2023-08-04
Ecco che cosa stava cercando il finanziere che spiava Crosetto
Guido Crosetto (Imagoeconomica)
Il tenente sotto inchiesta faceva controlli anti-riciclaggio su due fratelli da lui considerati vicini a esponenti del crimine organizzato. Si è accorto che il ministro condivide con loro quote in tre diverse società. L’esponente di Fdi è ritenuto ignaro del pedigree dei soci. E passa all’attacco: dossieraggi immotivati, democrazia a rischio.I giornali hanno denunciato l’esistenza di una centrale di dossieraggio dei politici dentro alla Direzione nazionale antimafia. In realtà la vicenda del tenente P.S. (non è un maresciallo come ha scritto qualcuno) indagato per accesso abusivo a banche dati informatiche potrebbe essere un po’ più articolata e ci interroga anche su un modo di condurre le indagini non solo da parte del singolo investigatore.La questione riguarda il ruolo centrale assunto dal Servizio segnalazioni operazioni sospette presso la Dna, nel cui perimetro operativo si muoveva un apposito gruppo di lavoro composto da uomini della Gdf e della Direzione investigativa antimafia. Ne facevano parte alcuni di quelli che erano considerati i migliori investigatori su piazza.Ieri il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha specificato che le indagini, partite da una denuncia del ministro della Difesa, Guido Crosetto, «si sono ovviamente estese», ma anche ha specificato che il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo «già prima dell’avvio delle indagini aveva provveduto a riorganizzare il servizio Sos». Le prime interrogazioni ai database individuate come sospette risalgono al 28 luglio, al 10 ottobre e al 20 ottobre 2022 e ad esse sarebbero seguiti articoli del quotidiano Domani. Quel che è certo è che P.S., sino a novembre, quando è stato trasferito, ha lavorato in base ai vecchi standard che consentivano al gruppo di lavoro di accedere liberamente alle banche dati senza dover compilare o firmare moduli di richiesta di autorizzazione. Spesso non venivano nemmeno compilate informative finali dopo la lavorazione delle Sos riguardanti soggetti già attenzionati dall’Antimafia e selezionate nel mare magnum delle segnalazioni (145.000 nel solo 2022).Tutte le attività, almeno sino a pochi mesi fa, non necessitavano di nullaosta formali. Gli unici paletti erano rappresentati dal tema delle ricerche: le investigazioni dovevano rimanere nell’ambito del riciclaggio e della criminalità organizzata, la fintalità istituzionale della Dna. In passato le Sos venivano inviate unicamente alla Guardia di finanza e alla Dia, poi grazie a un protocollo firmato con la Dna, quegli alert sono entrati nella disponibilità dell’Antimafia che ha iniziato a svilupparli, trasformando di fatto la Dna in un ufficio investigativo e non solo di coordinamento e impulso del lavoro delle Procure distrettuali.Ai colleghi che gli sono rimasti vicini in questa fase difficile della sua vita, P.S. ha spiegato: «Io seguivo l’andamento criminale e sociale del Paese. Per esempio ho fatto degli appunti riservati su come la criminalità organizzata si stava infiltrando nelle varie attività durante il periodo della pandemia. È chiaro che ho dovuto fare mille interrogazioni per capire i loro business con i dispositivi anticovid e i canali di riciclaggio». Per questo aveva la massima libertà. Ma a volte, invece, riceveva precisi input. Per esempio i vertici della Dna gli avrebbero chiesto un report riservato sui rapporti tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, una storia che P.S. approfondiva dai tempi in cui si era occupato della latitanza in Libano dell’ex senatore palermitano. Ma altri accessi sono stati effettuati anche su Giuseppe Conte, sulla compagna Olivia Paladino, dopo l’emersione sui giornali degli affari di famiglia di quest’ultima. Indagini