2018-07-09
Caro Berlusconi ti do un'idea: il precariato sconfiggilo tu
Il leader azzurro ha ragione a criticare il «decreto dignità». Ma anziché fare l'amante tradito, torni protagonista in Aula con una proposta semplice: una sola formula per tutti a tempo indeterminato, ma con la possibilità di licenziare, discriminazioni a parte.Ha ragione Silvio Berlusconi, che ieri lo ha scritto in una lettera al direttore del Corriere della Sera: il decreto dignità varato dal governo fa un po' schifo. Se Luigi Di Maio, il papà delle nuove norme, varandole intendeva far aumentare il lavoro, la legge da lui sollecitata, al contrario, rischia di farlo diminuire, perché invece di risolvere il problema della flessibilità evitando che si trasformi in precarietà, la misura governativa limita la libertà delle imprese che da domani, con il sistema appena introdotto, si sentiranno le mani legate e anziché assumere a tempo indeterminato saranno tentate di lasciare a casa anche chi ha un posto a tempo determinato. Tuttavia, nel guazzabuglio di regole scritte e cancellate che negli ultimi 15 anni ha cercato di regolamentare il lavoro, eliminando norme che risalgono all'autunno caldo, ci permettiamo di fare un'osservazione: il problema non è consentire o meno il lavoro somministrato o inquadrare i contratti a termine, scegliendo di chiamarli interinali oppure in altro modo. Il problema è affrontare una volta per tutte la questione dell'articolo 18, ovvero farla finita con una norma che rende indissolubile più del matrimonio il contratto di lavoro.Non so se ricordate, ma la proliferazione di codicilli che regolano i contratti risale a una ventina di anni fa, quando la sinistra per prima si rese conto di quanto fosse anacronistico stabilire che un'assunzione fosse per sempre, come un diamante. A tentare di mettere mano alla faccenda per primo fu Tiziano Treu, uomo assai vicino alla Cisl, il quale cominciò a inventarsi formule contrattuali che fossero svincolate dalla rigide regole dello Statuto dei lavoratori. Poi venne Marco Biagi e la stagione dello scontro in piazza in difesa dell'articolo 18. Il professore pagò con la vita il suo impegno per la modernizzazione del mercato del lavoro e il governo Berlusconi varò una legge che porta il suo nome. Probabilmente, fosse in vita, sarebbe lo stesso Biagi oggi a sentire il bisogno di rinfrescare le sue norme. Perché un fatto è certo ed è che oggi, se vogliamo davvero rendere dinamico il mercato di chi cerca un lavoro e di chi lo offre, c'è una sola riforma da realizzare ed è la trasformazione di tutti i rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato, sottoponendoli, nuovi e passati, alla regola semplice della possibilità di risoluzione anticipata. Si può assumere senza problemi quando si ha bisogno, ma con altrettanta facilità si può licenziare. Era questo che avrebbe dovuto stabilire una volta per tutte il Jobs act, la grande riforma voluta da Matteo Renzi, che però ha fallito l'obbiettivo, creando lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. I primi superprotetti, i secondi super precari.Quello che manca al nostro mercato del lavoro non sono altre norme che complichino la vita degli imprenditori, ma regole semplici che governino i rapporti tra domanda e offerta, ovvero tra chi cerca un posto e chi lo offre. Ce lo vogliamo dire? Le regole inventate in questi anni, con i loro nomi anglofoni e incomprensibili (da staff leasing in giù) sono servite solo a far arricchire intermediari e avvocati, creando le condizioni affinché anche organizzazioni sindacali ormai in declino trovassero un ruolo. Più abbiamo complicato la formulazione contrattuale e più hanno sorriso coloro che di complicazioni campano, e tra questi non ci sono né i lavoratori né gli imprenditori. La soluzione è semplice, ed è creare un contratto di lavoro per tutti, vecchi e nuovi assunti che, con l'esclusione di discriminazioni razziali o politiche, possa essere sciolto in qualsiasi momento. Silvio Berlusconi dovrebbe saperlo bene e non solo perché, come ha scritto, per gran parte della sua vita ha fatto l'imprenditore, ma perché questa era la battaglia dei primi anni duemila, quella per cui Biagi perse la vita, una battaglia che il centrodestra e Berlusconi per primo ha abbandonato, ricordandosela solo ora.Un contratto per tutti a tempo indeterminato abolirebbe la figura del precario, consentendo a migliaia di giovani di ottenere un finanziamento bancario per l'acquisto di una casa. Un contratto per tutti, con regole semplici in ingresso, ma anche in uscita, è quello che esiste in diversi Paesi, dove guarda caso il contenzioso fra imprenditori e dipendenti è pressoché nullo. Vuole intestarsi questa battaglia l'imprenditore Silvio Berlusconi? E allora cominci a tornare alla rivoluzione liberale, quella da cui era partito tanti anni fa, ma che, molti anni fa, ha lasciato per strada. Torni ad allearsi con la Lega, invece di fare l'amante tradito, e cerchi di darsi da fare affinché questo Paese abbia regole moderne, nel mercato del lavoro come nella pubblica amministrazione. Il governo Di Maio-Salvini era un passaggio obbligato per evitare le elezioni. Ma come tutti i passaggi, prima o poi finisce.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Flaminia Camilletti
Charlie Kirk (Getty Images)