
Gli agnolotti friulani nacquero nel Settecento in Carnia, cerniera tra mondo mediterraneo e Mitteleuropa, grazie alle spezie portate a casa dai venditori ambulanti. Riempiti anche con frutti, erbe, uvetta e cioccolato, hanno conquistato Brera e Veronelli.Sutrio, antico e splendido borgo della Carnia ai piedi dello Zoncolan, il leggendario monte del Giro d'Italia, celebra ogni anno i cjarsòns, panciuti agnolotti che rinserrano in un grembo di pasta fresca, oltre a una quindicina di ingredienti tra spezie, erbe selvatiche e frutti, l'anima, la storia e le tradizioni delle genti friulane che popolano fin da tempi remoti la «mitica e, per i foresti, misteriosa» regione alpina. Così la definì Bruno Pizzul, giornalista e telecronista sportivo della Rai, che «foresto» non è essendo nato a Udine.La festa dei cjarsòns a Sutrio, quest'anno, cade domenica 9 giugno. Nel paese che fa parte del club dei borghi autentici d'Italia, tutto è pronto per accogliere gli ospiti nelle tipiche case del paese, restaurate e trasformate in albergo diffuso (albergodiffuso.org) e per degustare i tipici tortelloni nelle dieci «isole» allestite negli angoli più caratteristici del paese. Piatto storico, identificativo di un'epoca e di una regione, nato povero e vegetariano dalla fame e dalla fertile fantasia del mondo contadino carnico, i cjarsòns sono, per numero di ingredienti e presenza di aromi esotici, il più ricco dei piatti poveri italiani. Più opulento per il numero degli ingredienti, per la loro particolarità (previste spezie, cioccolato e uvetta passa) e per le varianti. Ufficiosamente se ne contano una cinquantina, ma non c'è campanile e famiglia che non difenda accanitamente la propria ricetta. Talvolta sono variazioni minime, talaltra più importanti. Tutto si basa sul gioco degli ingredienti che entrano nella pancia dei cjarsons o cjalzons oppure, ancora, cjalsons (dipende dalle inflessioni dialettali), in cui il gusto dolce si mescola con il salato.La scelta degli ingredienti è praticamente inesauribile, legata com'è alle erbe selvatiche buone da mangiare, ai frutti, ai funghi che i monti della Carnia hanno offerto con prodigalità, in passato, alle affamate bocche contadine, e che questo territorio selvaggio e generoso offre ancora: ortiche, erba cipollina, spinaci di montagna, rabarbaro, maggiorana, menta, verdure aromatiche, patate, ortaggi, pere, mele susine, prugne... La Carnia, scrive Walter Filiputti nel libro Friuli Venezia Giulia, via dei sapori, è la terra «dei personaggi silenziosi e profondi, dei prodotti unici e inimitabili».Ai doni spontanei della terra venivano aggiunti al pastùm, l'impasto, le verdure dell'orto e il tocco esotico del cioccolato, dell'uva sultanina e delle indispensabili spezie: cannella, noce moscata, zenzero. pepe, chiodi di garofano, dragoncello, timo, zafferano... Quali e quanti ingredienti? Non c'è mai stata una regola, se non la stagionalità per erbe, frutti e verdure. Per il resto, andava bene qualsiasi cosa c'era a disposizione. Ecco perché non c'è una ricetta codificata per questi deliziosi tortelloni. L'unica consegna che viene dal passato e dalla tradizione è che i cjarsons siano vegetariani e speziati. Gli agnolotti con carne e pesce chiamati cjarsons nei ristoranti della pianura e sulle coste friulane sono interpretazioni moderne. Non hanno niente a che fare con la storia della cucina carnica. Una volta cotti e serviti nel piatto, i cjarsons vengono conditi con la scuete fumade, la ricotta affumicata, e l'ont, il burro fuso che, un tempo, venivano ricavati dal latte della solitaria vacca che ruminava in stalla.Ma com'è possibile che un piatto simile sia nato tre secoli fa, nel Settecento - qualche storico lo fa risalire addirittura al Cinquecento -, in un ambiente di estrema povertà? Com'è possibile che per secoli le famiglie contadine della Carnia abbiano potuto gettare nell'acqua bollente di pentole e paioli che piangevano miseria e fame, un giorno sì e l'altro pure, agnolotti preparati con ingredienti poverissimi e con spezie che soltanto i ricchi si potevano permettere?I meriti dell'origine di questo piatto vanno divisi tra la posizione geografica della Carnia e la gente, infaticabile e tenace, che la abita. La Carnia è un ponte di collegamento, grazie alle sue vallate e ai passi montani, tra il mondo mediterraneo