2018-09-15
Lo Stato non sa dire a cosa servano 117 miliardi di sconti fiscali. Con interventi mirati un punto di Pil da usare per ridurre le tasse
A luglio sono cresciuti sia il debito sia la pressione fiscale: i gialloblù non possono più temporeggiare. Eliminare le deduzioni inutili permetterebbe di dare una vera svolta e recuperare almeno 23 miliardi per l'economia.Il Mef vuole sforbiciare le detrazioni per la flat tax. Gli sconti valgono 175,7 miliardi ma per il 67% mancano dati sui beneficiari e sui reali impatti sul bilancio.In decine di casi le voci di spesa pur riferite a categoria diverse riportano i medesimi calcoli: giallo sul copia incolla. Le 19 sottocategorie, in cui sono state suddivise le tax expenditure, hanno stratificazioni decennali. Il caso del settore Energia dove 28 voci su 29 non sono tracciate. Lo speciale contiene quattro articoliLuglio è stato caratterizzato, oltre che da un intenso dibattito attorno allo spread, anche da due elementi di bilancio. Il debito pubblico è salito di circa 18 miliardi in soli 30 giorni e il gettito delle tasse ha subito un andamento simile. Gli italiani infatti hanno pagato solo a luglio 49,4 miliardi di tasse, un dato in aumento del 4,8% rispetto allo stesso mese del 2017. Per quanto riguarda il primo tema, difficile dare colpa all'attuale governo. Il trend prosegue da quello precedente e nei mesi scorsi l'inversione di tendenza era dovuta solo agli interventi del Tesoro. Che ha utilizzato le riserve di liquidità accantonate di solito per gestire eventuali picchi dello spread o giorni di aste complicate sui nostri titoli. L'aumento delle tasse invece riguarda il governo gialloblù. Non tanto perché abbia aumentato le tasse (il trend della pressione fiscale era destinato a crescere), ma perché non le ha tagliate. Nel contratto firmato tra Lega e 5 stelle la riduzione delle imposte è un passaggio fondamentale. Anche se riguarda più le istanze del Carroccio, visto che i grillini premono quasi soltanto per il reddito di cittadinanza e la pensione minima garantita a 780 euro, il taglio è ormai imprescindibile. L'autunno in arrivo ci regalerà più inflazione. E questo è un dato certo. Secondo i calcoli del Codacons l'aumento dell'inflazione avrà cospicue ripercussioni sulle tasche dei consumatori: per spostamenti e trasporti una famiglia con due figli spende oggi 223 euro in più su base annua e in generale il rialzo dell'inflazione all'1,6% determina una maggiore spesa pari a 493 euro su base annua per la famiglia «tipo», cifra che sale a 625 euro annui se si considera una famiglia con due figli. A questi numeri bisognerà aggiungere la questione dei prezzi e delle tariffe, con listini in aumento e rincari a catena a danno delle famiglie, in particolare nel comparto scuola, alimentari ed energia. «Sulle tasche dei consumatori», ha spiegato ieri il presidente dell'associazione dei consumatori Carlo Rienzi, «pende poi la spada di Damocle del possibile aumento Iva, mentre si attende l'annunciato taglio alle accise sui carburanti che consentirebbe di spegnere la fiammata dell'inflazione». Posto che l'aumento dell'Iva sembra in realtà essere scongiurato, il taglio delle accise in queste ultime settimane sembra essere finito in cavalleria. E non è un bene. Il tema dell'equilibrio di bilancio si ripropone con maggiore insistenza e sarà il must delle giornate comprese tra il 24 e il 27 di settembre, quando il governo dovrà inviare il testo della manovra a Bruxelles. I margini per rivedere l'imposizione fiscale però ci sono e sono evidenti, anche se richiedono un mastodontico lavoro di precisione. Come spiegato nell'articolo di Giorgia Pacione di Bello, oltre il 60% delle detrazioni fiscali non è stato tracciato e dunque lo Stato non è in grado di sapere che effetto produca. Sono agevolazioni e tax expenditure delle quali si sa quanto costano ma non quanto rendano. e quale sia l'effettivo risparmio dei contribuenti. E si parla di circa 117 miliardi di euro in tutto. Ogni anno. È chiaro che questa massa di aiuti fiscali sono nati secondo il criterio della mancia elettorale. E non vale solo per Matteo Renzi, ma per moltissimi governi. Quasi tutti. I sostenitori delle