2020-07-01
Dal sesso all’ambiente siamo una società che non ha più il senso dei limiti e dei confini
Greta Thunberg (Sarah Silbiger/Getty Images)
Il nuovo libro di Francesco Borgonovo individua nella mancanza di misura la radice dei mali di un mondo che esecra la ricerca di equilibrio.Lo aveva fatto anche Albert Camus per spiegare la peste e, più in generale, il male del mondo: era ricorso alla saggezza greca per trovare lì le radici di quello che accadeva al suo tempo. Lo fece individuando nella mancanza di misura, di equilibrio, della saggezza che sa tenere insieme le cose e non dividerle, frantumarle, la radice dei mali del mondo contro i quali occorre rivoltarsi. Lo fa oggi Francesco Borgonovo, nel suo dotto volume, che esce oggi per i tipi della Utet, La Malattia del Mondo. In cerca della Cura per il nostro Tempo. Anche Borgonovo torna molto indietro per capire come andare avanti. Un libro da leggere perché raro nell'unire i fatti del nostro tempo a radici e causalità culturali e storiche.Torna, appunto alla Grecia, alla hybris, alla tracotanza con la quale l'uomo ritiene di poter superare qualsiasi limite, umano e anche divino, alla dismisura che non vorrebbe conoscere limiti e che porta la sciagura. L'autore di questo bel libro la individua nella talassocrazia, l'impero del mare, del liquido, come profetizzato dal troppo celebrato Zygmunt Bauman, che permette in tutto lo sconfinamento.La pandemia è certamente frutto di questo sconfinamento. Che la si prenda dal punto di vista dell'imperialismo della scienza incontrollato e autodiretto, del controllo mancato delle frontiere o di un capitalismo lasciato a sé stesso senza regole (cosa che nessun liberale avrebbe voluto, a partire da Luigi Einaudi), la storia non cambia. Mentre la Grecia era - come scrive Borgonovo - la terra della misura, oggi la regola è lo sconfinamento. Tra nazioni, tra sessi, in entità - come l'Europa - che la fanno da padrone senza averne la legittimità, fra tradizioni culturali che vengono sradicate senza rendersi conto che sradicare la cultura è sradicare l'uomo, nel suo più profondo, che è fatto di tradizione, tra religioni senza conservarne l'originalità ma cercando soltanto una loro talvolta impossibile convergenza (come se ammetterlo non andasse bene , fosse un questione rozza e primitiva, mentre è primigenia).Interessante, tra le tante cose contenute nel libro, il capitolo sull'ambiente, su questa sorta di Leviatano climatico che dovrebbe, in qualche modo, da Greta Thunberg in poi, arrivare a dominare la nostra vita, i nostri comportamenti, fino a fare della natura ciò che deve soggiogare l'uomo e non il contrario, come nel dettato biblico veterotestamentario. Perché? Per lo stesso sconfinamento, per la mancanza di misura, per la dismisura che caratterizza il nostro tempo. Sembra quasi che cercare il punto di equilibrio sia da retrogradi, da reazionari, da pessimisti, da nemici del progresso e dell'avvenire. Quando la storia prova il contrario, e Borgonovo lo dimostra in diversi passaggi del suo libro, dalla tragedia greca a Herman Melville, da Carl Schmitt a Ernst Jünger. Non a caso oggi va di moda il ribelle, colui che rifiuta non sapendo costruire, non il rivoluzionario che - sia pure con la sua carica utopica spesso negativa - mette in gioco la propria vita. Nella società liquida è liquida anche la protesta. Agganciata spesso a nulla, inconsapevole, senza la men che minima preparazione culturale, che si rivolge alle statue e le macchia di una vernice che, però, è facilmente cancellabile, come chi le ha imbrattate.Molto belle le pagine nelle quali Borgonovo ricorda il valore che Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger hanno attribuito alla patria, alla nazione, come luogo del formarsi e del consolidarsi della cultura di un popolo, dei suoi legami, del suo ethos, del suo modo di abitare il mondo e della ricchezza che da tutto ciò deriva. Le patrie non sono muri né ponti, sono luoghi del formarsi dell'umano.
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