- Il percorso per vedersi riconosciuta una correlazione con la puntura è lunghissimo e tortuoso. Tempi biblici: la competenza è regionale e la trasparenza scarsa. Il governo ha messo a disposizione 50 milioni, una somma che rischia di essere irrisoria.
- Chi lavora in ospedale non ha dubbi: «Positivi ricoverati per altre cause». Dal Veneto alla Sicilia, la quasi totalità scopre il contagio dopo l’ospedalizzazione.
Il percorso per vedersi riconosciuta una correlazione con la puntura è lunghissimo e tortuoso. Tempi biblici: la competenza è regionale e la trasparenza scarsa. Il governo ha messo a disposizione 50 milioni, una somma che rischia di essere irrisoria.Chi lavora in ospedale non ha dubbi: «Positivi ricoverati per altre cause». Dal Veneto alla Sicilia, la quasi totalità scopre il contagio dopo l’ospedalizzazione.Lo speciale comprende due articoli. Nel Regno Unito sono stati pagati i primi indennizzi a famiglie che hanno perso un parente in seguito alla vaccinazione anti Covid-19, o a persone rimaste danneggiate. Ricevono al massimo 120.000 sterline, l’equivalente di 140.000 euro, la Nhs business services authority che gestisce il Vdps, il sistema che valuta ed eventualmente autorizza il pagamento a quanti hanno sofferto gravi reazioni avverse, ha confermato di aver ricevuto il 20 maggio scorso 1.681 richieste. Ci vogliono circa dodici settimane per ottenere la valutazione clinica delle cartelle cliniche. Tempi lunghissimi, ma almeno qualche cosa ha iniziato a muoversi. In Italia, l’unica notizia che è trapelata sono i 77.468,53 euro ottenuti dai parenti di un’insegnante di Genova, deceduta il 4 aprile 2021 a seguito della somministrazione di Astrazeneca. Malgrado l’Aifa riporti un tasso di segnalazione di 99 reazioni avverse ogni 100.000 dosi e di 18 eventi gravi ogni 100.000, sono molti i danneggiati dal vaccino che hanno iniziato a muoversi. Il percorso per vedersi riconosciuta una correlazione con l’anti Covid è lunghissimo e tortuoso, quelli che hanno ottenuto già un ristoro si conterebbero sulle dita di una mano. L’avvocato Erich Grimaldi, presidente del comitato Cura domiciliare Covid-19, sostiene che «fino a quando non verrà istituito un fondo di solidarietà», per essere sostenuti economicamente nella complessa istruttoria, passando dalla propria Azienda sanitaria entro tre anni dall’accertamento della reazione avversa, poi per ospedali militari, ricorso al ministero della Salute, tribunale del lavoro, troppe persone rinunceranno a vedersi riconosciuto un sacrosanto indennizzo da parte dello Stato. Al 31 dicembre 2018, erano 691 i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie riconosciuti e indennizzati dal ministero della Salute, dei quali 27 deceduti. «Senza contare i soggetti riconosciuti ai sensi della legge 210/92, ma che non hanno ottenuto un soldo perché avevano presentato la domanda fuori dai termini di legge», ricorda Nadia Gatti, da 25 anni presidente del Condav, il coordinamento nazionale dei danneggiati da vaccino. «Una vergogna immensa. Stiamo parlando di persone che non miglioreranno mai, possono solo peggiorare le loro condizioni di vita. O morire, come spesso accade. Purtroppo però noi ci siamo, anche se le istituzioni fanno di tutto per nascondere la nostra esistenza dietro un silenzio colpevole».Il governo Draghi ha stanziato 50 milioni di euro per il 2022, una cifra che è apparsa subito ridicola prima ancora di avere un’idea di quante richieste «per i danneggiati da complicanze di tipo irreversibile causate da vaccinazioni obbligatorie», verranno presentate quest’anno. A seguito di alcune pronunce della Corte costituzionale, beneficiari dell’indennizzo sono anche coloro che hanno avuto danni permanenti da campagne vaccinali soltanto «raccomandate» dalle autorità statali, come avviene per l’anti Covid. Dal 1° gennaio 2001 le competenze sono state trasferite dal ministero della Salute alle Regioni, dove arrivano anche le domande per indennizzo dalle vaccinazioni massive contro il virus della pandemia. La Lombardia, ad esempio, dopo più di 24 milioni di somministrazioni eseguite ha ricevuto circa 200 richieste. L’Emilia Romagna 45, dopo aver inoculato 10,5 milioni di dosi. Il Veneto non vuole fornire dati, dice che è competenza dell’Aifa, ma con simili scuse la trasparenza va a farsi benedire. Davanti alla reticenza delle Regioni a fornire questi dati, se anche solo calcolassimo una media per ciascuna di venti domande di indennizzo, saremmo già a 400 presentate su tutto il territorio italiano. «I 50 milioni di euro stanziati basterebbero per una sessantina di danneggiati in modo grave, senza considerare i morti per vaccino anti Covid», commenta l’avvocato Luca Ventaloro. Da trent’anni si occupa di indennizzi fra Rimini e Roma, spiega di seguire circa 200 adulti con reazioni avverse da inoculazioni anti Covid «per i quali ho già presentato la domanda», e almeno altrettanti minori che hanno avuto problemi «principalmente da vaccino Mpr (anti morbillo-parotite-rosolia, ndr), da anti meningococco e da anti epatite. Posizioni ferme, ci vogliono almeno sei, sette anni per arrivare a una loro definizione. E solo il 5% dei bimbi danneggiati ottiene un indennizzo, una cosa scioccante. Poi sono lenti a pagare, passano anche quattro anni. Figuriamoci che cosa accadrà con la marea