tax expenditure sostengono che eliminarle equivalga ad alzare le tasse. Vero, solo in parte. Mentre si fa ordine si recupera gettito da utilizzare per una riforma fiscale complessiva. Basta piccole toppe. L'ipotesi del taglio dell'Irpef anche se di un solo punto sembra già slittare. Un vero peccato, ma sarebbe stato poco più che un buffetto. Serve invece una sberla in piena faccia che aiuti a cambiare passo e rivedere l'intero sistema fiscale. Così non funziona. Non è ammissibile che lo Stato conceda agevolazioni fiscali per circa 175 miliardi e non ne conosca al centesimo le ricadute. Un'analisi dettagliata - siamo pronti a scommettere - rileverà che una buona fetta delle agevolazioni è inutile e improduttiva. Allora, limare qui porterà efficienza. Certo, magari qualche piccola categoria si ritroverà con più tasse da pagare, ma nel complesso le risorse potranno essere ridistribuite per sforbiciare Irpef e magari finalmente tagliare il cuneo fiscale. Si discute di revisione delle tax expenditure dal 2009, nessuno da allora ha avuto il coraggio di mettere mano a decenni di stratificazioni. Questo governo o lo fa adesso o non lo farà mai più. E allora si limiterà a promettere palliativi fiscali. Ma non prenderà il toro per le corna. Rivedere anche solo un quarto delle agevolazioni fiscali porterà un margine di manovra di quasi 30 miliardi. Se 23 vengono ricollocati per evitare che le tasse si alzino resteranno comunque 7 miliardi di euro da utilizzare per interventi a sostegno dell'economia.INFOGRAFICA!function(e,t,n,s){var i="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName(t)[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(s)&&(s=d+s),window[i]&&window[i].initialized)window[i].process&&window[i].process();else if(!e.getElementById(n)){var a=e.createElement(t);a.async=1,a.id=n,a.src=s,o.parentNode.insertBefore(a,o)}}(document,"script","infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js");<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-dei-tagli-mirati-un-punto-di-pil-da-usare-per-ridurre-le-tasse-2604938741.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-stato-non-sa-dire-a-cosa-servano-117-miliardi-di-sgravi" data-post-id="2604938741" data-published-at="1757677596" data-use-pagination="False"> Lo Stato non sa dire a cosa servano 117 miliardi di sgravi La flat tax deve essere finanziata con le tax expenditure, le spese fiscali. Questo è quanto dichiarato dal ministro dell'Economia e delle finanze, Giovanni Tria l'11 settembre alla summer school di Confartigianato. Finanziare la flat tax con le 466 spese fiscali potrebbe però rivelarsi un'impresa difficile, dato che non si conosce il reale impatto finanziario che queste hanno sulle casse dello Stato. Analizzando i resoconti redatti dal Mef e i vari studi pubblicati dal Senato emerge, infatti, come il 67%% delle voci siano vuote. Non si sa quanto valgono, quanti sono i cittadini o le imprese che ne possono beneficiare e che impatto hanno sull'economia e sulle famiglie. Nella nota integrativa allo stato di previsione dell'entrata nel bilancio 2016 si legge che detrazioni e deduzioni valgono 175,7 miliardi di euro. Se per 67% mancano i dati, vuole dire che lo stato incassa 117 miliardi in meno di tasse senza poter valutare vantaggi e svantaggi. Le 466 spese fiscali sono state suddivise in 19 categorie con al loro interno un numero di voci che oscillano tra lo zero e le 115 (nella tabella in alto riportiamo nel dettaglio le voci relative alla casa, le più tracciate; su www.laverita.info si trovano i dettagli per agricoltura, energia, diritti sociali e lavoro). «Commercio internazionale e internazionale del sistema produttivo» è stata di diritto inserita all'interno delle spese fiscali, ma non ha nessuna voce. Stessa storia per «Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti». Ci sono poi categorie come «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente» con due spese fiscali, di cui non si conosce né l'impatto finanziario né il numero di fruitori. Oppure la categoria «Politiche previdenziali», dove su sette voci si conosce l'impatto finanziario approssimativo di tre. Ma come si è arrivati a questa