2023-02-15
Con gli aiuti promessi a Stellantis rischiamo di finanziare i francesi
Confermato il sostegno all’impresa, controllata da Peugeot e Parigi. Adolfo Urso: «Investire anche nella filiera italiana». Sulle fabbriche, però, ci sono poche garanzie. E quella del Chietino si ferma per carenza di chip.L’incontro al ministero delle Imprese su Stellantis ieri è finito in un clima da San Valentino. I sindacati hanno chiesto aiuti e incentivi, il ministro Adolfo Urso li ha rassicurati dichiarando la continuità con quanto fatto dal suo predecessore, Giancarlo Giorgetti. E il colosso automobilistico ha brindato al «momento di dialogo produttivo e costruttivo». Tutto bene quel finisce bene, quindi? Non proprio. Perché Stellantis è partecipata dagli Elkann come proprietari di Fca, ma a comandare sono i francesi di Peugeot. Il governo Meloni, quindi, conferma gli aiuti ma rischia di darli a Parigi senza aver ottenuto le necessarie garanzie che in futuro la «testa» di Stellantis difenda davvero la produzione e i livelli occupazionali nelle fabbriche italiane a scapito di quelli in patria. Del resto, i sospetti sono alimentati dal fatto che all’inizio di dicembre il management di Stellantis ha deciso un incremento dei salari del 5,3% per il 2023 per i dipendenti in Francia, mentre nel nostro Paese non solo gli stipendi non sono stati adeguati all’inflazione, ma il gruppo ha pure chiesto uno sconto del 7% ai fornitori. Vediamo, però, cosa è successo ieri e cosa hanno dichiarato i diversi attori seduti al tavolo che è stato aperto al Mimit «per verificare gli impegni dell’azienda in investimenti, produzione e occupazione con l’obiettivo di salvaguardare la filiera dell’automotive, asse centrale dell’industria italiana», come ha scritto lo stesso ministro delle Imprese e del Made in Italy su Twitter. Oltre a lui, erano presenti per il governo il viceministro Valentino Valentini e il sottosegretario Fausta Bergamotto. «Noi siamo in campo e lo abbiamo ribadito anche in Europa per ottenere condizioni migliori e accompagnare la riconversione industriale con il fine di raggiungere quegli obiettivi di rispetto ambientale che tutti noi ci siamo proposti ma mantenendo produzione e l’occupazione nel nostro Paese», ha aggiunto Urso. Che durante il suo intervento ha poi parlato della necessità di indirizzare la domanda, ricordando le risorse pubbliche conferite a Stellantis con i contratti di sviluppo e gli accordi per l’innovazione, per oltre 2,7 miliardi, così come il fondo pluriennale per l’automotive con una dotazione di 8,7 miliardi fino al 2030, che «devono essere indirizzati anche a rafforzare la filiera nazionale». Sul tema degli incentivi il ministro ha ricordato come questi siano sinora andati in misura maggiore a sollecitare la domanda di auto prodotte da Stellantis, sebbene per meno della metà su modelli fabbricati in Italia. «Questo gap va colmato al più presto: gli incentivi devono andare a beneficio del lavoro italiano», ha sottolineato. Certo, come ha detto il ministro, «il confronto continuo sarà utile a tutti per verificare gli sviluppi degli investimenti e le ricadute sul sistema industriale», ma il suo appello verrà davvero raccolto? Per Stellantis ieri al tavolo hanno partecipato Davide Mele, responsabile Corporate affairs per l’Italia, Giuseppe Manca, capo delle Risorse umane Italia, e Daniele Chiari, per le relazioni istituzionali Italia. «L’incontro ha rappresentato un momento di dialogo produttivo e costruttivo per confermare il ruolo centrale dell’Italia nelle strategie del gruppo», ha affermato un portavoce della società aggiungendo di avere «apprezzato l’approccio propositivo del governo a rivedere entro fine mese lo schema degli incentivi alla domanda e il supporto alle infrastrutture di ricarica, alla luce del quadro molto critico del mercato delle vetture elettrificate in Italia». Per il gruppo è fondamentale pensare a «nuovi incentivi» per lo sviluppo della mobilità elettrica che vede l’Italia in controtendenza rispetto ai principali mercati europei. Fra gli stabilimenti, ieri i rappresentanti di Stellantis avrebbero citato Melfi, dove è stato confermato che dal 2024 saranno prodotti quattro nuovi modelli elettrificati per diversi brand. Cassino, invece, sarà il riferimento per il segmento premium, oltre alla produzione di Maserati Grecale Folgore. Pomigliano proseguirà con la produzione Alfa Romeo Tonale e Panda. A Mirafiori ci sarà la produzione di Maserati Quattroporte e Gran Cabrio e 500 elettrica e di frizioni per i Bev (Battery Electric Vehicles). Insomma, alla fine più un riepilogo che nuove garanzie.Sullo sfondo, lo stop approvato ieri al Parlamento Ue alle auto a benzina e diesel entro il 2035. Come ha ricordato, Ferdinando Uiliano della Fim Cisl, «oggi le auto elettriche costano già il 50% in più» e il nostro Paese sta segnalando una serie di difficoltà nella vendita «con il rischio che si facciano investimenti e le auto non vengano comprate». Uliano ha poi annunciato che sulla gigafactory di Termoli Stellantis «ha presentato una richiesta in sede europea e si aspettano una risposta entro il primo trimestre di quest’anno per procedere alla fase di implementazione del progetto». Le posizioni dei sindacati sono articolate. La Fiom ha tenuto un presidio con alcune centinaia di lavoratori radunati davanti al ministero chiedendo un piano straordinario. Per la Uilm, ci sono incognite sul processo di transizione e la Fismic Confsal, ha ricordato che Stellantis ha assorbito circa il 40% delle risorse erogate, mentre il 60% è andato a produttori cinesi, coreani, giapponesi e tedeschi. Nel frattempo, da stasera a sabato 18 febbraio verrà nuovamente sospesa l’attività produttiva nello stabilimento Fca Italy, ex Sevel, di Atessa (Chieti). Lo stop è causato dalla mancanza di componenti microchip e semiconduttori per l’allestimento dei furgoni Ducato. Si tornerà in fabbrica lunedì 20 febbraio.