2024-03-27
I clan volevano prendersi l’azienda delle campagne elettorali dei dem
A sinistra Michele Emiliano, a destra l’ex consigliere regionale pugliese Giacomo Olivieri (Imagoeconomica)
Uno degli arrestati puntava a rilevare la società che lavorò agli eventi del sindaco di Bari e del governatore pugliese e spendere i loro nomi per ottenere commesse e prestiti dalle banche (che non avrebbe restituito).L’ex sottosegretario Stefano Candiani: «Con elementi come quelli emersi dall’inchiesta i controlli da parte del Viminale partono in automatico. Ma lo scioglimento non è scontato».Lo speciale contiene due articoli.Nel luglio del 2023 Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale pugliese finito in manette per il presunto voto di scambio alle elezioni comunali di Bari del 2019, voleva rilevare insieme a un uomo del clan criminali locali una società attiva nell’organizzazione di eventi, da affidare a un prestanome. Non un’azienda qualunque, quella che negli anni precedenti sarebbe stata impegnata negli allestimenti delle campagne elettorali del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e del sindaco di Bari Antonio Decaro. Secondo quanto evidenziato dagli inquirenti, la «Romano exhibit “nell’ultima campagna elettorale di Emiliano“ e alla “campagna elettorale di De caro (Decaro, ndr)” , si è occupata della fornitura ed assistenza dell’allestimento degli eventi». La circostanza, che emerge dalle oltre 2.000 pagine della «Attualizzazione delle esigenze cautelari in relazione alla richiesta di misura cautelari» trasmessa dai pm baresi al gip, conferma la capacità di infiltrazione dei clan all’interno del tessuto politico-imprenditoriale. È il 3 luglio dell’anno scorso quando Olivieri si reca nell’abitazione di Angelo «Lello» Falco, che si trova agli arresti domiciliari e che, secondo le dichiarazioni di un pentito riportate dai magistrati sarebbe «considerato un criminale barese di lungo corso». I due discutono dell’opportunità di rilevare una società «affidabile e solida», con i conti in ordine e senza debiti, affidarla a un prestanome, e usarla come strumento per accedere a «finanziamenti statali» e «bancari», per poi far sparire i fondi ottenuti senza restituirli. E Olivieri propone appunto la Romano exhibit, all’interno della quale, intenderebbe mantenere come schermo «l’attuale titolare per due anni, tre anni...». L’ex consigliere spiega: «Quando voglio io, rimane accanto .... domani mattina ... mio nipote, ... io ho 75 anni, mio nipote sta continuando l’attività...». Poi spende come una garanzia di solidità le attività dell’azienda nelle campagne elettorali degli esponenti dem: «nell’ultima campagna elettorale di Emiliano, quelli mi fecero tutti i box, mi fecero tutta l’assistenza, alla campagna elettorale di De Caro (Decaro, ndr), l’anno scorso , mi prepararono tutti i locali, cioè l’azienda esiste veramente, allora con un azienda del genere tu, a parte il prestito che puoi avere che poi non restituisci, ma se c’è ... Lello che ha un immobile che vale 1.000.000 ... e ci mettiamo d’accordo e ce lo vende a 5.000.000 di cui quattro devono andare la è chiaro». Per Olivieri, l’anziano titolare della società «ha paura pure dell’ombra sua, ha 75 anni, ha fatto sempre questo lavoro, non prende debiti bancari, non è uno che rischia nulla, cioè uno che vive liscio liscio, proprio tranquillo, tutto sempre perfetto, non è proprio il soggetto…». Insomma, un galantuomo, che diventerebbe a sua insaputa lo schermo di operazioni truffaldine. E poi, le due campagne elettorali sarebbero un biglietto da visita straordinario: «un’azienda che richiede informazioni bancarie, quindi informazioni particolari no? Del tipo chiamano a Emiliano “perfetto!”, chiamano a Decaro “perfetto!” ... cioè è un’azienda che anche dal punto di vista della nomea e lui come persona, ha una marea di rapporti, tutti da santo […] che vuoi una spiegazione della cessione aziendale ... è per l’età che lui ha per far continuare a lui...che si chiama Oronzo (il prestanome, ndr) che è imprenditore .... che può diversificare». L’azienda, spiega ancora l’indagato, prende anche appalti per gli eventi alla Fiera del Levante, partecipata anche dal Comune di Bari: loro fanno allestimenti in fiera... quindi loro prendono appalti quando c’è la Fiera... La Fiera del Levante, dice «io appalto tutto l’allestimento dei capannoni degli stand a chi mi fa l’offerta migliore». La conversazione prosegue tra Olivieri, Angelo Falco e il nipote di quest’ultimo, Michele Falco. I tre parlano del rapporto con il presidente della Regione. Angelo Falco chiede a Olivieri se è stato pagato o meno da Emiliano. L’ex consigliere risponde: No, da Emiliano eravamo legati». Poi aggiunge: «Ma noi non facciamo regali a nessuno…». Angelo Falco chiosa: «quantomeno a Emiliano». Olivieri rincara la dose: «no, nemmeno a Decaro ... a nessuno ..». Per Michele Falco invece, il sindaco di Bari «è peggio di Emiliano». Lo zio, forse forte della «nomea» della