2020-05-16
Cixi, la concubina che fece grande la Cina
Walter Bosshard:ullstein bild via Getty Images
Di umili origini, entrò a palazzo come amante dell'imperatore di cui prese il posto dopo la morte nel 1861. Decisa, a tratti spietata, seppe guidare il regno con piglio riformista aprendo ai commerci con Europa e Stati Uniti e migliorando la condizione femminile.Sull'imperatrice cinese Cixi (nome onorifico che dovrebbe significare «gentile e gioiosa»), nata nel 1835 e scomparsa nel 1908, sono state scritte molte parole dispregiative. Si è parlato di lei come di un'avvelenatrice e mandante di omicidi. Ė passata alla storia come un pessimo esempio di potere al femminile. Si è tramutata in uno stereotipo. Ma, come accade con gli stereotipi, le cose non stanno proprio così. Non sempre coloro che passano per cattivi lo sono davvero; mentre non è detto che i «migliori», i «grandi» lo siano stati fino in fondo. Solo il tempo può portare un po' di chiarezza. Studi successivi - fra cui Imperial Woman di Pearl S. Buck - hanno restituito di lei un'immagine più obiettiva.Dietro l'apparenza gentile e l'aspetto minuto, Cixi è stata senza dubbio una sovrana accentratrice, cinica, spietata e senza scrupoli, quando si è trattato dei suoi scopi e progetti, nonché del mantenimento del potere. Lo sono quasi tutti gli autocrati, coloro che reggono da soli uno Stato, appoggiandosi appunto alla cosiddetta «ragion di Stato». Bisogna aggiungere che si trattava di una donna, nella Cina dell'Ottocento. A lei, però, va il merito di aver inaugurato una politica di riforme e modernizzazione del «Celeste Impero». Il suo motto è stato infatti «rendere forte la Cina», poi «rendere ricca la Cina»; il suo scopo è stato «il progresso». Nel suo funambolismo politico, Cixi si è in parte servita di forze violente, conservatrici, antioccidentali e xenofobe come i Boxer; ma al tempo stesso ha tessuto ottimi rapporti con l'Europa e gli Stati Uniti. Ancora, ha voluto in ogni modo aprire la Cina al mondo esterno, pur salvaguardando l'impero e combattendo i nemici giapponesi. Non ha dimenticato le umiliazioni inflitte al suo Paese dall'Occidente e ha fatto in modo di presentare il conto. Ha innovato tradizioni antichissime, come il sistema scolastico e il reclutamento della classe dirigente; ha cercato di mitigare la sudditanza nella quale erano tenute donne e bambine, consentendo loro l'accesso agli studi. Con lei si è sentito parlare di «diritti femminili». Ha lanciato importanti politiche infrastrutturali, avviando la costruzione della ferrovia Pechino-Wuhan; ha incoraggiato la crescita economica, commerciale e militare, la formazione della Marina, la nascita di una banca di Stato. Il tutto con duttilità, capacità di dissimulazione, costante ricerca del dialogo. Ha anche commesso errori, si è dimostrata contraddittoria, capace di spendere cifre ingenti per sé, per le feste e per i palazzi. Un tratto di molti autocrati. Esistono versioni differenti sulle sue origini. Secondo alcune fonti, proveniva da una famiglia poverissima di contadini cinesi Han ed era stata venduta a quattro anni dal padre a un contadino di un vicino villaggio. A dodici anni, sarebbe stata nuovamente venduta a un mandarino di un'importante famiglia Manciù, che si sarebbe affezionato a lei e l'avrebbe adottata. A quel punto, la ragazzina avrebbe assunto il nome di Yulan, ovvero «orchidea di giada»; o forse mantenuto il semplice appellativo del clan, Yehenara (ebbe molti nomi). Era tanto intelligente e talentuosa, che il padre dichiarò: «Questa mia figlia sembra più un maschio che una femmina!».Bisogna ricordare che la dinastia Ming (di etnia Han) era stata deposta con la forza nel 1644; a essa erano succeduti i Manciù, stabilitisi a Pechino, che avevano ingrandito l'Impero e trattato brutalmente gli Han. Nonostante una parziale, successiva assimilazione di cultura e costumi, la divisione fra le due etnie sarebbe rimasta molto forte. Gli Han avevano introdotto, fra l'altro, la tradizione della fasciatura dei piedi delle bambine, i cosiddetti «gigli dorati», che deformavano gli arti in modo terribile. I Manciù non l'avrebbero seguita e per questa ragione a Cixi era stata risparmiata quella tortura. Pare che sia stata poi lei, ad abolirla una volta giunta al potere.Dal 1839 al 1842, la Cina era stata coinvolta nella prima «guerra dell'oppio», innescata dagli inglesi. I mercanti britannici avevano infatti trovato nell'Impero un ottimo sbocco per vendere l'oppio illegalmente prodotto in India; la Cina aveva tentato di