situazione? Nel corso degli anni i vari governi hanno sempre provveduto ad ampliare la lista delle spese fiscali, aggiungendo agevolazioni per diversi settori. Nell'elenco si va infatti dalle agevolazioni per l'agricoltura ai giovani. Quando si presentano delle nuove spese che lo Stato dovrà sostenere, si allega sempre anche una stima di quanti potrebbero essere gli aventi diritto e dell'impatto finanziario che comporteranno. Essendo però una stima, i dati possono discostarsi di molto, o di poco, dalla realtà. Questo significa che dopo l'entrata in vigore di una determinata agevolazione si dovrebbe annotare il numero di contribuenti che hanno goduto della misura e il reale impatto finanziario prodotto. Molto spesso però, questo secondo passaggio non viene fatto. Osservando i dati pubblicati dal Mef si nota infatti come per quasi la totalità delle voci sia presente l'impatto finanziario per il 2018, 2019 e 2020. Manca però il numero di contribuenti che hanno avuto accesso all'agevolazione fiscale e l'impatto finanziario pro capite. I dati presenti per i tre anni (2018, 2019 e 2020), secondo quanto risulta alla Verità, non sono altro che il «copia incolla» di quanto era stato stimato in precedenza. I problemi però non finiscono qui, perché i dati delle spese fiscali che sono state prorogate non sono stati aggiornati negli anni successivi. Questo significa che in molte voci i dati presenti sono fermi all'anno in cui era stata prevista la scadenza della misura. Inoltre, accanto a molte spese fiscali si trova l'etichetta «Effetto di trascurabile entità». Non viene però specificato quanto trascurabile sia l'effetto, né il numero di contribuenti che hanno chiesto l'agevolazione. Eppure, in alcune voci viene scritto come l'impatto finanziario della misura sia pari a zero euro e i richiedenti siano stati zero. Altra anomalia è la presenza di spese fiscali con dati identici. Osservando le varie voci è infatti possibile che alcune cifre siano simili. Ma in questo caso i valori sono uguali al decimale. Le deduzioni per le erogazioni di denaro date alla Chiesa cattolica, a quella evangelica o alla comunità ebraica presentano, per esempio, lo stesso identico valore sia per quanto riguarda l'impatto finanziario sia per il numero di contribuenti che hanno scelto quegli enti. Vista l'entità del problema, il Mef ha dunque cercato di intervenire negli anni passati. Il ministero avrebbe infatti deciso di analizzare i dati delle dichiarazioni dei redditi per cercare di mettere un po' di ordine. Ma dopo aver, raccolto e analizzato i dati, non si è fatto un confronto con quelli presenti nelle spese fiscali. Secondo quanto risulta alla Verità, inoltre, durante l'analisi ci si era accorti delle discrepanze con i dati presenti all'interno spese fiscali, ma non si è approfondita la questione. Voler dunque finanziare la flat tax con le spese fiscali è possibile, ma non sarà facile. Il taglio non potrà infatti essere orizzontale né per singole categorie. Se si vorranno recuperare soldi andando a tagliare alcune tax expenditure si dovrà agire in modo mirato sulle singole voci, dato che le somme riportate presentano un margine d'errore alto. Giorgia Pacione Di Bello <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-dei-tagli-mirati-un-punto-di-pil-da-usare-per-ridurre-le-tasse-2604938741.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="su-decine-di-tax-expenditure-il-giallo-del-copia-incolla" data-post-id="2604938741" data-published-at="1757677596" data-use-pagination="False"> Su decine di tax expenditure il giallo del copia incolla All'interno dell'elenco delle 466 tax expenditure, pubblicate dal Ministero dell'economia e delle finanze per il 2017, esistono alcune spese fiscali con identico impatto finanziario e numero di contribuenti. Sono dunque due le principali sottocategorie colpite dal giallo matematico: «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» e «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia». All'interno della prima sottocategoria si trovano sette voci, una dietro l'altra, che presentano lo stesso identico impatto finanziario pro-capite (2.134,4) e numero di contribuenti che hanno richiesto