
I primi segni li abbiamo visti dopo la caduta dell'Urss, ultimo impero materialista. Ma adesso il grande ritorno della religione è evidente ovunque nel mondo. E i governanti devono farci i conti, perché i popoli lo richiedono.Quanto tempo abbiamo perso con la panzana che conquistò il secolo scorso, la falsa notizia gridata (scrive Friedrich Nietzsche) a squarciagola dal «mercante pazzo» al mercato della mattina: «Dio è morto, e noi l'abbiamo ucciso»? Da allora, anche oggi ci viene ripetutamente ripetuta da mille libri, giornali, corsi universitari, politici pensosi. Perfino dai teologi ansiosi di non perdersi il succulento boccone della «morte di Dio». Che in queste analisi è dato neppure per malato: proprio morto. Tanto che stimati filosofi (e anche imprenditori veloci) hanno fornito accurate proposte su come sostituirlo: viaggi, sesso, musiche New age che inducano stati alterati di coscienza, e così via. Invece no. Dio non è affatto morto. Mentre tutti, soprattutto tra i potenti desiderosi di prenderne il posto, parlavano della sua scomparsa, è tornato il Grande Assente: God is back, titolano i bestseller, un'edizione dopo l'altra. Per la verità, però, è almeno dal 1990 e dalla caduta dell'Unione sovietica, ultima superstite dei totalitarismi novecenteschi, che la ricerca di Dio ha ripreso forza e vigore, cambiando la faccia del mondo. È anche perché l'esistenza di Dio non ha mai fatto piacere ai potenti della Terra, soprattutto a quelli con sogni totalitari, timorosi di concorrenti che la fine del comunismo sovietico coincise con il ritorno dell'interesse e della pratica religiosa. il sessantotto I primi segni si erano manifestati già con il Sessantotto dell'Est (Cecoslovacchia Polonia, Jugoslavia e dintorni), il «Sessantotto sequestrato», come lo chiama Guido Crainz nel suo libro appena uscito da Donzelli. Un movimento iniziato con la «primavera di Praga» e poi stroncato dall'intervento dei carri armati sovietici. Furono proprio quel Sessantotto e i suoi sviluppi nell'Est Europa a produrre più tardi risultati storici, come appunto la fine dell'Urss, al contrario del verboso Sessantotto occidentale con i suoi fiumi di fatuità.Nella primavera di Praga era già attivo Vaclav Havel, il letterato e poeta che divenne il primo presidente della Cecoslovacchia dopo la caduta dell'Urss, ispirato nell'azione politica e nei suoi scritti dall'incontro con Gesù Cristo (come racconta in particolare nelle Lettere ad Olga, la moglie). In Polonia fu determinante il filosofo Leslek Kolakoswki, espulso dal partito appunto nel 1968, sostenitore del modernismo cristiano e della forza dei comandamenti ebraico cristiani nel cambiare la politica (nelle sue Tesi sulla speranza e la disperazione). A lui si ispirò anche Lech Walesa, il sindacalista amico di Karol Wojtyla la cui azione contribuì fortemente, vent'anni dopo, alla caduta del muro di Berlino e dell'Urss, sconfitta da idealisti con forti componenti religiose che erosero il potere pietrificato dell'ultimo gigante del materialismo.Tutto ciò non stupì gli storici, come Rémi Brague che scrisse tranquillamente: «Una società secolare (nella quale cioè le pratiche e credenze religiose hanno perso importanza, ndr) è semplicemente incapace di sopravvivere». aumento costante Dalla caduta sovietica in poi, la ricerca e la partecipazione religiosa, infatti, non hanno fatto che aumentare, in ogni fede (meno nel buddismo, che ha un'importante componente atea). Diminuiscono invece le zone del mondo «secolarizzate», dove l'esperienza religiosa (quando ancora esiste) è confinata nel privato dell'individuo. Ciò preoccupa però politici e sociologi delle religioni, come Paolo Naso (autore de L'incognita post secolare Guida edizioni). Anche perché questa nuova religiosità sfugge in parte alle Chiese tradizionali, considerate oggi meno coinvolgenti per via