2022-07-08
La Cina si mangia le nostre aziende e in più ci spia su spazio e cyber
Il presidente del Copasir, Adolfo Urso (Imagoeconomica)
Allarme del Copasir: la guerra ha interrotto le collaborazioni tra Europa e Russia nei settori dei satelliti. A guadagnarci sarà Pechino, che punta ad acquisire il nostro know how. Anche con mezzi illeciti.La guerra in Ucraina sta svelando le possibilità di crescita del comparto satellitare e in generale del settore aerospaziale. Una dozzina di società americane si è messa al servizio del ministero della Difesa. Ed è dall’alto che gli Usa e la compagine anti Putin stanno gestendo la guerra. Chiaramente è un test per le future guerre. Alle quali saremo chiamati a partecipare pure noi europei. Il problema è che in questo caso la guerra offre, ma anche toglie. A spiegarlo bene è il Copasir, che nella relazione sull’aerospazio lancia l’allarme sui rischi di interruzione dei progetti condivisi con i russi. Progetti molto più complessi delle connessioni energetiche e dunque molto più difficili da riconvertire. «Il conflitto tra Russia e Ucraina, scoppiato alla fine di febbraio, ha prodotto importanti ricadute anche sul settore aerospaziale. In primo luogo, il dominio delle stelle è sicuramente coinvolto nello svolgimento delle attività belliche, si pensi ad esempio all’importanza dei sistemi di osservazione satellitare e di georeferenziazione per la conduzione di operazioni militari da entrambe le parti», si legge spulciando le conclusioni della «Relazione sul dominio aerospaziale quale nuova frontiera della competizione geopolitica», relatori il senatore Claudio Fazzone e il deputato Maurizio Cattoi, approvata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. «Non bisogna però trascurare», continua il Copasir presieduto da Adolfo Urso, «le altrettanto rilevanti ricadute sull’economia dello spazio, in considerazione del coinvolgimento di entrambe le parti coinvolte nel conflitto in moltissimi programmi spaziali condotti a livello internazionale: dopo l’interruzione dei programmi di accesso allo spazio da parte della Nasa, il lancio di satelliti, altri sistemi, approvvigionamenti e equipaggi destinati alla Stazione spaziale internazionale è avvenuto utilizzando basi e mezzi messi a disposizione dalla Federazione russa». Non solo. «Il forte deterioramento e in alcuni casi la completa interruzione dei rapporti di collaborazione tra le agenzie spaziali occidentali con la Russia», prosegue la relazione, «hanno costretto a posticipare molti dei programmi di esplorazione spaziale, dovendosi riconfigurare la strategia di accesso allo spazio che non può più contare su basi e lanciatori russi. Analogamente, molte delle materie prime indispensabili per formare i materiali con cui realizzare le aerostrutture, destinate alla costruzione di componentistica spaziale, provengono dalla Russia e dall’Ucraina». In un caso per via delle sanzioni adottate dai Paesi occidentali nei confronti della Russia, nell’altro per via delle difficoltà connesse con la situazione determinatasi in Ucraina, le catene di approvvigionamento da questi due Paesi, destinate anche ai distretti industriali italiani che operano in ambito aerospaziale, si sono sostanzialmente interrotte, con il rischio del conseguente blocco delle attività produttive. Tradotto, per il Copasir: «la capacità del nostro Paese di realizzare lanciatori per l’accesso allo spazio sarà messa in difficoltà: parte dei sistemi di propulsione utilizzati dai lanciatori italiani è di realizzazione ucraina e la loro fornitura è allo stato interrotta».C’è anche un secondo effetto collaterale. Se dovesse rallentare la corsa allo Spazio targata Europa a beneficiarne sarà la Cina. Non è difficile dedurlo. Basta andare a pagina 18 della medesima relazione per comprendere l’allarme in atto. Secondo il Copasir, la sospensione della collaborazione con la Russia riguarderebbe quattro importanti missioni (Galileo M10, M11, Euclid ed EarthCare) ma anche le attività sull’Iss. Senza contare le ricadute sulla cyberguerra. Tutti rallentamenti che finirebbero con il facilitare la Cina che dispone di enormi capacità di spesa e di innovazione e si muove «attraverso molteplici collaborazioni con i centri di ricerca Ue e italiani e numerose operazioni di spionaggio industriale». Senza contare l’acquisto diretto di know how tramite aziende occidentali. Il caso citato è quello di Alpi Aviation, la cui cessione è stata interrotta attraverso l’uso del golden power. Uno strumento in mano al governo che si sta rilevando efficace, anche se necessiterebbe di una ritoccatina. L’ideale sarebbe creare una struttura in grado di prevenire le attività e non solo stopparle in caso di pericolo. A volte può essere tardi. Pechino non ha interessi nella componente del business ma solo in quella tecnologica, abbastanza semplice da scippare già nelle prime settimane di coabitazione con l’azionista italiano. Vedremo se il governo leggerà con attenzione le sollecitazioni targate Copasir. Stupisce infine il passaggio sulla base di Malindi, storico pilastro della nostra ricerca, definita ora di scarso interesse. «Costi più elevati rispetto ai benefici», si legge nel documento che a onor del vero sollecita il governo a cercare nuove strategie. Più in generale la sollecitazione andrebbe rivolta anche al ministero guidato da Vittorio Colao. Dove si è preferito girare gran parte dei fondi del Pnrr relativi allo spazio direttamente all’Esa, l’ente spaziale europeo, senza porsi l’interrogativo essenziale: le nostre Pmi spaziali saranno penalizzate a favore dei grandi progetti francesi? Purtroppo la risposta è «sì».