per chilowattora rispetto alla nostra energia. Facciamo due conti. Consumiamo 300 miliardi di chilowattora. Una maggiore spesa ogni anno di 15 miliardi di euro pagata dalle famiglie e dalle imprese italiane».Il numero 15 ritorna ancora. Le centrali nucleari hanno il problema delle scorie.«Gestibili con la dovuta attenzione. Non facciamoci influenzare dall'emotività. I reattori francesi, e non parliamo di tecnologie avveniristiche o futuristiche, sono qualcosa di completamente diverso rispetto a Chernobyl o Fukushima. E la Francia è l'architrave di tutto il sistema energetico europeo. Non solo italiano. Senza quelle centrali saremmo spesso al buio e al freddo. In più, il nucleare ha due grossi vantaggi, che altre alternative non danno».Quali?«Le centrali nucleari non emettono per definizione CO2, che è la metrica che più conta in questo momento ai piani alti di Bruxelles. Tanto che fanno fatica a vietare il nucleare. E la Francia continua a investirci. Ma soprattutto hanno un'alta densità energetica».Spieghi bene questo concetto.«Il concetto di densità o intensità è rilevante in tutti i settori. Non soltanto nell'energia. Il camion che trasporta una sola cassetta di mele o mille costa uguale. Ma una cassetta di mele trasportata da sola o con altre mille non può costare uguale al consumatore. Non faccio un viaggio per una cassetta».Quando si parla di energia invece?«Prenda la benzina che, ricordiamolo, è carbonio e idrogeno. Dentro un litro ci stanno 7.000 chilocalorie di energia. Stiamo parlando di una quantità straordinariamente elevata. In uno spazio ridottissimo. Stiamo parlando di una bottiglietta da un litro. I nostri nonni o bisnonni che lavoravano nei campi senza nessun tipo di automazione ci mettevano 4 giorni per mettere a terra quella quantità di energia».Greta Thunberg le direbbe che c'è il sole. Una quantità di energia praticamente infinita.«Scherza? Sempre per avere la stessa energia che c'è in quella bottiglia di benzina, dovremmo avere un pannello fotovoltaico di 10 metri quadrati illuminato ininterrottamente per 10 ore. Quanto territorio dovremmo coprire per fare a meno della benzina? Anche questo ha un impatto ambientale. Ecco perché le rinnovabili non ci sono o non sono mai abbastanza. E sono gli stessi ambientalisti che lo hanno capito. E poi, quando non c'è il sole cosa fai?».Insomma non si può fare a meno della benzina?«No, non possiamo. Da 50 anni sento dire che possiamo farne a meno. E negli anni Settanta consumavamo 60 milioni di barili di petrolio al giorno: prima della pandemia eravamo a oltre 100. Ora siamo a 96. Ma rimbalzeremo a quei livelli. E lo dico senza pregiudizi ideologici. Perché comunque il costo dell'energia derivante da fonti rinnovabili si è ridotto tantissimo. Il prezzo dell'energia all'ingrosso per l'Italia nel mese di ottobre è arrivato a 200 euro a megawattora. Quello delle rinnovabili a 70. Benissimo! Ma per i motivi di intensità energetica, avverto la responsabilità etica di dire che senza i combustibili fossili non possiamo andare avanti».Ma la benzina costa…«Pochissimo. Da 1,7 euro togli 1 euro di tasse che potrebbero esserci ma anche no».C'è chi sostiene che ciascuno di noi dovrà e potrà prodursi l'energia di cui abbiamo bisogno. L'autosufficienza energetica individuale.«Guardi, io posso per passione coltivarmi una piantina di basilico sul terrazzo. E sarà pure buonissimo. Ma quando vado in un negozio di prodotti biologici ad acquistare il basilico, quello non lo hanno coltivato nel terrazzo loro. Proviene da una coltivazione condotta con criteri e standard diversi che si riflettono sull'aroma ma soprattutto sul prezzo. Si ritorna al concetto di densità e intensità che consente di ridurre i costi. L'energia si produce nelle grandi centrali. Senza corrente in grande quantità, non hai l'acqua potabile. E quindi ti ritrovi epidemie di tifo e colera, tanto per rimanere in tema di pandemia. Ma soprattutto questa elettricità va distribuita a valle come in una grande cascata».A proposito di cascata, con il cosiddetto idroelettrico abbiamo fatto abbastanza o possiamo fare di più?«La produzione idroelettrica conta per il 20% della nostra domanda. Abbiamo coperto le Alpi, e parte degli Appennini, di laghi artificiali. Più di tanto non si può fare. Consideri che i decessi durante la costruzione di questi impianti a cavallo delle due guerre sono stimati in 5.000 unità. Non ci sono soltanto i disastri nucleari. Si potrebbe raddoppiare o comunque fare di più, ma c'è sempre l'ostilità degli ambientalisti. Perché anche qui dobbiamo intervenire sul territorio. E a questo si aggiunga la giungla normativa delle autorizzazioni. Sinergie con le rinnovabili sono possibili, certo. Tecnologia e polpacci. Nei laghi artificiali, quando hai molta elettricità perché c'è molto sole o vento, pompi acqua verso l'alto. E questa sarebbe la tecnologia. Poi, quando invece non c'è sole né vento, mandi l'acqua verso il basso. E questi sono i polpacci».Perché le bollette aumentano così tanto?«Siamo legati al gas. Faccio fatica a trovare aggettivi per definire l'attuale situazione dei mercati. Il prezzo all'ingrosso è passato da 10 a 85 euro a megawattora. Gli economisti parlerebbero di fallimento del mercato. Il rimbalzo post Covid ha accentuato la volatilità così come i dissidi con la Russia. Il tubo che passa dall'Ucraina porta sicuramente meno gas. Mosca e Kiev sono ai ferri corti; praticamente in guerra. Normale vi siano ripercussioni. Deve aprire il raddoppio del gasdotto Nordstream 2 nel mar Baltico ma mancano le autorizzazioni della Commissione Ue». La Russia non ci fa arrivare il gas di proposito per spingerci ad accelerare su Nordstream 2.«Non è nel loro interesse non vendere il loro prodotto, creare problemi ai clienti e quindi non incassare. In più, i russi hanno una grande tradizione di correttezza e affidabilità commerciale. Siamo veramente in presenza di cause di forza maggiore, secondo me».La politica cosa può fare di fronte a questi presunti fallimenti del mercato?«I competenti ministri del settore nell'Unione europea si sono riuniti ma non hanno deciso nulla perché non hanno strumenti. In compenso l'Ue ha avuto la brillante idea di dire che del gas non avremo più bisogno e questi sono i risultati».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.