2019-05-12
Con i porti chiusi calano i morti e gli sbarchi
I numeri danno ragione alla linea di Matteo Salvini: dal primo gennaio 2019 a oggi sono arrivate 1.009 persone, contro le quasi 10.000 dello stesso periodo di un anno fa. Fino a oggi un solo cadavere recuperato (erano 23 nel 2018). In diminuzione anche i dispersi.Intanto ieri la Guardia costiera tunisina ha intercettato un barcone con 46 migranti.Lo speciale contiene due articoli.Se la matematica non è un'opinione, la linea del ministro dell'Interno Matteo Salvini sull'immigrazione non solo regge, ma sbaraglia con la forza dei numeri ragionamenti e riflessioni (opinioni, quelle sì) da salotto. Gli ultimi dati del Viminale sul punto sono eloquenti: un migliaio di persone sbarcate dal primo gennaio 2019 a oggi (per l'esattezza 1.009), contro le quasi 10.000 (il numero esatto è 9.959) dello stesso periodo di un anno fa, dati aggiornati a ieri mattina. Il che significa una riduzione drastica del 90 per cento in dodici mesi. Capitolo rimpatri: nel 2019 sono 2.301 (più del doppio degli arrivi, rilevano gli esperti del ministero), di cui 2.179 forzati (dato aggiornato al 5 maggio) e 122 volontari assistiti (dato aggiornato al 7 aprile). Nel 2019 ci sono stati recuperati un cadavere e 402 dispersi (stima Unhcr) contro i 23 morti accertati del 2018, anno in cui la stima dei deceduti e dispersi toccò quota 2.277. Nel 2016 (con il governo di centrosinistra) ci furono 390 morti accertati e 5.096 dispersi. Percentuali positive che spingono il vicepremier leghista a promuovere il suo modello. «Nel 2019 meno sbarchi, meno reati commessi, meno morti in mare», ha detto Salvini. «Se qualcuno rimpiange i porti aperti che portavano in Italia più clandestini e facevano morire in mare più persone, sappia che avrà nel sottoscritto un avversario irriducibile». Un'affermazione che sembra una stoccata più agli alleati grillini di governo, che hanno dato fuoco alle polveri recentemente sull'argomento, che ai rivali. A soffocare comunque una polemica che appariva ormai montante con Luigi Di Maio sono state le lettere che il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi hanno indirizzato proprio al vicepremier leghista in risposta all'appello da lui lanciato. Salvini aveva chiesto, infatti, un'azione comune di tutto l'esecutivo per stringere nuovi accordi bilaterali finalizzati anche al rimpatrio dei clandestini. Gli unici strumenti di cui l'Italia può disporre per allontanarli dal proprio territorio. Sia dal punto di vista operativo che giuridico, infatti, per incrementare ancora di più i rimpatri è necessaria un'azione collegiale per la stipula di nuovi patti con Stati esteri, soprattutto quelli che maggiormente sono coinvolti nei grandi flussi migratori. Non a caso, la cooperazione con alcuni paesi africani è stata tra gli argomenti della recente telefonata tra Salvini e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Alla luce di quanto il Viminale sta mettendo in campo e dei riflessi interni e internazionali che il tema dei rimpatri innesca, il presidente del Consiglio, nella sua risposta a Salvini, ha proposto di coinvolgere anche Difesa, Sviluppo economico e Affari esteri. Mentre, nella sua replica, il capo della Farnesina Enzo Moavero «condivide l'obiettivo di rendere più efficace il sistema dei rimpatri di migranti ai quali non sia stato riconosciuto diritto all'asilo». «Rileva, che può aiutare l'inserimento, negli accordi bilaterali sui rimpatri, di una clausola che li incentivi, utilizzando i fondi per la cooperazione a favore degli Stati di origine dei migranti».Le lettere di Conte e di Moavero Milanesi sono arrivate a poche ore dal Decreto sicurezza-bis che interviene con decisione contro i trafficanti di uomini e gli aggressori delle forze di polizia. E faranno da apripista, per la settimana prossima, al già convocato tavolo Esteri-Interno, storica sede di confronto interministeriale tra esperti dei dicasteri per affrontare temi di comune interesse come i rimpatri e l'immigrazione.Per avere contezza delle proporzioni del fenomeno migratorio, può bastare qualche dato: in quattro anni - parliamo dal 2014 al 2017, periodo in cui il flusso dal nord Africa è stato più intenso - sono arrivati via mare in Italia circa 623.000 migranti. Un numero di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altro Paese europeo e inferiore solo alla Grecia che, tra il 2015 e il 2016, accolse un milione di profughi che percorrevano la «rotta balcanica». Una domanda di protezione internazionale -istanza che viene naturalmente fatta da tutti quelli che mettono piede nel nostro Paese, altrimenti sarebbero mandati indietro - viene istruita in circa due/tre anni, durante i quali il richiedente