2025-07-11
Cicciolina vuole riavere il vitalizio. E chiede 10 milioni di danni allo Stato
Prima dei tagli, l’ex pornostar, eletta in Parlamento nelle liste dei radicali, percepiva 2.400 euro al mese. I fuoriusciti dalla Camera che hanno fatto ricorso per ottenere di nuovo l’assegno sono 1.300.Data l’età è comprensibile che Ilona Staller, 73 anni di professione fu pornostar, non abbia più le generose, per dimensioni e costanza, entrate di un tempo. Sono ricordi quelli di quando era Cicciolina e Pito Pito, un serpentone, l’accompagnava in scena. Folgorata dai radicali sulla via dei diritti civili - sappia Elly Schlein che ci sono state battaglie per la libertà sessuale assai esplicite anche prima che lei nascesse -Ilona Staller, nativa di Budapest quando ancora Viktor Orban era in mente Dei, scoperta in tutti i sensi da Riccardo Schicchi: è stata la prima in Italia ad esibire il nudo integrale, venne eletta nel 1987 alla Camera dei deputati come seconda solo dietro a Marco Pannella nelle liste del Partito Radicale. Si presentò a Montecitorio svestita di veli e contornata da una coroncina di fiori. Ma quando cinque anni dopo si presentò con la sua collega Moana Pozzi nella lista del Partito dell’Amore gli italiani la rimandarono a casa. Ma ora batte cassa: «Voglio10milioni di risarcimento» e si è posta alla testa dei 1.300 ex parlamentari che pretendono il ripristino degli assegni vitalizi. Cicciolina fu l’emblema della campagna che Luigi Di Maio, oggi disperso nelle sabbie sahariane, ai tempi potente ministro dei 5 Stelle nel 2018 aveva iniziato contro i «privilegi» degli eleti. Giggino ’a gazzosa- per il suo pregresso impegno al servizio dello stadio Maradona di Napoli - aveva scelto la Staller come bersaglio nobile della campagna anti-vitalizio. Per i suoi cinque anni da onorevole radicale Cicciolina percepiva circa 2.400 euro. Oggi la Staller chiede non solo il ripristino dell’assegno, ma anche i danni con tanto d’interessi e fa causa allo Stato. La patrocina l’avvocato Luca Di Carlo che conferma la richiesta dei 10 milioni di euro che andranno in beneficenza anche se mesi fa la Staller aveva fatto presente che per lei quei 1.000 euro di vitalizio che le erano rimasti erano indispensabili per campare visto che ora si sostenta vendendo un po’ di suoi quadri e poco d’altro. Tra i 1.300 che si sono opposti alla cancellazione degli assegni c’è chi prendeva cinque volte tanto i soldi di Cicciolina perché i vitalizi erano parametrati agli anni di onorevole servizio. Il ricorso è pendente e se ne sta occupando il collegio d’appello di Montecitorio presieduto dall’onorevole di Fratelli d’Italia Yelena Lucaselli che ha per ora preso in esame le domande di 900 ex deputati a cui Roberto Fico, allora presidente della Camera ed esponente di punta dei Cinque stelle, aveva cassato i vitalizi. Nell’elenco dei ricorrenti c’è l’album di famiglia della prima e della seconda Repubblica. Ci sono alcuni come Antonio Bassolino, come Claudio Martelli, come Fabrizio Cicchitto che hanno fatto la storia della sinistra, hanno tutti oggi un’altra occupazione e un’altra pensione. Paolo Guzzanti una delle firme di punta del giornalismo nazionale - che ha in comune con Cicciolina la passione per la pittura - ha rivendicato il suo diritto ad avere il vitalizio nonostante - come gli ha fatto notare ieri mattina il nostro direttore Maurizio Belpietro nell’editoriale su La Verità - riceva una non trascurabile pensione per la sua attività di giornalista che peraltro non si esaurisce mai. Per integrare la pensione se non gli basta -gli suggerisce Belpietro - «Puoi scrivere andare in televisione. Lo hai sempre fatto e nel migliore dei modi e puoi continuare a farlo. Oltretutto come ci hanno insegnato Montanelli, Biagi e perfino Scalfari (il fu direttore di “Repubblica” dove Guzzanti ha lavorato per anni fu parlamentare del Psi per evitare l’arresto dopo la denuncia del caso Sifar ha sempre riscosso il vitalizio per quell’unica legislatura, ndr) scrivere aiuta. A mantenersi giovani.» Ma se i professionisti -dagli avvocati ai medici passando per giornalisti e ingegneri - possono continuare a svolgere anche da parlamentari il loro lavoro, i dipendenti pubblici - siano essi magistrati o professori e gli annali sono pieni di casi clamorosi di personaggi che hanno messo insieme triple pensioni, da Giuliano Amato ad Anna Finocchiaro a Giuseppe Ayala per non dire di Cirino Pomicino che cumula due assegni, di Romano Prodi che ne mette in fila tre - vanno in aspettativa senza stipendio, maturano i contributi e scatti di carriera. Insomma è vero che la Costituzione, e giustamente, prevede che chi fa il parlamentare poiché presta servizio al Paese debba ricevere durante il suo mandato uno stipendio (nel caso dei nostri appare più che adeguato, per dirla in maniera elegante) che assicuri loro anche l’indipendenza, ma quando scendono dal seggio dovrebbero tornare alla vita e allo stipendio normale. E invece no. Ecco il ricorso. Paladino del plotone dei devitalizzati è l’avvocato Maurizio Paniz, già parlamentare Pdl-Fi, patrocinatore dei ricorsi di circa 650 deputati, ma che ha già fatto e vinto la battaglia al Senato. Sostiene Paniz: «Anche i parlamentari, come tutti i politici che dedicano decine di anni all’attività pubblica hanno diritto ad avere un trattamento pensionistico: il vitalizio non è un regalo, ma solo una pensione, che matura al sessantacinquesimo anno di età e che è strettamente legata ai contributi corrisposti in vita.» La decisione del collegio di appello di Montecitorio è attesa a giorni, forse a metà della prossima settimana. Una cosa è certa a Cicciolina la richiesta di vitalizio non pare oscena, anzi spera di ritrovare, se non tutte, almeno parte delle entrate di una volta.
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)