di richieste degli ultimi sei mesi, per le vaccinazioni contro il Covid», spiega il legale. I pochissimi «fortunati», nella sciagura di aver subìto un danno irreversibile però con nesso di causa vaccino riconosciuto, che cosa ottengono? Una pensione di minimo 1.600 euro, massimo 1.800 euro ogni due mesi, più una tantum di circa 70.000 euro. Possono anche fare ricorso e ottenere un altro tipo di indennizzo che equivale a una pensione mensile di 4.000 euro (nel caso di rientrare nella prima delle otto categorie previste, quella del danno più grave, come autismo o epilessia totale e irreversibile, la perdita di un arto o della funzionalità di un organo, perché si utilizzano ancora tabelle di lesioni e infermità più di ambito militare che civile), ripartita tra i familiari che prestano assistenza. Per le pericarditi infantili, il danno può essere valutato basso, da settima od ottava categoria, sempre che non peggiori nel tempo. «Pare che le commissioni militari stiano riconoscendo le richieste dei danneggiati da vaccino Covid, vedremo che cosa accadrà in autunno», rivela Ventaloro, lasciando ben sperare che l’iter sia meno complesso. Certo, saranno contemplati solo danni gravissimi, per tutte le altre patologie post vaccino che non ricevono nemmeno una diagnosi, non è previsto alcun indennizzo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/danni-da-vaccini-lindennizzo-e-unodissea-2657601538.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="chi-lavora-in-ospedale-non-ha-dubbi-positivi-ricoverati-per-altre-cause" data-post-id="2657601538" data-published-at="1656806780" data-use-pagination="False"> Chi lavora in ospedale non ha dubbi: «Positivi ricoverati per altre cause» Con gli 86.334 contagiati di ieri gli italiani positivi al Covid sfiorano il milione, il tasso di positività è triplicato in un mese mentre secondo il rapporto settimanale dell’Istituto superiore di Sanità la quota delle reinfezioni sale del 9,5% ed il tasso di mortalità per i non vaccinati è 7 volte più alto rispetto alle persone che hanno fatto la dose booster del vaccino. Anche se in terapia intensiva i ricoveri sono saliti del 2,6% e nei reparti ordinari del 10% non c’è un vero allarme pandemia. Molti, infatti, arrivano in ospedale con altre patologie e soprattutto un gran numero di positivi sono asintomatici. Come ha spiegato il presidente nazionale del Servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica 118, Mario Balzanelli, «nelle strutture di pronto soccorso vengono rilevate moltissime persone positive al virus del tutto asintomatiche. Sono persone che arrivano per accompagnare minori o anziani, o per fare medicazioni, e che devono fare il tampone come previsto per chiunque arrivi in un pronto soccorso». È un fenomeno, aggiunge, che si sta osservando «da alcune settimane» e sul quale «non sono ancora disponibili dati unitari», ma che può essere considerato l’indice di una «circolazione virale elevatissima». Evelina Tacconelli, direttrice dell’Unità operativa complessa di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona spiega chiaramente: «Crescono le reinfezioni e i ricoveri, oggi il reparto è pieno di pazienti positivi, ma di fatto non li stiamo trattando per il Covid e questa è una differenza enorme. Se non fossero positivi, sarebbero in altri reparti come geriatria, visto che molti di loro sono anziani con problemi di disidratazione o Alzheimer. Per non diffondere il contagio tra gli altri pazienti, li teniamo qui». Insomma, «stiamo parlando di una malattia che oggi non ha impatto sul sistema ospedaliero e sulla popolazione sana» e più che di ondata di casi, secondo la Tacconelli di tratta di «un’ondata di tamponi positivi, che sono al livello della prima e della seconda ondata. Ma, a differenza di allora, non hanno impatto sulla mortalità». E se l’assessore regionale del Veneto, Manuela Lanzarin, dice che stanno lavorando per essere pronti ad attivare servizi sanitari di assistenza già alla fine dell’estate, nel frattempo l’azienda ospedaliera di Padova segnala che negli ospedali cittadini l’83% dei ricoverati per altre patologie ha anche il Covid in forma asintomatica cioè il cosiddetto «Covid per caso». Di conseguenza c’è anche molta difficoltà a dimettere gli anziani ricoverati che hanno superato la fase acuta perché nelle Rsa mancano gli spazi dedicati. In una regione, come la Sicilia, già affollata di turisti, anche per l’assessore alla Salute, Ruggero Razza «il virus circola tanto ma le patologie respiratorie correlate al Covid sono meno gravi». Infatti, più della metà dei 774 pazienti attualmente in area medica è stato ricoverato per motivi diversi dal Covid e ha scoperto la positività solo dopo il tampone eseguito in ospedale. Ecco perché nei prossimi giorni il tavolo tecnico istituito da Razza varerà un nuovo modello che prevede «bolle» (come già fatto negli ospedali bolognesi, Policlinico Sant’Orsola e Maggiore) in tutti i reparti degli ospedali, con stanze di isolamento per positivi asintomatici o con pochi sintomi ricoverati per altre patologie. Ulteriore conferma arriva dalla Società italiana dei rianimatori (Siaarti) guidati dal siciliano Antonello Giarratano: 8 ricoveri su 10 in Terapia intensiva Covid sono legati ad altre patologie.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