l'agevolazione (17.397). Nella seconda sottocategoria le spese fiscali identiche sono invece state disposte in modo più creativo all'interno del documento. Si trovano infatti due voci isolate e poi a distanza di pagine altre cinque che presentano lo stesso impatto finanziario pro- capite (87,9) e numero di contribuenti richiedenti (71.502).C'è però da dire che in alcuni casi le voci di spesa identiche possono rientrare in una categoria comune. Nella sottocategoria «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia» i valori uguali si trovano infatti in una serie di «deduzioni delle erogazioni liberali in denaro date alla Chiesa Cattolica italiana, all'Unione delle chiese avventiste del 7° giorno in Italia e della tavola valdese, all'Unione cristiana evangelica battista, alla chiesa evangelica luterana e alla Comunità ebraiche italiane». Mentre nel caso delle spese fiscali riferite alla «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» le voci identiche hanno in comune sole le parole "deducibilità" e "erogazioni". Queste infatti si riferiscono o a organizzazioni che gestiscono parchi o riserve naturali o a programmi di ricerca scientifica nella sanità o a fondazioni con finalità di studio. La particolarità di queste agevolazioni fiscali risulta dunque essere la presenza di valori identici al decimale sia per quanto riguarda l'impatto finanziario pro capite sia per il numero di contribuenti che hanno chiesto la deduzione in questione. Si potrebbe dunque pensare che in tabelle composte da spazi vuoti e da diciture come: «effetto di trascurabile entità» o valore «non quantificabile» qualche volta si sia preferito riempire in modo approssimativo i vuoti presenti.Giorgia Pacione Di Bello <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-dei-tagli-mirati-un-punto-di-pil-da-usare-per-ridurre-le-tasse-2604938741.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="nel-settore-energia-ben-28-voci-su-29-non-sono-tracciate" data-post-id="2604938741" data-published-at="1757677596" data-use-pagination="False"> Nel settore Energia ben 28 voci su 29 non sono tracciate Il problema delle 466 spese fiscali è la non conoscenza del reale impatto finanziario che queste hanno sulle casse dello Stato. Le 19 sottocategorie, in cui sono state suddivise, dipingono infatti uno scenario ai limiti dell'immaginazione. I valori sull'impatto finanziario pro-capite e sul numero di contribuenti che hanno avuto determinate agevolazioni fiscali, risulta essere nel più del 50% dei casi un valore inesistente. Nella sottocategoria dell'energia 28 voci su 29 sono totalmente bianche. O meglio, otto di queste sono state etichettate come "valore non quantificabile", di una (credito d'imposta sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica) sono presenti i valori, mentre per il resto la tabella dell'energia risultare essere costellata da quadratini bianchi. Alcune voci ignote riguardano la riduzione dell'accisa sul Gpl usato come carburante dagli autobus urbani ed extraurbani, oppure l'esenzione dell'accisa sul carburante usato dalle forze armate nazionali. Un'altra sottocategoria, che mostra gap di informazioni elevati, è quella relativa alle "Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica". In questo caso delle 115 voci di spesa fiscali 97 risultano essere senza dati. Di queste, 69 presentano la dicitura valore "non quantificabile", per 6 l'impatto finanziario risulta essere "di trascurabile entità", ma non viene specificato né l'importo né il numero di contribuenti, mentre le restanti 22 sono composte da spazi bianchi.Tra le voci di spese "non quantificabili" risulta esserci anche la norma, introdotta dalla Legge di stabilità 2017, che ha permesso a Cristiano Ronaldo di godere dei vantaggi fiscali da neo- residente. Nel dettaglio la norma concede ai "nuovi" italiani di pagare solo un forfait di 100 mila euro annui sui redditi extra-italiani, mentre ai familiari viene dato un forfait di 25 mila euro per uno. Secondo le ultime stime del Ministero dell'economia e delle finanze risulta dunque impossibile sapere quanti hanno richiesto l'agevolazione e l'impatto finanziario che questa ha. Giorgia Pacione Di Bello