2020-10-27
Con Franceschini affossati turismo e cultura
Dario Franceschini (Ansa)
Il suo ministero coincide con il momento più oscuro per osti, albergatori e teatri. Lasciati in balia degli eventi, ci sono locali che chiudono per Covid dopo aver superato indenni due guerre mondiali. Solo un uomo non sta rischiando il posto: lui. Egregio ministro Dario Franceschini, la tedio con un fatterello quasi privato. Mi ha chiamato dopo il dpcm un'amica ristoratrice di Firenze: Emilia Latini, plurilaureata in storia medievale che tiene col babbo Torello e la mamma Sonia una bottega di vinaio che ha oltre 100 anni e piangendo di rabbia annuncia: «Basta chiudiamo, ciò che non hanno potuto due guerre mondiali ha compiuto questo governo». Lei che è scrittore dovrebbe ben sapere che il premio Amici del Latini è il riconoscimento letterario più gustoso e certo tra i più ambiti. Lo hanno vinto per dirne alcuni Leonardo Sciascia, Eugenio Garin, Indro Montanelli, Carlo Bo, Maria Bellonci e Giovanni Spadolini che teneva lì le riunioni di redazione della Nuova antologia. Pensandoci, nel duecentenario dell'Artusi che lei si è dimenticato di celebrare, scoprirebbe che la cucina è cultura, è lingua e identità. Ma lei, ministro della Cultura e forse del Turismo, sembra non farci caso. Scrissi quando purtroppo Luca, ristoratore in Santa Croce, si è impiccato nel suo locale il 24 agosto che quel gesto era un atto di resistenza, con Ugo Foscolo avremmo ripetuto: «A egregie cose il forte animo accendon l'urne dei forti». Oggi da Firenze, dove il Latini sta alla gastronomia come gli Uffizi all'arte, città patrimonio dell'Unesco rasa economicamente al suolo, ma lei che ne ha competenza non se ne cura, si leva una protesta imponente. Gli osti fiorentini verranno in marcia sotto Palazzo Chigi il 4 novembre - anniversario dell'alluvione - per denunciare che il governo li ha messi con l'acqua alla gola. E così in tutta Italia: difendono il loro lavoro, ma con le loro tavole, con le loro fatiche difendono anche la cultura italiana. Quella di cui lei non si dà gran pena. Ha scelto di chiudere i teatri, le sale da concerto, i cinema, di azzerare gli spettacoli dal vivo, ha gli enti lirici che languono e forse il 7 dicembre alla Scala di Milano non ci sarà neppure per lei la passerella in frac. Anzi si è lanciato in difesa della clausura forzata che ha di fatto investito solo le sue competenze accusando gli operatori dello spettacolo (ai ristoratori manco ci pensa) di essere degli irresponsabili. «Proteste per la chiusura di cinema e teatri? Non si è capita la gravità della situazione», ha rampognato con un video su Facebook, «comunque mi impegno perché la chiusura sia la più breve possibile, credetemi per me è stato un dolore, non è stata una decisione gerarchica, ma dovevamo ridurre la mobilità. Sosterremo tutti a cominciare dai più colpiti». Per favore ci risparmi un altro bonus vacanze: 2,4 miliardi rimasti inutilizzati perché inutili! Anche un suo compagno di partito, Walter Veltroni (di cui lei era vicedisastro, secondo Matteo Renzi) glielo ha spiegato che non c'è ragione di chiudere i ristoranti, i teatri, i cinema e che non si capisce perché si possa andare a messa sì e ad ascoltare la messa solenne di Rossini no. E invece si capisce molto bene. Poteva lei Franceschini, così pio, ora che è cominciata la corsa al Quirinale fare un dispetto alla Cei? E sa da cosa si capisce che lei al Vaticano ci tiene? Dal fatto che non ha chiuso i musei. Oltretevere la clausura dei turisti ha provocato uno sconquasso dei conti, mica si poteva dispiacere al cardinale Pietro Parolin che è il mentore di Giuseppe Conte. A teatro e al cinema dove su 2.800 spettacoli e oltre 350.000 spettatori si è verificato un solo contagio in quattro mesi no, ma nei musei sì. Forse bisogna salvare i Musei Vaticani e gli introiti di Santa Romana Chiesa? Che sensibilità ministro! Così ha scritto a tutte le televisioni per fare una raccomandazione, come nel dpcm. «Le emittenti», ci fa sapere, «diano ampio spazio a teatro, musica, danza e cinema, non solo attingendo dal giacimento delle repliche, ma anche immaginando e sperimentando nuove produzioni e nuove iniziative. Affinché la cultura possa continuare a raggiungere più persone possibili». Per la Rai è quasi un ordine per le altre è al vostro buon cuore. È un ottimo modo per fare i ministri. E per i ristoranti che fanno parte del turismo che dipende da lei incrementiamo i cestini per le comparse? Del resto lei governa anche grazie a Pierluigi Bersani secondo il quale dare ai «ristoratori un assegno sulla base del reddito li rovinerebbe perché sono tutti evasori». È opinione che condivide? Lei ministro Franceschini è capodelegazione del Pd al governo e se ne ricava dunque che il Pd ritiene i ristoratori evasori e gli artisti un intralcio alla mobilità. Forse la chiave sta in un suo romanzo: La follia improvvisa di Ignazio Rando, un anonimo funzionario che si ribella alle pratiche. Immagino la fatica che avrà fatto a trovare un editore, perciò è esperto in raccomandazioni. Culturali s'intende. La lascio con Dante - è il settecentenario, se lo ricorda? - per tornare a Firenze: « Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?... per che la gente … ond'ella è ghiotta, di quel si pasce, e più oltre non chiede». Ma non ci faccia troppo conto. Dal purgatorio all'inferno è un attimo.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)