2020-10-07
I ducetti scivolano sulle mascherine
Faccio una premessa: non è che se qualcuno critica l'idea di obbligare gli italiani a mettersi la mascherina anche all'aperto è per forza un negazionista. Magari, semplicemente, è una persona di buonsenso, che sa quando si deve mettere il dispositivo di protezione e quando no.In Svizzera, sì, la civilissima e ordinata confederazione elvetica, hanno combattuto il virus come noi e forse meglio di noi (per lo meno guardando il numero dei morti) e tuttavia a nessuno è venuto in testa di obbligare le persone a girare per boschi e borghi con una benda su bocca e naso. Gli svizzeri sono forse più tonti di noi? Oppure sono più indisciplinati e non rispettano le distanze? Non direi. Dunque, c'è uno scienziato del governo che sia in grado di spiegarmi perché passeggiare per strada, senza una folla intorno, richieda l'obbligo della mascherina e chi non si adegua alla disposizione rischia una multa da migliaia di euro? Il povero Roberto Speranza, il ministro della Salute che dall'aspetto sembra uno studente di medicina al primo anno, ieri ha provato a spiegare le ragioni per cui nel Dpcm è stato ipotizzato il divieto di libera circolazione senza bavaglio. Tuttavia, agli scienziati di Palazzo Chigi replicano quelli veri, ossia coloro che di virus se ne intendono, e tutti paiono dello stesso parere, ovvero che sia da considerarsi inutile la costrizione della mascherina in luoghi all'aria aperta dove non ci sia assembramento. Ieri avevamo riferito il giudizio critico di Andrea Crisanti e di Massimo Galli, i due medici in prima linea in Veneto e Lombardia, entrambi scettici sull'obbligo voluto dal governo. Oggi diamo conto di altre prese di posizione negative. Si va da Maria Rita Gismondo a Matteo Bassetti, per finire a Giorgio Palù, tutti unanimi nel ritenere inutile se non dannoso il provvedimento. E allora, vi chiederete, perché Conte e compagni hanno deciso di adottare una misura del genere?C'è chi pensa che il bavaglio sia il preludio di un nuovo lockdown, che vogliano cioè rinchiuderci in casa. Spaventare è anche un modo di governare e non c'è dubbio che, grazie alla paura, il presidente del Consiglio sia riuscito a far digerire agli italiani molte cose. Il premier però nega di volerci rimettere agli arresti domiciliari. Un'altra tesi è che, dopo aver ridotto le multe alle Ong che ci riempiono di migranti, ora il governo voglia rifarsi multando gli italiani che non indossano le mascherine. Non so quanto ci sia di vero in questa ipotesi, ma so che i Comuni sono a corto di denaro e pure lo Stato non se la passa molto bene, visto che i soldi dell'Europa non arrivano. Dunque, un po' di incassi sulla pelle di chi rifiuta la mascherina non dispiacciono di certo a chi governa. In pratica, si tratterebbe di una tassa occulta, che come ogni tassa nascosta rischia di dare un buon gettito.Tuttavia, al di là di che cosa frutti, c'è da chiedersi se l'obbligo sia proprio la soluzione al problema del mancato distanziamento. Probabilmente no, non lo è. Dire che tutti devono indossare i sistemi di protezione, prevedendo una multa da salasso, che senso ha se non si è in grado di far rispettare l'obbligo? Forse l'unico senso lo si trova pensando all'ammuina napoletana, un modo insomma per dare l'impressione che si sta facendo qualche cosa.Del resto, se il problema sono gli assembramenti, non serve obbligare tutti ad avere la mascherina: basterebbe evitare gli assembramenti. Se si consente la movida, cioè è permesso accalcarsi in un locale o fuori, e poi non si ha il coraggio di controllare è ovvio che il virus si diffonde. Ho ascoltato l'appello ai milanesi del sindaco Giuseppe Sala. Non servono inviti generici alla prudenza: basterebbe che il primo cittadino mandasse i vigili in strada a fare i controlli, ma purtroppo Sala gli agenti della municipale preferisce tenerli in ufficio. Certo, se uno invita Milano a ripartire poi fa fatica a dire che deve fare marcia indietro. Così come gli riesce difficile dire che nei trasporti pubblici c'è qualche cosa che non va se ha consigliato ai cittadini di andare in monopattino. Ieri un consigliere comunale d'opposizione ha postato sui social le immagini di un vagone della metropolitana milanese dove i viaggiatori parevano schiacciati come sardine. Altro che prendersela con chi passeggia per strada con la mascherina: provate a dare uno sguardo a ciò che succede sui mezzi pubblici. L'altra sera in tv, Roberto D'Agostino invitava i politici a farsi un giro sugli autobus di Roma per rendersi conto della realtà. Ma i grillini, quelli che strillavano contro la Casta e volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, come si è potuto notare al conclave della settimana scorsa, al tram ormai preferiscono l'auto blu. I mezzi pubblici e le mascherine li lasciano al popolo.Ps. La maggioranza è talmente preoccupata per il Covid, che ieri in Parlamento se l'è data a gambe, facendo mancare il numero legale. Non c'è che dire: siamo in buone mani.
Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
Continua a leggereRiduci
Viktor Orbán e Giorgia Meloni a Roma (Ansa)
Giorgia Meloni (Getty Images)