
Il premier nega l'appoggio a un progetto «mini», ma lavora al contenimento dei costi. Il ministro incassa l'appoggio francese e tira dritto: «Si farà, lo dice una legge». E la Lega commissiona al Mef un contro dossier sui costi del No. Danilo Toninelli fa il grillino: «Contrario».Il nodo Tav va sciolto il prima possibile. Sul completamento della Torino-Lione si gioca un'altra partita a scacchi all'interno della maggioranza gialloblù, e come sempre avviene quando le posizioni dei due contraenti del contratto di governo sono distanti, sarà il premier Giuseppe Conte a trovare il punto di equilibrio e a dettare la linea del governo. L'ipotesi di accordo più probabile tra la Lega e il M5s resta quella di un'intesa sulla Tav low cost, un progetto ridotto nei costi e nell'impatto ambientale che potrebbe rappresentare il punto di equilibrio tra i favorevoli e i contrari. Il progetto, che piace molto a Matteo Salvini, prevede il drastico ridimensionamento della megastazione di Susa, (risparmio previsto circa 200 milioni di euro) e l'eliminazione o il rinvio a data da destinarsi della realizzazione della tratta nazionale, che da Bussoleno va verso Torino con una galleria che attraversa la collina morenica (risparmio previsto 1,4 miliardi di euro). Ieri, la presidenza del Consiglio ha voluto smentire alcune indiscrezioni giornalistiche che raccontavano di una propensione del premier a dare il consenso a questa ipotesi di lavoro. Smentita doverosa, per non turbare il M5s, ma che appare tattica: «Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte», recita una nota diffusa ieri da Palazzo Chigi, «non ha aperto a nessuna ipotesi di mini Tav né ha mai richiesto un ulteriore contributo all'analisi costi-benefici dell'opera, contributo che è stato invece sollecitato dal ministero delle Infrastrutture. Le ricostruzioni apparse questa mattina (ieri, ndr) su alcuni quotidiani sono destituite di fondamento. Il presidente Conte», prosegue la nota, «non ha mai anticipato nessun giudizio, mentre ha sempre ribadito e ancora ribadisce che verrà presa, nella massima trasparenza, la migliore decisione possibile nell'interesse esclusivo del Paese e dei cittadini, all'esito dello studio attento del dossier e del confronto politico che ne conseguirà».A riscaldare il clima politico sulla Tav è arrivata la notizia di un supplemento alla relazione costi-benefici, commissionata dal Ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, agli esperti che hanno stilato l'analisi originaria, quella che boccia l'opera. Gli esperti guidati dal professor Marco Ponti hanno rifatto i conti, calcolando solo le ricadute negative della parte italiana della Tav. Per il nostro Paese, il saldo negativo se la Tav fosse completata passerebbe da 7 a 3,5 miliardi di euro. «L'ulteriore supplemento della analisi costi benefici», ha commentato il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, guidato da Danilo Toninelli, «sul Tav Torino-Lione, che riguarda solo la parte italiana del tunnel di base e la tratta nazionale, è stato prodotto dal gruppo di lavoro del professor Ponti su uno specifico input giunto non dalla presidenza del Consiglio. Il risultato è comunque molto negativo: 2,5 miliardi nello scenario realistico».Secondo quanto apprende La Verità, inoltre, la Lega avrebbe chiesto al ministero dell'Economia di calcolare al centesimo l'effettivo costo per l'Italia di una rinuncia all'opera. Tra penali da pagare, intervento sostitutivo e altri costi, solo per quel che riguarda il fronte italiano, in caso di stop alla realizzazione della Torino-Lione si arriverebbe a dover pagare una cifra assai importante: il risultato di questi conteggi verrà presto messo nero su bianco.Di Tav si è discusso ieri anche a Versailles, dove si è svolto il forum economico franco-italiano. La Confindustria e il Medef, associazione degli industriali francesi, in una dichiarazione congiunta firmata al termine del forum hanno messo nero su bianco la loro convinzione che «la ferrovia ad Alta velocità Torino-Lione deve essere completata in quanto rappresenta il principale anello mancante nel Corridoio mediterraneo».Sulla stella lunghezza d'onda i ministri dell'Economia di Roma e Parigi: «Siamo a favore», ha detto il ministro francese, Bruno Le Maire, «del progetto Tav: aspettiamo che il governo italiano prenda una posizione»; «Credo», ha risposto il ministro italiano Giovanni Tria, «che il governo stia andando verso quella direzione. Ci sarà una evoluzione positiva perché sono i fatti che ci portano in questa direzione. C'è una legge», ha sottolineato Tria, «e per cambiare ci sarebbe bisogno di un'altra legge, ma non credo che sarà così».Sulla linea dello stop alla Tav resta Toninelli, che ieri ha ribadito il suo «profondo no come M5s all'opera, senza alcun pregiudizio». Il Pd ha annunciato una mozione di sfiducia alla Camera e al Senato nei confronti del ministro: «Alla prossima riunione di capigruppo», ha detto il leader dei senatori del Pd, Andrea Marcucci, «presumibilmente martedì prossimo, chiederò una rapida calendarizzazione della mozione di sfiducia contro il ministro Toninelli ed intanto propongo a tutte le forze di opposizione di unirsi alla nostra richiesta. Non possiamo più permetterci di perdere tempo con le sue analisi costi/benefici sulla Tav che sono palesemente taroccate. Toninelli deve andare a casa».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





