2022-06-25
Dall’identità sessuale alla salute: i bambini ormai sono le nuove cavie
Il pensiero unico dominante nasconde gli effetti avversi degli esperimenti arcobaleno e spaccia per conquiste sociali l’annientamento dei diritti dei minori. Perché da piccoli è più facile farne sudditi della Babilonia liberal.Li si prende da piccoli, quando sono più malleabili ed è più facile educarli, e si comincia così a costruire i «nuovi cittadini» che abiteranno il paradiso in Terra progressista. Il meccanismo di sicuro non è nuovo, anzi è in funzione da parecchio tempo, tanto che oggi possiamo toccare con mano, e a vari livelli, gli effetti avversi dell’ideologia. Il problema è che, nonostante gli innumerevoli segnali negativi, la direzione di marcia del pensiero prevalente e dei poteri che lo sostengono non cambia. Bisogna andare avanti, ancora e ancora, perché così ordina Babilonia, e gli schiavi eseguono. Bisogna, ad esempio, insistere con la promozione della fluidità sessuale nell’infanzia. Di casi ce ne sono ovunque in tutta Italia: numerosi istituti scolastici introducono la cosiddetta carriera alias, ovvero la possibilità per ragazzini e ragazzine di attuare una «affermazione positiva». In sostanza, è la possibilità di cambiare nome, abiti e genere senza avere effettuato una operazione, per cui un ragazzino, qualora lo desideri, può assumere identità femminile e farla ufficialmente riconoscere dalla scuola. Nel frattempo, il sistema mediatico-politico procede alla celebrazione dei piccoli eroi che cambiano sesso. Qualche giorno fa, per citare una vicenda recente, i giornali hanno raccontato il caso di Vincenzo, 10 anni, di Ravenna, che - come racconta un quotidiano locale «ha trovato la forza e il coraggio di dire “no” al nome, Vincenzo, e al genere, maschile, che le sono stati attribuiti alla nascita, facendo coming out in famiglia, a scuola, in società». È difficile supporre che Vincenzo, non ancora adolescente, conoscesse davvero il proprio corpo e la propria sessualità, se non altro per mancanza di esperienza. Eppure ora si presenta come Emma, viene riconosciuto come bambina e ha festeggiato la sua «rinascita» al Villaggio del Fanciullo di Ravenna esibendosi in uno spettacolo di danza. Su quali siano gli «effetti avversi» di questa ideologia arcobaleno si potrebbe e dovrebbe ragionare, se non altro perché i suicidi fra le persone transgender sono piuttosto frequenti, o perché sono numerosi i casi di ragazzi e ragazze che si accorgono troppo tardi di aver commesso un errore e si condannano a un doloroso percorso di de-transizione. Ma ormai discutere di questi temi è sostanzialmente proibito, chi lo fa con spirito critico è immediatamente accusato di omofobia e transfobia. La questione viene risolta dai politici (vedi Monica Cirinnà) dando la colpa alla «intolleranza» e al «razzismo» dilaganti e intanto si continuano a costruire le autostrade della fluidità lastricate d’ideologia. Il pensiero dominante propone un messaggio riassumibile nel motto crowleyano «fai ciò che vuoi»: vuoi cambiare sesso? Prego. Vuoi drogarti? Prego. Vuoi toglierti la vita? Prego. Del resto - questo è il messaggio - chiunque può costruirsi artificialmente l’identità artificiale che preferisce. In tale ordine d’idee rientrano ovviamente anche i numerosi progetti sulla cittadinanza facile. L’ultimo, di cui si chiacchiera in queste ore in Parlamento, è lo «ius scholae». Il testo di tale legge prevede che i bambini immigrati giunti in Italia prima di aver compiuto 12 anni possano ottenere la cittadinanza dover aver concluso un ciclo di studio della durata di cinque anni. Di nuovo, si fa leva sui minorenni per edificare la radiosa Città del Sole multiculturale. Ebbene, qui gli effetti avversi sono ancora più espliciti: li abbiamo visti a Peschiera del Garda. Li vediamo nelle faide in corso nel Nord Italia tra giovani trapper di origine maghrebina che si minacciano via social, si picchiano e si accoltellano e realizzano la colonna sonora della rabbia di una generazione che si sente sospesa fra due mondi. I piccoli criminali di Peschiera si definivano africano, i trapper si descrivono come arabi. Molti di loro sono cittadini italiani, perché sono nati qui, ma vivono l’Italia come una terra ostile. Sono la manifestazione tangibile del disastro multiculti, eppure l’ideologia al potere prosegue tetragona a teorizzare lo sradicamento e la mescolanza artificiale che annulla le culture. Cerchiamo di essere seri: qui non si tratta di rifiutare chi ha la pelle di un colore diverso o professa una religione differente o esprime una sessualità fuori dalla «norma etero». Il punto è che i cambiamenti indotti provocano, prima di tutto, sofferenza alle persone che - più o meno convintamente - li subiscono. E, in secondo luogo, tali esperimenti sociali causano danni alle comunità e alle popolazioni. Chi ha gli strumenti intellettuali per comprendere l’inganno ha ancora la possibilità di difendersi, ma i più giovani sono interamente immersi nella propaganda. Non c’è nemmeno bisogno di imporre alle nuove generazioni il politicamente corretto, perché ormai non hanno nemmeno più un pensiero da correggere. Semplicemente, danno per scontato che «non ci sia alternativa» al sistema dominante. Anzi, molti credono che sia auspicabile la fluidità sessuale, etnica e culturale: il martellamento persuasivo ha avuto successo, perché non ha incontrato ostacoli. Non è un caso che anche la Cattedrale Sanitaria sia impaziente di ricevere i pargoli. Per mesi abbiamo sentito parlare della necessità di vaccinare i bambini, ora - dopo il via libera della Fda americana - andiamo verso lo sdoganamento della puntura per i bambini sotto i cinque anni, compresi i neonati. Anche in questo caso si sfruttano la commozione e l’empatia inevitabilmente suscitate dagli infanti per imporre un sistema di controllo sociale. Quali siano gli effetti negativi ormai è noto e, in alcuni casi, ammesso persino dai più strenui sostenitori dell’iniezione infantile. Nel peggiore dei casi, i piccoli provano dolore e vanno incontro a effetti sul fisico non esattamente piacevoli. Nel migliore, il vaccino nelle fasce di età più basse è del tutto inutile. Lo ha ammesso candidamente in questi giorni Soren Bostrom, direttore dell’Autorità sanitaria danese. Nel corso di un programma televisivo gli hanno chiesto se sia stato un errore vaccinare i bambini (in Danimarca si possono inoculare i piccoli a partire dai 5 anni). Risposta di Bostrom: «Con quello che sappiamo oggi: sì. Con quello che sapevamo allora: no. […] In retrospettiva, non abbiamo ottenuto molto dall’espansione del programma di vaccinazione per i bambini quanto a controllo delle epidemie». In realtà fior di esperti hanno detto fin da subito che inseguire i piccini è inutile e pericoloso, ma sono stati immediatamente bollati di terrapiattismo. Adesso salta fuori che avevano ragione, e potremmo anche farci passare l’irritazione se non fosse che, dalle nostre parti, c’è chi ancora insiste con le iniezioni infantili a dispetto dell’evidenza. Prenderli da piccoli, questo è l’obiettivo. Educarli affinché apprezzino la fluidità e le virtù del melting pot, abituarli a portare ovunque la mascherina e a farsi una punturina ogni anno: tramutarli in bravi sudditi della Babilonia liberal. E se qualcosa va storto, beh, basta dire che non c’è alcuna correlazione.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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