sarebbero state fatte anche sui movimenti di denaro di Matteo Renzi, ma pure su Matteo Salvini e sul suo collaboratore Armando Siri, quando quest’ultimo venne coinvolto in un’inchiesta per autoriciclaggio e per finanziamento illecito della Procura di Roma.Nella storia di P.S. ci sono anche vicende curiose, come una risalente al 2021. Nell’occasione uno dei pm che coordinavano il suo lavoro gli aveva chiesto di indagare su una speculazione edilizia che stava per partire davanti alla casa al mare della toga. Ma quella che sembrava una richiesta interessata, mandò a monte un affare milionario portato avanti da soggetti collegati alla ‘ndrangheta e a personaggi del cosiddetto Mondo di mezzo. Adesso le indagini della Procura di Perugia dovranno accertare se questi e molti altri accessi siano serviti anche, per esempio, per fornire notizie ai giornali. Infatti l’inchiesta umbra parte da una denuncia di Crosetto presentata nella Capitale dopo l’uscita di un articolo del Domani del 27 ottobre che riguardava gli emolumenti che il ministro aveva percepito dalla società Leonardo. Nell’avviso di garanzia recapitato a fine febbraio a P.S. sono indicate le interrogazioni che sarebbe servite a raccogliere notizie sulla principale società del politico e sui suoi dati fiscali presso l’anagrafe tributaria e che, in parte, sarebbero state pubblicate sul giornale di Carlo De Benedetti sette giorni dopo l’ultimo accesso. A quanto ci risulta il finanziere avrebbe un rapporto di antica amicizia con il giornalista Giovanni Tizian, uno degli autori dello scoop dell’ottobre 2022, e i due si sarebbero incontrati anche nei giorni sotto osservazione. Ma secondo la difesa di P.S. quelle richieste alle banche dati non erano abusive in quanto facevano parte di un lavoro che l’investigatore stava portando avanti e che lambivano il ministro. In sostanza più che davanti a un accesso abusivo ci troveremmo di fronte a una sorta di rivelazione di segreto. Siamo certi che qualche grillino prima maniera proverà a trasformare P.S. in un Edward Snowden all’italiana, che si eccita di fronte a un potente che ha rapporti finanziari con soggetti chiacchierati.Le sue ricerche compulsive avrebbero fatto esclamare alla pm Antonia Giammaria, mentre interrogava l’indagato: «Ma lei alla mattina si sveglia e fa accertamenti sul presidente della Repubblica?». Dopo la denuncia di Crosetto, il 2 novembre, i carabinieri del reparto operativo di Roma del Comando per la tutela del lavoro hanno presentato un’annotazione e il finanziere è stato trasferito d’autorità da un giorno all’altro all’Aquila. Il 27 febbraio l’indagato ha ricevuto l’informazione di garanzia e l’1 marzo è stato sentito in Procura dalla Giammaria. Dopo aver ascoltato la versione del militare la pm ha rilevato la sussistenza del «fumus» del reato ipotizzato e ha ordinato la perquisizione della casa e dell’ufficio di P.S. presso il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, ai cui specialisti sono state delegate le indagini. All’uomo, che non si era sbarazzato (mostrando buona fede o ingenuità) dei dispositivi elettronici, sono stati sequestrati telefonino e computer. Nel frattempo il cinquantottenne ufficiale napoletano delle Fiamme gialle aveva inviato, come detto, il suo appunto sia alla Procura di Roma che alla Procura nazionale antimafia. «Il nostro lavoro non è trovare persone condannate, ma quelle “pulite” che riciclano soldi» è il mantra di P.S.. Nel documento il finanziere ricostruisce i passaggi della sua ricerca «illecita». Il punto di partenza sarebbe stata un’indagine sulle «attuali mire espansionistiche nella città di Roma» di alcune famiglie di ‘ndrangheta «nell’ambito della criminalità economico-finanziaria, con particolare riferimento al riciclaggio dei proventi illeciti nel settore immobiliare, edilizio e della