della loro rinuncia al Sacro e alla Parola delle scritture tradizionali (come Vangelo e Bibbia), più efficaci degli «aggiornamenti» razionalizzanti imposti nella modernità. Movimenti religiosi e nuove correnti «tradizionali» cristiane, ebraiche, musulmane, hindu, a fianco delle Chiese di sempre, ispirano oggi la vita dei popoli, organizzati per oltre il 75% in religioni cui attribuiscono un ruolo importante nella propria esistenza quotidiana, ritenendo in oltre il 60% dei casi «Dio direttamente coinvolto in ciò che accade nel mondo» (lo scrive Rodney Stark in Il trionfo della fede, Lindau) Certo, c'è chi resiste. Ad esempio i dirigenti dell'Europa a guida franco tedesca non hanno neppure voluto nominare le proprie radici religiose, ritenendole ininfluenti relitti del passato. Forse, però, sbagliano, e vedono così il loro prestigio e influenza restringersi velocemente. È dell'8 marzo scorso la notizia che anche le nazioni protestanti Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia, Irlanda, Lituania Estonia e Lettonia hanno escluso ulteriori cessioni di sovranità all'Unione europea, come avevano già fatto i Paesi cattolici danubiani del patto di Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria.Tutti questi Stati, compresi quelli del nord Europa, sono ormai «alla soglia del ritorno alle credenze religiose», come nota il sociologo delle religioni Peter Berger, che in passato fu uno dei primi teorici della «secolarizzazione» ed oggi documenta l'evidente esaurimento del fenomeno.In Italia poi una grande presenza di popolo, silenziosa e attenta, ha assistito a un evento che potrebbe aver inaugurato la post secolarizzazione anche nel nostro Paese. Matteo Salvini, nel suo comizio in Piazza Duomo a Milano, ha estratto dalla tasca il rosario giurando sui grani della corona di mantenere i vari punti del suo programma e impegnandosi a farlo di fronte alla folla davanti a sé. Qualcuno l'ha ritenuto uno stratagemma elettorale, ma tecnicamente (e simbolicamente) è una sacralizzazione. L'assunzione cioè, attraverso un oggetto di culto, di un impegno pubblico a cui viene conferito un carattere sacro, inderogabile, come accade nelle sempre più numerose società non più secolarizzate. Si coinvolge Dio nelle proprie idee e lotte politiche, come sempre quando non viene espulso dalla vita delle comunità, di cui anzi rappresenta il principio unificatore. Un esempio è il discorso di Enrico V (nella omonima opera di William Shakespeare) prima della battaglia di Agincourt, vinta poi dagli inglesi malgrado la stragrande preponderanza numerica dei francesi. Questo discorso mostra l'impegno politico a portare a termine la propria missione assunto direttamente dal capo, di fronte a Dio. il cibo salvifico Roba da far morire di paura non solo gli scivolosi dorotei di una volta, ma buona parte dei politici italiani viventi. Roba forte, raccontata perfettamente da Gilles Kepel nel suo La rivincita di Dio. Cristiani, ebrei e musulmani alla riconquista del mondo (Rizzoli, non più ripubblicato dall'editore, spaventato dalla propria audacia). È la forza naturale della realtà elementare, selvatica e civilizzata, dunque religiosa, non ideologica. Non a caso gli animali che i nostri lontani antenati mangiavano, ringraziandoli per il loro sacrificio, furono considerati i primi dèi. La divinità è un cibo più sano e nutriente del trash food, e a noi più affettuosamente vicino di quello degli chef televisivi. Anche per questo l'uomo non ha mai smesso di apprezzarlo.
Greta Thunberg (Ansa)
L’attivista svedese è l’ultima incarnazione di una figura creata nel ’68: l’anticonformista di facciata. Se i potenti della Terra la omaggiano è solo per le teorie di cui si fa ventriloqua, che mirano a distruggere il tradizionale modo di vivere dei popoli.
2025-09-08
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