società, sembra addirittura puntare a prendere appalti dal governatore pugliese: «A Emiliano ci prendiamo il 50% di anticipo .... e non so niente!». Il nipote lo avverte: «Se hai idea di voler truffare a Emiliano ti inguai!». Per Olivieri invece «sarebbe cosa giusta». Poi aggiunge: «Qua è un peccato, cosi ad accontentarsi, capito cosa voglio dire? .... cioè se io faccio muovere un mezzo mondo e poi continuo a drenare, che cacchio me ne frega […]». Il suo interlocutore però, forse anche dopo l’avvertimento del nipote è prudente: «Avvocato, cos’é? ... per un anno avere un azienda del genere, non penso che li conosci, la vita com’è». Ma l’ex consigliere regionale tira dritto: «Lello, che ce ne frega a noi... Ci prendiamo 1.500.000 euro e se non riusciamo ci togliamo di mezzo…».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/clan-azienda-campagne-elettorali-dem-2667607796.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-verifiche-sono-obbligatorie" data-post-id="2667607796" data-published-at="1711512994" data-use-pagination="False"> «Le verifiche? Sono obbligatorie» Onorevole Stefano Candiani, l’opposizione vi accusa di voler sciogliere l’amministrazione comunale di Bari a qualche mese dall’elezione per pure propaganda elettorale. «Intanto il ministero dell’interno non ha sciolto un bel niente. Si è semplicemente costituita una commissione di verifica. I meccanismi della sua attivazione sono codificati da una legge in vigore dal 2000. Pensi un po’ lei. Il Testo unico enti locali, approvato esattamente 24 anni fa, ha recepito quanto già previsto nel nostro ordinamento dal decreto-legge 164 del 1991 in materia di scioglimento delle amministrazioni locali in odore di mafia». E non vi è parso vero di proporre lo scioglimento … «No, guardi, la correggo di nuovo. Non abbiamo proposto proprio un bel niente. L’attivazione della commissione di verifica non è una decisione discrezionale. È un passaggio pressoché automatico. Un atto dovuto, qualora si ravvisi il sospetto dell’infiltrazione. Quando hai 130 arresti, anche di persone che stanno anche dentro l’amministrazione di Bari compresi due consiglieri comunali, il minimo sindacale è che il Viminale apra un’istruttoria per verificare l’effettiva situazione ed escludere ogni possibile infiltrazione mafiosa». Da leghista che crede nel valore delle autonomie locali non si sente a disagio? «Niente affatto. Quelle attivate sono procedure di garanzia previste proprio a tutela dell’ente locale e soltanto dopo che saranno eventualmente rilevati elementi concreti, univoci e rilevanti partirebbe la proposta di scioglimento dell’intero consiglio comunale. Proposta del Consiglio dei ministri e controfirmata dal Presidente della Repubblica. Ripeto: una filiera decisionale codificata, ponderata e ben rodata negli anni». Ma in finale sarebbe stato sufficiente attendere le prossime elezioni di qui a qualche mese… «Le garantisco che quando ero al Viminale ho potuto verificare di persona che il meccanismo viene attivato inesorabilmente a prescindere dalla volontà politica. Cosa ben diversa è invece, come dicevo, il passaggio relativo all’eventuale e successivo scioglimento adottato da Palazzo Chigi. È qui che è necessaria una valutazione di tipo politico a seguito dell’istruttoria avviata e che dovrà concludersi». Lei che idea si è fatto a proposito del sindaco Decaro? «L’ho conosciuto da presidente di Anci (associazione nazionale comuni italiani). Sindaco dinamico e molto attivo. Mi ha colpito l’affermazione sciagurata di Emiliano. Lo ha praticamente descritto come un gregario sprovveduto. Scivolata frutto di un ego smisurato o confessione di un atto compiuto in spregio alla legge di chi si considera al di sopra di essa? Non lo so, ma mi preoccupa. E poi c’è la levata di scudi della sinistra. Di fronte alla confessione del reo, cosa di una gravità assoluta, sposta l’attenzione sul Viminale, che doverosamente deve accertare o escludere infiltrazioni mafiose. Assurdo!». Le vostre polemiche su Ursula von der Leyen ed i distinguo sulla situazione in Ucraina non rischiano di mettere in difficoltà l’esecutivo? «Ma quale distinguo? Supportiamo lealmente il governo senza dimenticare però che esiste anche la necessità di trovare una via di uscita. Abituarsi alla normalità della guerra non fa bene al nostro futuro. Per il resto la Lega non è d’accordo sulle politiche della commissione europea. In materia di ambiente le regole imposte sono senza senso. Se non le cambiamo metteranno in difficoltà la nostra economia, peraltro senza alcun vantaggio ambientale. Se un cambiamento bisogna fare a Bruxelles è quindi proprio quello della maggioranza, a partire dal manovratore. Se altri vogliono provare polpettoni sgangherati in salsa europea coi socialisti, per coerenza, noi non ci stiamo». A che punto siete con le candidature per le europee? Il tormentone Vannacci Si/No come va a finire? «Lo scoprirete fra qualche giorno».
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta