2019-05-10
Congelate le dimissioni della Marini. Manovra renziana contro Zingaretti
Il nuovo segretario aveva chiesto alla governatrice Pd dell'Umbria Catiuscia Marini, coinvolta nell'inchiesta sui concorsi truccati nella sanità, di lasciare. Ma il Consiglio ha rimandato il voto al 18 maggio. Decisivo il ruolo di Anna Ascani.Scusate il disturbo, capiamo che trattandosi dell'Umbria e per di più di faccende che riguardano il Pd la notizia non c'è. Fossimo a Milano con un presidente di Regione, Attilio Fontana, di centrodestra, indagato per abuso d'ufficio, ma anche parte lesa in una storia di mazzette e sanità bisognerebbe porre la massima attenzione. Sul Pd no: in questo caso si mette il silenziatore.In Basilicata al Pd gli hanno indagato Marcello Pittella , in Calabria Mario Oliverio non sta tanto tranquillo sempre per appalti e sanità e in Umbria Catiuscia Marini è indagata. L'accusa è di aver truccato i concorsi, ovviamente nella sanità. Le hanno arrestato il segretario regionale del partito Gianpiero Bocci (già sottosegretario agli Interni con Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni) e l'assessore alla sanità (ora è libero) Luca Barberini, ma insomma si può evitare di dare pubblicità alla cosa. Oddio, nelle intercettazioni c'è Emilio Duca, direttore generale dell'azienda ospedaliera di Perugia, che ne dice di ogni: dal fatto che dal Pd alla massoneria passando per la Curia tutti gli chiedono posti all'icastica battuta: «Per eliminare le file per le visite basta staccare i condizionatori», ma insomma che interesse può avere questa inchiesta per i giornaloni?Ora però c'è un altro motivo per non parlare del caso Umbria, perché è una bomba piazzata sotto la sedia, per la verità già un po' traballante, di Nicola Zingaretti, neosegretario del Pd. A due settimane dal voto europeo e amministrativo l'ordine di scuderia per i giornaloni è tacere e sopire. E invece la notizia c'è ed è ghiottissima: come sono ghiotte le faide interne. La Verità l'aveva anticipata alla vigilia di Pasqua: i renziani vogliono sfruttare il caso Umbria per far saltare il banco del Pd a Roma. E ci stanno riuscendo. Catiuscia Marini appena le è arrivato l'avviso di garanzia ha provato a resistere, poi ha annunciato «spintaneamente» dimissioni irrevocabili che nel giro di tre settimane sono già diventate revocabilissime. Zingaretti ha nominato commissario del partito Walter Verini, nemico giurato dell'ex sottosegretario agli arresti facendo infuriare la renzianissima e umbrissima Anna Ascani, vicepresidente nazionale del Pd, candidata alle ultime primarie in ticket con Roberto Giachetti e legata a doppio filo a Bocci, che ha iniziato a manovrare da subito. Non contento il fratello di Montalbano ha preteso le dimissioni della Marini. Lei ha inscenato il martirio in quanto donna e ha dichiarato: ci sono altri presidenti del Pd inquisiti, ma solo a me chiedono di lasciare il posto. Ecco la polpetta pronta. Secondo rumors interni al partito, Anna Ascani disegna la strategia; convoca i suoi e la stessa presidente riconquistata tra le sue amicizie e detta: la Marini si presenti in Consiglio regionale con dimissioni aperte, voi le respingete, andiamo fino alla fine della legislatura e poi si vedrà, intanto noi a Roma accusiamo Zingaretti di giustizialismo e di maschilismo. Così martedì Catiuscia Marini si è presentata in Consiglio e ha detto mi dimetto per ragioni personali, ma la questione è politica, non ho nulla da rimproverarmi e rimetto nelle mani di quest'aula la possibilità di aprire una riflessione. Era il segnale che i capigruppo della maggioranza aspettavano. Il dibattito sulle dimissioni viene fatto slittare di due settimane con undici voti contro otto (la minoranza è compatta a chiedere le dimissioni e le elezioni anticipate regionali che potrebbero tenersi in ottobre, grida al golpe e annuncia ricorsi al prefetto e in tribunale), ed è certo che alla ripresa dei lavori ci sarà una mozione di maggioranza già depositata e firmata dai capigruppo per chiedere il ritiro delle dimissioni della Marini. Il 18 maggio, insomma, la presidente indagata potrebbe incassare una nuova fiducia e restare al suo posto «perché me lo chiede il consiglio!». Non il Pd nazionale che la Marini nel suo discorso di martedì ha sfiduciato attaccando a testa bassa, senza nominarli, Zingarettie Verini. Ha detto: «Mi auguro che il Pd sappia farsi forza del riformismo e del garantismo. Se non ha questa forza viene meno il suo profilo di forza riformista, con cultura di governo, rispettosa dell'autonomia e indipendenza dei poteri». A stretto giro Verini le ha risposto: «Il Pd in Umbria deve essere l'alternativa a sé stesso, dobbiamo chiedere scusa e provare vergogna per quanto accaduto, ma dobbiamo avere la forza di ripartire dalla nostra capacità di governo. Le dimissioni della Marini e lo scioglimento del Consiglio regionale sono indiscutibili». Così il Pd in Umbria si avvia sulla via di Tafazzi. Tra 15 giorni si vota in 63 Comuni, oltre il 60% degli umbri va alle urne. Se perde anche Foligno (il feudo del già arrestato assessore alla sanità Luca Barberini oltreché della fu zarina rossa Maria Rita Lorenzetti, anche lei presidente della Regione e anche lei scivolata su di una sanitopoli) dopo aver perso Terni, la Stalingrado del Centro Italia, Perugia e una trentina di paesi è la fine. E a dire il vero non sono molti a scommettere su un esito diverso.Per questo è bene che la Marini resti al suo posto. Lei ha già annusato che può costruire sul suo «martirio» una nuova carriera, i renziani non aspettano altro che poter imputare alla nuova dirigenza una sconfitta e i consiglieri regionali se riescono ad allungarsi la vita sono felici. La dimostrazione? Nella seduta di martedì congelate le dimissioni in poco più di un'ora sono state votate 460 delibere: quasi tutti contributi ad associazioni ed eventi. Un po' di milioncini sotto elezioni non si negano a nessuno: sono i saldi di fine Regione!
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».