
Il premier fa cambiare una parola nel comunicato del Consiglio europeo e spaccia la modifica come una vittoria epocale del Paese. Passare da «continuare a lavorare» a «concludere il lavoro» però è un bluff utile soltanto a guadagnare tempo.Da avvocato del popolo italiano a correttore di bozze del Consiglio europeo. Non è proprio una parabola luminosa quella a cui è andato incontro il nostro premier. E invece, dopo settimane di discussione infuocate, a Giuseppi è bastato convincere i suoi colleghi a cambiare appena una parola del testo del comunicato finale del vertice euro svoltosi ieri per cantare vittoria. La bozza circolata a fine mattinata, al secondo punto, recitava così: «Incarichiamo l'Eurogruppo di concludere il lavoro tecnico sul pacchetto di riforme del Mes - fatte salve le procedure nazionali - e di proseguire i lavori su tutti gli elementi dell'ulteriore rafforzamento dell'unione bancaria, su base consensuale». Grazie al provvidenziale intervento di Conte, penserete voi, la versione finale del documento resa pubblica sarà stata stravolta in senso favorevole per l'Italia. Peccato che quella brandita del nostro presidente del Consiglio come una vittoria epocale sia in realtà tanto minuscola da rimanere circoscritta nell'ambito di sole tre parole: «continuare a lavorare», in luogo per l'appunto di «concludere il lavoro tecnico».Sottigliezze semantiche, anche perché l'invito a chiudere entro i primi sei mesi del prossimo anno le partite discusse all'Eurosummit era già contenuto nella prima versione. Tanto è bastato però per stappare lo spumante. «Ci sono tante altre questioni che vogliamo continuare a negoziare senza l'assillo di dover sottoscrivere alcunché», ha spiegato a margine del vertice Giuseppe Conte, «anche questa volta non abbiamo dovuto sottoscrivere alcunché, oggi ho ribadito la premura dell'Italia che ci sia una valutazione complessiva». La versione fornita dai media «allineati» è stata unanime e si può riassumere con un semplicistico: «Passa la linea Conte».Ma è davvero andata così? Facezie linguistiche a parte, più che il secondo punto del comunicato varrebbe la pena approfondire il primo. «Accogliamo con favore i progressi compiuti in sede di Eurogruppo in formato inclusivo sull'approfondimento dell'Unione economica e monetaria e prendiamo atto della lettera del presidente dell'Eurogruppo del 5 dicembre 2019», si legge in apertura del testo sottoscritto ieri dai leader dei Paesi dell'Eurozona. E quali sarebbero questi fantomatici passi in avanti compiuti dieci giorni fa? Andiamo a rileggere la lettera sottoscritta da Mário Centeno, presidente dell'organo che riunisce i ministri economici dell'area euro, e della quale si fa menzione nelle conclusioni approvate ieri: «Abbiamo raggiunto un accordo sulle linee guida relative all'assistenza finanziaria precauzionale, coerentemente all'intesa politica raggiunta lo scorso giugno». Qua il riferimento è al «broad agreement» (ovvero la larga intesa) sancito sei mesi fa e che di fatto ha rappresentato una delle cause della caduta del governo italiano. Nella bozza di accordo approvata dall'Eurogruppo il 4 dicembre, vengono ribaditi i criteri di accesso agli aiuti: assenza di una procedura di infrazione in corso, rapporto deficit/Pil sotto la soglia del 3%, rapporto debito/Pil inferiore al 60% e un sostanziale equilibrio di bilancio. Tutti gli altri Paesi finiscono nella «serie B», con l'obbligo di rispettare durissime condizioni per il rientro del credito concesso e il rischio di vedersi imporre la ristrutturazione del proprio debito sovrano. Insomma, un vero e proprio suicidio per l'Italia. La domanda sorge spontanea: dieci giorni fa il nostro governo ha dato il suo ok alle stesse condizioni capestro concordate sei mesi fa? «Abbiamo anche accolto con favore», continua poi la lettera vergata da Centeno, «la conclusione del documento di lavoro che stabilisce una comune metodologia sulla sostenibilità del debito e la sua capacità di rimborso». Infine, la ciliegina sulla torta, con l'accordo per l'introduzione delle Clausole di azione collettiva a maggioranza singola - che rendono di fatto più semplice la ristrutturazione del debito sovrano - fissato al primo gennaio 2020. Il presidente dell'Eurogruppo invita a fare in fretta e a concludere tutto «nei primi mesi dell'anno prossimo». E ciò, si badi bene, non contraddice quanto concordato ieri nel vertice euro, che ha stabilito il termine massimo «entro giugno 2020», e non in quel mese.Dunque, se i contenuti della riforma rimangono inalterati e non c'è nessun rinvio, cosa cambia nella sostanza? «Ecco l'unica cosa che fa Conte, approva tutto ma chiede di cambiare una parola nel comunicato stampa per prenderci meglio in giro. Anche a giugno fece la stessa cosa», ha commentato su Twitter il leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio alla Camera. Alla fine dell'Eurogruppo del 20 e 21 giugno, Conte si batté con tutte le forze per l'inserimento della locuzione «logica di pacchetto» nel testo delle conclusioni. Sappiamo tutti com'è andata a finire: anziché il pacchetto ci siamo portati a casa un bel pacco.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