resta in carico ai centri di accoglienza. Da qui un sistema allo sfascio che ingoia miliardi di euro senza risolvere alcuna criticità né sul fronte della sicurezza nazionale né su quello della solidarietà nei confronti di chi scappa da morte e guerre, e che deve essere giustamente accolto.Alla fine del 2017 i migranti che sono riusciti a ottenere una forma di protezione internazionale sono circa 147.000, mentre quelli ancora in attesa e ospitate nelle strutture di accoglienza sono circa 180.000 (secondo i calcoli della Fondazione Migrantes fermi però a dicembre 2017). A questi dobbiamo aggiungere i circa 600.000 stranieri che vivono irregolarmente sul territorio italiano; sono persone a cui è scaduto il permesso di soggiorno, o a cui è stata respinta la richiesta di asilo, e che continuano a vivere - invisibili - tra noi. Con tutti i rischi che ne derivano.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-i-porti-chiusi-calano-i-morti-e-gli-sbarchi-2636881389.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-la-procura-lequipaggio-della-mare-jonio-non-e-indagato" data-post-id="2636881389" data-published-at="1757954209" data-use-pagination="False"> Per la Procura «l’equipaggio della Mare Jonio non è indagato» Il Mediterraneo ancora scenario di naufragi di barconi con immigrati e di scontri politici sull'immigrazione. Ieri, infatti, i pm della Procura di Agrigento hanno fatto sapere che nessun membro dell'equipaggio della Mare Jonio è mai stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La notizia si era diffusa dopo che il ministro dell'Interno Matteo Salvini aveva fatto sapere che l'imbarcazione della Ong Mediterranea saving humans, era entrata nel porto di Lampedusa non da nave libera sbarcando 30 migranti soccorsi il giorno prima. Proprio il suo sequestro per alcune irregolarità, ha specificato la Guardia di finanza, ha giustificato l'ingresso al porto di Lampedusa. Dopo il sequestro di iniziativa della nave della Ong italiana, i magistrati agrigentini hanno prontamente smentito il ministro leghista. «Non voglio portare via il lavoro ai magistrati. Io faccio il ministro dell'Interno e garantisco la sicurezza ai cittadini», ha comunque ribadito il ministro. Per la verità, l'ipotesi di reato resta della polizia giudiziaria e, come già accaduto in passato, la procura di Agrigento sarà chiamata entro domani a pronunciarsi sul sequestro della nave operato su indicazione del Viminale. «È stato notificato alle 20.45 il “sequestro preventivo" della nave Mare Jonio che la politica disumana chiedeva da stamattina. Indagato il comandante. Da adesso nessuna nave della società civile nel Mediterraneo centrale. Ma non ci arrendiamo», aveva scritto la Ong Mediterranea in un tweet. Ora, come già avvenuto in passato, la nave potrebbe essere dissequestrata. È lo stesso copione, del resto, di un paio di mesi fa quando al comandante della Mare Jonio, fu intimato dalla Gdf l'ordine di fermare le macchine. Ordine giudicato pericoloso per la sicurezza delle persone a bordo dal capitano che continuò la navigazione fino al porto di Lampedusa. Per questo fatto il comandante Pietro Marrone e il capomissione della Mare Jonio Luca Casarini sono indagati dalla Procura di Agrigento per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, la nave venne sequestrata ma poi restituita alla Ong ritenendo corretto il suo comportamento. Intanto ieri, la Guardia costiera tunisina ha intercettato in acque nazionali un'imbarcazione in difficoltà al largo di Jebeniana, 35 km a nord di Sfax, con a bordo 46 migranti, dei quali 20 donne, in gran parte di Paesi subsahariani, oltre a 6 tunisini. Il giorno precedente, invece, 70 migranti di origine subsahariana sarebbero annegati dopo che il gommone gonfiabile su cui erano ammassati è affondata in acque internazionali, a 40 miglia da Sfax, la capitale economica della Tunisia. Soltanto in 16 si sarebbero salvati. La notizia, lanciata da Alarm phone è stata ufficialmente confermata dal portavoce del ministero della Difesa tunisino, Mohamed Zekri. L'imbarcazione era partita da Zwara sulle coste libiche, a 120 km. da Tripoli. A dare soccorso ai migranti un peschereccio tunisino che li ha presi a bordo per poi trasferirli su una motovedetta della Guardia costiera tunisina giunta nel frattempo. Al momento del naufragio il barcone si trovava a 60 chilometri dalla costa libica. Stando alle affermazioni di un portavoce del ministero dell'Interno tunisino, i profughi stavano tentando di raggiungere illegalmente l'Italia. I superstiti sono stati trasferiti in Tunisia mentre i corpi ripescati vengono trasferiti all'ospedale universitario «Sfax Habib Bourguiba».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.