e la Mitteleuropa. Dalla valle del But e dal passo di Monte Croce Carnico transitavano i traffici delle spezie orientali. Su quali mezzi di trasporto? Sulle gambe e sulle spalle dei cramârs, venditori ambulanti che con immani fatiche e sacrifici, dopo aver acquistato le spezie a Venezia, risalivano Veneto e Friuli e attraversavano le Alpi Carniche portando la loro preziosa mercanzia nella crassigne, un armadietto di legno pieno di cassetti e cassettini agganciato sulle spalle con due cinghie, a mo' di zaino. Nei cassetti i cramârs stipavano ogni tipo di merce: bottoni, aghi, passamanerie, pizzi, intrugli medicamentosi, intagli in legno che realizzavano durante il lungo inverno. E vi sistemavano, soprattutto, le preziose spezie.I cramârs macinavano chilometri su chilometri a piedi per andare a vendere la loro preziosa merce porta a porta nelle dimore lussuose e nei palazzi nobiliari in Austria, Franconia, Baviera, Slovenia, Ungheria... Quella dei cramârs fu una vera e propria epopea. Restavano lontani da casa mesi, intere stagioni per raggranellare un po' di soldi e mandare avanti la famiglia. A casa le donne dovevano pensare ai figli, ai vecchi, al campetto, alla vacca fino a quando, in inverno, non tornavano i loro uomini. E quando tornavano era festa grande. Le donne preparavano i cjarsòns con la ricchissima varietà di ingredienti di cui abbiamo parlato aggiungendo le briciole delle spezie, della cioccolata, degli aromi esotici che erano rimaste sul fondo dei cassetti della crassigne.Gianni Cosetti, mitico cuoco di Tolmezzo lodato da Luigi Veronelli («Il cuoco più moderno che l'Italia abbia mai avuto, perché ha intuito primo fra tutti il valore assoluto delle sue erbe, dei suoi funghi, dei prodotti delle sue malghe») celebrò i cjarsòns e gli altri antichi piatti della sua terra nel libro Vecchia e nuova cucina di Carnia. Cosetti sostenne un'altra teoria sull'origine dei mitici tortelli. Secondo lui le spezie arrivavano nelle case carniche grazie alle giovani friulane che, a Venezia, dov'erano a servizio, ripulendo le stive delle navi che avevano trasportato quelle preziose mercanzie, riuscivano a raggrannellarne qualche mucchietto che finiva regolarmente nei cjarsòns che venivano impastati e preparati al loro ritorno. Gianni Brera, giornalista, scrittore e gran gourmet (lui preferirebbe «mangiatore»), fu conquistato dagli agnolotti carnici che conobbe al Roma, il ristorante di Cosetti: «Scopro a Tolmezzo un ristorante di classe mondiale. Cosetti reinventa piatti medioevali. L'eno-magnata è di quelle che ti confermano che a tavola non s'invecchia». Tra gli epici cramârs e le altrettanto eroiche fanciulle che raccoglievano i rimasugli delle spezie nelle stive delle galee o delle tartane, c'è una terza versione sulla nascita dei cjarsòns. E questa è decisamente leggendaria. Si raccontava un tempo che era stato un Guriut, folletto barbuto, che abitava nelle zone più selvagge della Carnia, a dettare la ricetta dei cjarsòns. Il folletto, in un inverno particolarmente rigido, per calmare i morsi della fame, scese a Ravascletto, borgo ai piedi dello Zoncolan, per rubare un po' di latte. Sorpreso e catturato dalla contadina che aveva appena munto la sua mucca, la convinse a liberarlo. In cambio le rivelò la ricetta degli squisiti cjarsòns che ancora adesso conquistano i palati dei golosi gastroturisti.
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Il conservatore americano era aperto al dialogo con i progressisti, anche se sapeva che «per quelli come noi non ci sono spazi sicuri». La sua condanna a morte: si batteva contro ideologia woke, politicamente corretto, aborto e follie del gender.
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)
Piergiorgio Odifreddi frigna. Su Repubblica, giornale con cui collabora, il matematico e saggista spiega che lui non possiede pistole o fucili ed è contrario all’uso delle armi. Dopo aver detto durante una trasmissione tv che «sparare a Martin Luther King e sparare a un esponente Maga» come Charlie Kirk «non è la stessa cosa», parole che hanno giustamente fatto indignare il premier Giorgia Meloni («Vorrei chiedere a questo illustre professore se intende dire che ci sono persone a cui è legittimo sparare»), Odifreddi prova a metterci una pezza.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.