2023-09-22
Il capo dei rettori vuole restare in sella ma sbatte la testa fra Anac e ministero
Salvatore Cuzzocrea (Imagoeconomica)
Salvatore Cuzzocrea punta alla proroga a Messina con la scusa del Pnrr. L’Anticorruzione gli contesta affidamenti diretti per 35 milioni.Secondo le indiscrezioni, puntava a una proroga del mandato per completare i progetti legati al Pnrr. Ma adesso, Salvatore Cuzzocrea, dal 2018 rettore dell’Università di Messina nonché, dal dicembre scorso, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), complici anche le indiscrezioni trapelate sulle cronache locali, si troverebbe sballottato tra i rilievi dell’Anac al suo operato e il paletto messo mercoledì dal ministro dell’Università Anna Maria Bernini, durante il question time alla Camera. Riavvolgiamo il nastro. Il 14 luglio scorso, la Gazzetta del Sud, in un articolo che racconta le possibili candidature alla successione di Cuzzocrea, rivela il retroscena: «Tutto ancora da decidere per la data del voto. Prima di tutto c’è da sciogliere un nodo, quello relativo a un’eventuale proroga che sarebbe in ballo e che sarebbe legata anche alla possibilità di chiudere da parte degli attuali rettori i progetti legati ai finanziamenti del Piano di resilienza». Un’indiscrezione, probabilmente filtrata dall’ambiente universitario, tanto che il cronista precisa che «non c’è certezza nemmeno di un’eventuale richiesta avanzata in tal senso». Poi aggiunge: «Se non dovesse intervenire alcuna proroga bisognerà indire le elezioni 90 giorni prima della scadenza dell’attuale mandato fissata per il 14 aprile. Si potrebbe votare dunque tra novembre e gennaio». Elezioni che il decano dell’ateneo di Messina, Letterio Bonina, il cui pensionamento è previsto per il 1° ottobre prossimo, ha già tentato due volte di indire. Invano. I suoi decreti sono infatti stati fermati dal dg dell’università, Francesco Bonanno, che, secondo quanto riportato dalle cronache locali, avrebbe rifiutato la pubblicazione, in quanto «trasmesso da soggetto incompetente». La guerra a colpi di regolamenti ha quindi per ora fermato Bonina, che per la tornata elettorale aveva già individuato le date: venerdì 1° dicembre la prima votazione, mercoledì 6 la seconda, una settimana dopo il ballottaggio. A complicare le cose, due giorni fa sono arrivate le parole pronunciate nell’emiciclo di Montecitorio dal ministro Bernini, che dopo aver precisato di non aver ricevuto «alcuna istanza formale relativa alla proroga di mandati rettorali in scadenza prima del 31 dicembre 2026», ha aggiunto che «di conseguenza, nonostante le notizie di stampa (l’articolo del 14 luglio, ndr) riportate dagli onorevoli interroganti, non sono state ancora approntate o predisposte concrete proposte normative al riguardo». Le conclusioni del ministro sono però un vero macigno sulle ambizioni di proroga dei mandati dei rettori, almeno per quanto riguarda Messina: «Resta inteso che, in ogni caso, sarà nostra cura condividere tempestivamente con il Parlamento, nel rispetto delle procedure decisionali preposte, ogni eventuale misura indirizzata in questa direzione». Una prassi che non può che dilatare i tempi, rendendo estremamente difficile emettere un provvedimento prima della scadenza del mandato di Cuzzocrea. Che, almeno stando ai rilievi sulla gestione dell’ateneo messinese messi nero su bianco dall’Anac in una delibera di 17 pagine, la 184, potrebbe non essere la persona più indicata per portare a termine le opere previste dal Pnrr. Negli ultimi quattro mesi del 2021 Unime, sfruttando, secondo l’Anac, la «procedura di urgenza prevista dalle norme emergenziali Sars Covid 19» ha affidato direttamente, senza alcuna procedura pubblica di selezione, lavori per un ammontare complessivo di circa 35 milioni di euro. Tutti i contratti tra l’Università di Messina e le ditte affidatarie dei lavori sono stati sottoscritti dai rappresentanti legali delle società chiamate a eseguire gli interventi, dal dg Bonanno e dall’ufficiale rogante (un ruolo simile a quello del notaio nelle compravendite), Simona Corvaja, funzionaria dell’Università di Messina, responsabile dell’ufficio appalti. La guerra interna per le elezioni universitarie ha portato a far circolare la notizia che il nome della donna compare anche negli atti dell’inchiesta della Procura di Catania sulla concorsopoli dell’Ordine dei medici del capoluogo etneo. La Corvaja, infatti, aveva partecipato a un concorso, arrivando seconda dietro al candidato vincitore, poi finito agli arresti domiciliari insieme al suo «sponsor». E in una intercettazione i due sostenevano che anche la Corvaja, non indagata, avesse avuto qualche forma di aiuto: «Lei non arrivava seconda, io te l’ho detto, te l’ho detto (inc.) non ci arrivi se non hai l’appoggio». Fino a prova contraria illazioni senza fondamento uscite dalla bocca di un presunto «mariuolo» che cercherebbe di pulirsi la coscienza, che oggi vengono strumentalizzate. Ma le conclusioni dell’Anac sui contratti passati anche per le mani della dipendente di Unime sono invece un fatto concreto. La delibera infatti conferma «per gli affidamenti oggetto di istruttoria, la mancata sussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime derogatorio […] tenuto conto che la deroga va riferita ai casi di cui al comma 3 (ossia alla sussistenza di ragioni di estrema urgenza derivanti dall’emergenza sanitaria in corso), non ricorribili negli affidamenti venuti in rilievo, e ai settori ivi indicati». E ancora: «Le situazioni di urgenza prospettate, per quanto concerne i lavori in esame, paiono potersi ricondurre a situazioni di incuria e di carenze manutentive protrattesi nel corso degli anni».Anac evidenzia anche «relativamente all’affidamento della progettazione esecutiva e dei lavori di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare dell’Ateneo, il mancato possesso dei requisiti di qualificazione Soa (la certificazione che attesta la capacità dell’impresa a concorrere ed eseguire opere pubbliche con importo maggiore di 150.000 euro, ndr), in capo all’impresa aggiudicataria, richiesti per l’esecuzione delle lavorazioni affidate». Agli atti non ci sarebbero «neppure le verifiche condotte dalla stazione appaltante sul possesso dei requisiti necessari per la progettazione». Non proprio un bel viatico per ambire a una proroga.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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