2024-04-04
Confindustria, Orsini presidente: Europa, Ia e filiere le urgenze
Emanuele Orsini (Imagoeconomica)
Edoardo Garrone si ritira, al posto di Bonomi si insedierà l’ex leader Federlegno. Che vuole un’intelligence economica salva-aziende.Quando presentò la sua candidatura, c’è chi lo aveva visto come un outsider, un piccolo-medio imprenditore che si era messo in testa di sfidare i grandi industriali italiani per conquistare la presidenza di Confindustria. Ma alla fine Emanuele Orsini, emiliano, nato a Sassuolo nel 1973, ex presidente di Federlegno, amministratore delegato di Sistem costruzioni e di Tino Prosciutti nonché presidente di Maranello residence, ce l’ha fatta. Dopo l’annuncio del ritiro del patron di Erg, Edoardo Garrone, sarà lui nei prossimi quattro anni a occupare la poltrona più importante di viale dell’Astronomia a Roma.Prende il posto di Carlo Bonomi, un presidente che lascia un lungo strascico di polemiche (e di ferite non rimarginate) dietro di sé nell’associazione degli industriali italiani: da ultimo il licenziamento dell’ex direttore generale Francesca Mariotti, molto apprezzata in Confindustria. Buoni rapporti con il sistema bancario (il ceo di Intesa, Carlo Messina, fu il primo ad appoggiarlo) e politico italiano (ieri anche il ministro Matteo Salvini si è congratulato con lui), Orsini (che nella squadra di Bonomi ricopriva il ruolo di vicepresidente con delega a Finanza e Fisco) avrà l’incarico di ricucire le divisioni interne di questi mesi, che si erano create soprattutto tra le varie federazioni. È stato lo stesso Garrone a sottolinearlo nella lettera che ieri ha inviato per annunciare il ritiro della sua candidatura. «È, infatti, evidente che in Confindustria si sono determinate forti fratture e forti tensioni», si legge nella missiva. Per questo, scrive il patron di Erg, «non serve all’associazione che un candidato possa vincere per qualche voto, magari frutto di “impegni o scambi” eccessivi e per me intollerabili e inaccettabili. Solo sostenendo un unico candidato e mettendolo nella condizione ideale per forza e autonomia, si può garantire la miglior governabilità».Da qui la decisione di Garrone «di fare un passo indietro e di consentire a Orsini di trovare quelle condizioni ideali per guidare Confindustria senza condizionamenti e di poterlo fare con grande senso di responsabilità, in nome di un fine collettivo che è molto più importante di noi singoli». Alla fine, l’unico vero sconfitto è Antonio Gozzi, numero uno di Federacciai e di Duferco, capace negli ultimi due mesi di tenere in scacco l’associazione (tra roboanti annunci sul suo consenso e fallimentari ricorsi ai probiviri) con la sua candidatura che, alla fine, si è rivelata poco utile: oggi Orsini sarà eletto senza i suoi voti. Il nuovo presidente di Confindustria avrà, così, anche maggiore libertà di costruire la sua squadra e di attuare il programma con cui si è presentato.Appoggiato soprattutto dai piccoli e medi imprenditori italiani, spina dorsale del tessuto economico, tra i punti principali che Orsini ha sollevato c’è l’esigenza «di una leadership autorevole, espressione di uno spirito unitario», dove «sollevare il tema grandi contro piccoli può indurre in errore: non c’è impresa grande che non sia stata un’impresa piccola». La parola d’ordine, secondo Orsini, «deve quindi essere la filiera, con nuovi servizi mirati e offerti da Confindustria di cui tutti i componenti possano beneficiare, per coadiuvare al meglio la crescita delle piccole e medie imprese». Tra le prime emergenze da affrontare, secondo Orsini, c’è quella dell’Europa. Nel programma, il neo presidente aveva posto l’attenzione sulle «centinaia e centinaia di pagine di nuova regolamentazione che si sono abbattute sulla manifattura», dal Net Zero industry act «al regolamento Ue sull’Intelligenza artificiale» fino alla «siderurgia, plastica, carta, packaging, ceramica e in primis, naturalmente, l’intero settore energetico».Per Orsini, infatti, «non c’è settore né filiera che da oggi al 2030 e poi al 2050 non dovrà affrontare la necessità di enormi investimenti […] a vantaggio di concorrenti che godono di maggiori benefici nei loro Paesi. A cominciare da Stati Uniti e Cina oltre che da Germania e Francia in Europa». Anche per questo motivo, serve una svolta, perché «la politica industriale di primo livello si discute e si decide in Europa». Quindi «Confindustria deve essere non a Roma e a Bruxelles. Ma prima a Bruxelles e poi a Roma». Secondo il nuovo presidente, è molto importante affiancarsi alla richiesta già recentemente avanzata dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, affinché la Ue si doti «di un vero strumento concepito come safe asset finanziario». Ma va anche, presidiata «con attenzione il fronte dell’Intelligenza artificiale». Anche perché «l’intera manifattura europea non ce la farà a reggere la competitività di quella statunitense e cinese, che hanno dietro trilioni di dollari in incentivi per attirare capitali e investimenti». Nel programma si parla anche di cybersicurezza, con il potenziamento «del Centro studi», reclutando «nuove risorse specializzate nella big data analysis, volte alla possibilità di realizzare un vero e proprio centro di statistica e intelligence competitiva del nostro sistema, di fronte alle nuove autorità di cybersecurity». Intelligence economica che dovrà servire a difendere le aziende italiane quando sono in salute e non quando sono già finite sotto attacco.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)