opporsi, proibendone la vendita e l'uso, ma alla fine era entrata in collisione con l'Occidente. Il Celeste Impero era stato per lungo tempo autosufficiente ed esportava molti beni, tanto che l'imperatore diceva che la Celeste dinastia «possedeva ogni cosa in grande abbondanza» e «non aveva bisogno di nulla dal mondo esterno». Questo danneggiava e infastidiva le economie di alcuni paesi europei, primo fra tutti il Regno Unito. Pesantemente sconfitti sia nella prima sia nella seconda guerra, i cinesi avrebbero infine dovuto tollerare il commercio di oppio, pagare forti ammende, sottoscrivere due trattati con i britannici, cedere Hong Kong, accettare che nuovi porti fossero aperti al commercio con l'estero. L'imperialismo europeo, i trattati con diverse nazioni a condizioni di subalternità, avrebbe condotto a un violento sentimento nazionalista e xenofobo, nonché a cruente ribellioni, fra cui quelle di Taiping e dei Boxer.La svolta, per Cixi, arriva nella primavera 1852, quando viene scelta come concubina dell'imperatore Xianfeng. L'imperatore poteva avere un'unica imperatrice, ma tutte le amanti che voleva. La ragazza è nominata solo concubina di quinto grado, ma ciò le consente di stabilirsi nella Città proibita. Grazie all'amicizia con l'imperatrice Zhen, ascende al rango di concubina di quarto grado; quindi nell'aprile 1856 dà all'imperatore il suo unico figlio maschio, passa al terzo grado, poi al secondo. Mentre continuano conflitti e problemi interno ed esterni - la rigidità sulla chiusura delle frontiere e del mercato cinese è, per gli anglo-francesi, inaccettabile - la giovane prosegue nell'ascesa. Nell'agosto 1861, Xianfeng muore e il figlio di cinque anni gli succede, con il nome di Tongzhi. È in quell'occasione che la genitrice assume il nome di Cixi, oltre a «Santa madre imperatrice vedova». Sarà chiamata anche «venerabile vecchio Buddha», e insisterà perché ci si rivolga a lei con appellativi maschili. In seguito il nipote adottivo Guangxu la chiamerà «papà carissimo», poi «mio padre reale».Insieme alla precedente imperatrice, Cixi governa in nome del figlio, dopo aver attuato un colpo di Stato per esautorare gli uomini vicini al defunto imperatore. Una mossa non priva di rischi, dato che in caso di fallimento le due donne sarebbero state condannate alla «morte dei mille tagli», ovvero fatte a pezzi. Viene emanato un editto che recita: «D'ora in poi tutti gli affari di Stato saranno decisi in prima persona dalle due Vedove Imperatrici, che impartiranno gli ordini al gran consulente e al gran consigliere, affinché li eseguano». Per rispettare il cerimoniale, la reggente e la co-reggente assistono alle udienze imperiali dietro un paravento di seta giallo. Lavoreranno in piena armonia fino a quando morirà Zhen.Rimasta sola, Cixi continua a reggere il governo del Paese, finché il figlio diventa maggiorenne; tuttavia questi regna per soli due anni e poi muore nel 1875. Allora Cixi adotta il nipote di tre anni, Guangxu, che sale al trono. Ancora, una volta, è lei a tenere le redini del potere e mandare avanti la modernizzazione. Nel 1889, Guangxu arriva alla maturità, per cui Cixi si ritira nel Palazzo sul mare, poi in quello d'Estate; ma si tiene informata di tutto ciò che accade per mezzo di un articolato sistema di spie. Usa anche gli eunuchi, diffusissimi a corte e molto influenti. L'imperatore vorrebbe attuare le riforme, tuttavia è piuttosto irresoluto e commette errori gravi, non riesce a prevedere l'aggressione giapponese né contrattaccare, per cui Cixi finisce per esautorarlo con un colpo di Stato e torna in sella. In seguito alla rivolta dei Boxer e alle atrocità commesse, le truppe straniere invadono Pechino e la Città Proibita, per cui l'imperatrice è costretta a fuggire e accettare le condizioni di pace, ma poi riprende sul cammino del riformismo. È una figura che non conosce confronti, gode di un potere e un'autorevolezza simili a quelli della regina Vittoria.Nel film L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, si vede Cixi, ormai sul letto di morte, che incontra il piccolo Pu Yi, di tre anni, e lo nomina ultimo imperatore della dinastia Qing. Questi avrebbe poi firmato la proclamazione della Repubblica nel 1912, sarebbe stato il tragico «imperatore fantoccio» imposto dai giapponesi in Manciuria, e poi costretto all'abdicazione. Quindi sarebbe stato consegnato ai cinesi, da loro chiuso in un istituto di rieducazione per criminali di guerra, per concludere la sua triste vita come giardiniere, lì dove un tempo regnava.