ristorazione, attività che hanno sempre caratterizzato il tessuto economico della Capitale» .L’oggetto dell’annotazione è così specificato: «Presunta attività di riciclaggio di capitali illeciti nel tessuto economico imprenditoriale di Roma. Accertamenti preliminari nei confronti di Mangione Giovanni e Mangione Gaetano». A molti questi nomi non diranno nulla, ma con i suoi vecchi collaboratori l’indagato ha spiegato: «Io mi sono scaldato quando durante le mie indagini ho trovato i fratelli Mangione che sono due signori camminano in giacca e cravatta e acquisiscono bed and breakfast in tutta Roma in vista del Giubileo che ci sarà».I Mangione, occorre dirlo subito, risultano soci di Crosetto in tre società che offrono servizi di bed and breakfast: la Apollinare Srl, la Torsanguigna Srl e la Zanardelli Srl. In queste tre ditte hanno quote anche due ex calciatori della Lazio, Giuseppe Favalli e Giuliano Giannichedda. Crosetto detiene il 28 per cento di tutte e tre. P.S. nel suo appunto concede che il ministro possa essere «ignaro» delle presunte relazioni pericolose dei fratelli Mangione. Secondo l’indagato questi ultimi, come «accertato illo tempore», sarebbero stati «indagati per avere posto a disposizione di sodalizi criminali, la loro opera nel riciclare denaro illecito, attività che potrebbe essere stata reiterata nel tempo, atteso la vicinanza a personaggi funzionali alle dinamiche imprenditoriali di organizzazioni camorriste, ‘ndranghetiste e autoctone operanti nella Capitale» e sarebbero «risultati intranei e/o comunque saldamente vicini e funzionali a esponenti di primo piano di diversi sodalizi operanti nella Capitale, dediti soprattutto a una sistematica opera di riciclaggio».L’excursus prende il via dall’indagine su un narcotrafficante arrestato nel 2018, Fausto Pellegrinetti, che avrebbe avuto rapporti finanziari con la famiglia Mangione. Gaetano e Giovanni sarebbero emersi nelle attività investigative «perché implicati nell’importazione e gestione di macchinette da gioco attraverso società costituite in Brasile e nell’isola del Jersey, settore economico ove Pellegrinetti aveva deciso di investire i capitali illeciti». La nota prosegue: «Ulteriori e preliminari approfondimenti sui fratelli Mangione, hanno fanno emergere un particolare attivismo in attività imprenditoriali nel settore ricettivo e della ristorazione, partendo dalla gestione di un ristorante a Roma nella nota zona di Ponte Milvio (denominato Met), già oggetto di cronache giudiziarie, e nel cui ambito, è stata appreso, operavano anche uomini riconducibili a Massimo Carminati». Gaetano Mangione sarebbe anche il «gestore del Dom hotel» di via Giulia, 5 stelle collocato di fronte all’ingresso della Dna. L’investigatore in disgrazia collega due presunti soci dei Mangione a un imprenditore reggino ritenuto vicino alla cosca dei Piromalli e attenzionato dalla Dna a partire dal 2016. Uno di loro sarebbe indicato in un decreto di misure di prevenzione «quale soggetto di fiducia» dell’imprenditore sopra citato e avrebbe persino ricevuto somme di denaro, «quale testa di legno», dal boss Vincenzo Ruggiero, «ritenuto esponente di famiglie di ‘ndrangheta operanti a Roma». Infine l’appunto segnala la presunta vicinanza e gli affari dei Mangione con un’altra famiglia sottoposta a misure di prevenzione e accusata in passato di concorso esterno a un sodalizio camorristico. Il documento è adesso al vaglio dell’autorità giudiziaria, che dovrà decidere se offra spunti investigativi o se, invece, il suo estensore, un investigatore navigato, non si sia macchiato del reato di calunnia. Intanto Crosetto ieri ha esultato dopo la discovery dell’indagine sul tenente che lo spiava: «È grave che pezzi dello Stato abbiano lavorato per indebolire le istituzioni».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.