Toyota vende solo per il 3% di vetture a batteria ma raggiunge livelli di emissioni inferiori a Renault e Volkswagen e vicini a Stellantis. Spinta sull’ibrido per contrastare l’ascesa cinese. Mentre in Italia il prezzo dei principali modelli è aumentato del 24% in cinque anni.
Toyota vende solo per il 3% di vetture a batteria ma raggiunge livelli di emissioni inferiori a Renault e Volkswagen e vicini a Stellantis. Spinta sull’ibrido per contrastare l’ascesa cinese. Mentre in Italia il prezzo dei principali modelli è aumentato del 24% in cinque anni.Alla fine è sempre un problema di strategie. Che si possono sbagliare, ci mancherebbe, ma rispetto alle quali è doverose provare a porre rimedio. E così di fronte a un mercato dell’automotive chiaramente in difficoltà e che continua a far registrare segni meno nelle colonne di produzione, vendite e occupazione, perseverare nella strada del full electric senza se e senza ma è ancora più diabolico. C’è chi, in pratica tutte le case europee rappresentate dall’Acea eccezion fatta per Stellantis, chiede un revisione anticipata (dal 2025 al 2026) delle direttive green anti-emissioni imposte da Bruxelles, e chi invece, Stellantis appunto, continua a percorrere il dirupo senza sfiorare il freno. E poi c’è chi si è reso conto in anticipo che qualcosa nell’elettrificazione esasperata di tutti i modelli e nelle imposizioni dell’Europa, ma non solo, sui paletti ecologici non quadrava. E ha imboccato una strada diversa. Parliamo della strada giapponese percorsa da Toyota che da tempo si è impegnata a investire nelle tecnologie a combustione, regalando una speranza anche a centinaia di fornitori che stanno affrontando la transizione verso i veicoli elettrici.«Nell’epoca dell’accelerazione sui veicoli elettrici», ripetono i vertici del gruppo, «c’è un nuovo ruolo che possiamo perseguire per il motore a combustione interna». In realtà la strategia di Toyota punta su un mix di soluzioni. Crede anche nell’idrogeno (l’ultima novità sono le cartucce portatili), punta forte sui veicoli ibridi per contrastare l’ascesa cinese e non disdegna l’elettrico, senza però farne una malattia, anzi. Risultati? Secondo l’International council on clean transportation, un’importante organizzazione internazionale no profit, anche in termini di emissioni i numeri le stanno dando ragione.Nonostante i giapponesi vendano appena il 3% di auto elettriche, fanno registrare emissioni di CO2 sugli stessi livelli di Hyundai e Mercedes, inferiori a Renault (11% di elettrico), Ford (5% di elettrico) e Volkswagen (13% di elettrico), e di poco superiori a Stellantis (12% di elettrico). Tradotto in soldoni vuol dire che dal prossimo anno, quando le case automobilistiche che vendono in Europa saranno costrette ad accelerare sulla riduzione delle emissioni per raggiungere gli obiettivi (93,6 grammi di CO2 per km) imposti dall’Europa ed evitare multe salate, Toyota dovrà fare meno sforzi degli altri colossi dell’automotive come Renault e Volkswagen, e con Stellantis siamo sugli stessi livelli, che invece hanno puntato tutto sull’elettrico. Paradossale. Il Green deal, comunque, non solo sta massacrando l’industria ma rischia di uccidere anche l’auto di massa. Quattroruote ha esaminato l’andamento dei prezzi dei modelli di maggior successo in Italia, a partire dal 2019 ed è emerso che a fronte del crollo delle vendite, i ricavi dei costruttori nel nostro Paese sono cresciuti dal pre pandemia, del 10%. Contestualmente al calo delle immatricolazioni, sono saliti i prezzi rendendo sempre più difficile lo svecchiamento del parco auto e mettendo in difficoltà i consumatori. Quattroruote fa notare che mentre negli ultimi cinaque anni la capacità di spesa degli italiani è diminuita dell’1,1%, i listini, al netto dell’inflazione, sono rincarati del 24%. Il listino della Dacia Duster è aumentato del 38%, quello della Panda del 17%, quello della Kia Picanto del 26%. La Panda è passata da 11.150 euro nel 2019 a 16.500 euro. La Peugeot berlina 5p è rincarata del 17% nell’arco di cinque anni, da 14.950 euro a 20.470 euro. Per la Mercedes classe C station si è passati da 39.406 euro a oltre 56.000 euro (+22%). Percentuali che dimostrano come l’andamento al rialzo del costo della vita sia disallineato a quello del potere d’acquisto dei consumatori. Non a caso il parco auto in Italia è estremamente vetusto e l’usato va ancora per la maggiore. A settembre il volume delle vendite ha interessato solo per il 21,51% vetture nuove mentre per il 78,49% quelle di seconda mano (Promotor). I produttori, concentrandosi su modelli che consentono margini di guadagno più alto, lasciano sguarnita la fascia media, quella che invece interessa la massa dei consumatori. Non a caso i cinesi puntano proprio su questa tipologia di vetture, facilmente accessibili ma super accessoriate e tecnologiche. Al Salone dell’auto di Parigi, i produttori di Pechino hanno proposto una gran quantità di questi modelli destinati al largo pubblico. La situazione è destinata ad aggravarsi il prossimo anno quando con l’entrata in vigore dei nuovi limiti per le emissioni di Co2, le Case saranno costrette a tagliare la produzione per evitare le sanzioni. Eppure le soluzioni non mancano per gestire questa congiuntura. Mentre l’Europa ha abbandonato i segmenti piccoli, il Giappone ha lanciato sul mercato le key car, apprezzate anche da Luca De Meo, presidente del gruppo Renault e di Acea, che le ha definite «l’esempio perfetto di quello che dovremo fare noi». Sono vetture di dimensioni ridotte, quasi 30 centimetri in meno di una Panda, con cilindrata massima di 660cc, disponibili a benzina, elettriche e ibride, facili da gestire e che hanno già conquistato il 40% sul totale delle immatricolazioni.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






