2025-07-30
Corre tutto su un piano inclinato. L’eutanasia è sempre più vicina
La Corte costituzionale ha indicato la via per il «suicidio» anche ai pazienti paralizzati.La lettura integrale della sentenza n. 132 del 2025 della Corte costituzionale, relativa alla legittimità costituzionale dell’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente), lascia amareggiati ma non sorpresi. Non tanto per ciò che dice apertamente, quanto per il percorso giurisprudenziale che essa conferma: un progressivo slittamento verso l’estensione della non punibilità in casi che toccano la fine della vita, a discapito della tutela piena e incondizionata del diritto alla vita stessa. La vicenda nasce da un ricorso ex art. 700 c.p.c., cioè un provvedimento d’urgenza in sede civile, e non da un procedimento penale ordinario. La paziente coinvolta, gravemente malata, aveva chiesto che il proprio medico di fiducia fosse autorizzato a somministrarle, per via endovenosa, un farmaco letale, in quanto non più in grado di farlo da sola. La Asl (Azienda sanitaria locale) si era opposta, sostenendo che «l’impossibilità di accedere al suicidio assistito andrebbe ascritta alla scelta personale della paziente di non avvalersi della somministrazione orale del farmaco, modalità ancora praticabile». A prima vista sembrerebbe solo una disputa tecnica. Ma il punto cruciale è un altro: la richiesta della paziente non era semplicemente quella di morire, ma di farlo secondo una modalità ben precisa, con l’intervento diretto di un medico di sua fiducia. E qui emerge il nodo giuridico e morale: la Corte non ha respinto la domanda perché contraria ai principi costituzionali, ma solo perché il Tribunale civile di Firenze «non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti e per tale ragione le questioni sono inammissibili». Riassumendo, secondo i giudici, il problema non era giuridico ma che il tribunale non aveva sufficientemente verificato la possibilità di reperire sul territorio nazionale apparecchiature che permettano l’autosomministrazione (tramite voce o movimenti oculari) anche da parte di pazienti totalmente paralizzati. La Corte, dunque, non ha escluso la possibilità di estendere la non punibilità anche ai casi previsti dall’art. 579 c.p., pur se originariamente diverso da quello già rimaneggiato con la nota sentenza 242/2019, relativa all’aiuto al suicidio ex art. 580 c.p. Questo passaggio è tutt’altro che neutro. Siamo di fronte, infatti, a una traslazione silenziosa e continua di principi da un ambito giuridico all’altro, fino ad annullare nella pratica il confine tra eutanasia, aiuto al suicidio e/o omicidio del consenziente. Il punto non è - come spesso si dice - il diritto all’autodeterminazione, bensì la legittimazione giuridica della soppressione della vita umana, anche quando questa passa per mani mediche. Ci si nasconde dietro un lessico asettico: «suicidio medicalmente assistito», «trattamento di fine vita», «diritto all’autodeterminazione». Ma in realtà siamo di fronte a un’eutanasia mascherata, compiuta da chi - il medico - ha giurato di curare e mai sopprimere. Come già denunciato da numerose realtà del mondo bioetico e familiare, tra cui il Family Day, la legge 219 del 2017 ha aperto la via italiana al suicidio assistito, e ora la giurisprudenza lo sta trasformando in un vero e proprio diritto soggettivo, svuotando di senso il principio dell’indisponibilità della vita umana. Una vita che, secondo la nostra Costituzione, è bene inviolabile e indisponibile. Siamo davanti a una deriva che richiama, tragicamente, modelli di pensiero e pratiche già visti nel secolo scorso, quando - in nome dell’efficienza, della sofferenza o della pietà - si teorizzava la «morte dei deboli» come atto di compassione. La storia ci ha insegnato dove conduce questa logica. E oggi, con maggiore discrezione ma con altrettanta determinazione, si cerca di presentare l’eliminazione del fragile come un atto di libertà individuale. Occorre allora ribadire con forza: la dignità della persona non si misura dall’autonomia funzionale, né dalla possibilità di autodeterminarsi. La vita, in ogni condizione, merita di essere custodita, accompagnata, curata. Mai soppressa. Perché là dove l’uomo decide chi è degno di vivere e chi no, non vince il diritto, ma l’arbitrio travestito da compassione.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.