2020-09-03
Dallo smart working alla corsa al 5G il settore Tlc sta per spiccare il volo
Il lockdown e le nuove esigenze tecnologiche degli smartphone hanno messo fine al letargo del comparto. Molto interessanti le società che possiedono le infrastrutture e le grandi compagnie degli Stati Uniti.Dopo un lungo sonno il settore delle telecomunicazioni è tornato di attualità in tutto il mondo, spinto dai processi di consolidamento e dall'avvento prossimo del 5G che promette di rivoluzionare il settore. La stessa pandemia e lo sdoganamento dello smart working hanno fatto comprendere in tutto il mondo come l'infrastruttura delle telecomunicazioni sia centrale per le nazioni e anche in Italia, dopo decenni di discussione, la rete unica per la banda larga sembra che possa diventare realtà.«Gli operatori telefonici, vale per Telecom Italia, ma anche per Open Fiber», afferma Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert Scf, «da soli non possono sostenere gli investimenti necessari e con la nascita di AcessCo, la società che accentrerà la rete, potranno concentrarsi sia gli investimenti privati che i 6 miliardi di risorse del Recovery fund che il governo punta a raccogliere per spingere la digitalizzazione del Paese».Del resto, nessun operatore potrà essere permanentemente assente dalla tecnologia 5G e questa consentirà, ad esempio, di scaricare un film di due ore in poco più di un minuto. Quasi il triplo più veloce dell'attuale 4G nei test negli Stati Uniti.«La crescita dei social media e dei servizi streaming, l'allentamento dei blocchi e delle restrizioni sui viaggi (più l'utilizzo di roaming dati) e la presenza di smartphone 5G dovrebbero aprire la strada alla ripresa dei ricavi per il settore delle telecomunicazioni in generale», dice Carlo De Luca, responsabile asset management Gamma Capital Markets. «Le opportunità presenti sul mercato possono essere riscontrate nelle TowerCo, che beneficiano delle maggiori spese sostenute dagli operatori mobile per migliorare ed espandere le attrezzature elettroniche montate sulle proprie antenne torri».«L'era digitale è iniziata (e non da oggi)», ricorda Gaziano, «ed è di qualche settimana fa l'offerta di acquisto da parte di Liberty global per l'operatore Internet svizzero Sunrise, con un premio del 32 per cento sui prezzi segnati in Borsa. Un segnale molto importante per il settore e anche per Deutsche Telecom, che negli Stati Uniti controlla T-Mobile». «Le opportunità di investimento possibili si trovano nel mondo azionario», dice Angelo Meda, responsabile azionario di Banor Sim. «Ma è necessario essere molto selettivi: da un lato si possono valutare investimenti in società che possiedono l'infrastruttura, come le torri di telecomunicazione (società come ad esempio Cellnex, Inwit o la prossima quotazione di Vantage Towers, spin off delle torri Vodafone), che però dopo il forte rally vedono davanti a sé una crescita limitata; dall'altro lato preferiamo il settore telecom tradizionale americano grazie alla concentrazione. Società come AT&T (oggetto di attivismo per separare le attività media) o Deutsche Telekom (che genera metà del proprio valore dalle attività Usa di T-Mobile) ci appaiono come i migliori investimenti. In Europa», conclude Meda, «bisogna attendere un cambio di passo da parte dell'Antitrust sul tema concentrazione, cosa che non ci aspettiamo nel breve periodo».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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