Data l’età è comprensibile che Ilona Staller, 73 anni di professione fu pornostar, non abbia più le generose, per dimensioni e costanza, entrate di un tempo. Sono ricordi quelli di quando era Cicciolina e Pito Pito, un serpentone, l’accompagnava in scena. Folgorata dai radicali sulla via dei diritti civili - sappia Elly Schlein che ci sono state battaglie per la libertà sessuale assai esplicite anche prima che lei nascesse -Ilona Staller, nativa di Budapest quando ancora Viktor Orban era in mente Dei, scoperta in tutti i sensi da Riccardo Schicchi: è stata la prima in Italia ad esibire il nudo integrale, venne eletta nel 1987 alla Camera dei deputati come seconda solo dietro a Marco Pannella nelle liste del Partito Radicale. Si presentò a Montecitorio svestita di veli e contornata da una coroncina di fiori. Ma quando cinque anni dopo si presentò con la sua collega Moana Pozzi nella lista del Partito dell’Amore gli italiani la rimandarono a casa. Ma ora batte cassa: «Voglio10milioni di risarcimento» e si è posta alla testa dei 1.300 ex parlamentari che pretendono il ripristino degli assegni vitalizi. Cicciolina fu l’emblema della campagna che Luigi Di Maio, oggi disperso nelle sabbie sahariane, ai tempi potente ministro dei 5 Stelle nel 2018 aveva iniziato contro i «privilegi» degli eleti. Giggino ’a gazzosa- per il suo pregresso impegno al servizio dello stadio Maradona di Napoli - aveva scelto la Staller come bersaglio nobile della campagna anti-vitalizio. Per i suoi cinque anni da onorevole radicale Cicciolina percepiva circa 2.400 euro. Oggi la Staller chiede non solo il ripristino dell’assegno, ma anche i danni con tanto d’interessi e fa causa allo Stato. La patrocina l’avvocato Luca Di Carlo che conferma la richiesta dei 10 milioni di euro che andranno in beneficenza anche se mesi fa la Staller aveva fatto presente che per lei quei 1.000 euro di vitalizio che le erano rimasti erano indispensabili per campare visto che ora si sostenta vendendo un po’ di suoi quadri e poco d’altro. Tra i 1.300 che si sono opposti alla cancellazione degli assegni c’è chi prendeva cinque volte tanto i soldi di Cicciolina perché i vitalizi erano parametrati agli anni di onorevole servizio. Il ricorso è pendente e se ne sta occupando il collegio d’appello di Montecitorio presieduto dall’onorevole di Fratelli d’Italia Yelena Lucaselli che ha per ora preso in esame le domande di 900 ex deputati a cui Roberto Fico, allora presidente della Camera ed esponente di punta dei Cinque stelle, aveva cassato i vitalizi. Nell’elenco dei ricorrenti c’è l’album di famiglia della prima e della seconda Repubblica. Ci sono alcuni come Antonio Bassolino, come Claudio Martelli, come Fabrizio Cicchitto che hanno fatto la storia della sinistra, hanno tutti oggi un’altra occupazione e un’altra pensione. Paolo Guzzanti una delle firme di punta del giornalismo nazionale - che ha in comune con Cicciolina la passione per la pittura - ha rivendicato il suo diritto ad avere il vitalizio nonostante - come gli ha fatto notare ieri mattina il nostro direttore Maurizio Belpietro nell’editoriale su La Verità - riceva una non trascurabile pensione per la sua attività di giornalista che peraltro non si esaurisce mai. Per integrare la pensione se non gli basta -gli suggerisce Belpietro - «Puoi scrivere andare in televisione. Lo hai sempre fatto e nel migliore dei modi e puoi continuare a farlo. Oltretutto come ci hanno insegnato Montanelli, Biagi e perfino Scalfari (il fu direttore di “Repubblica” dove Guzzanti ha lavorato per anni fu parlamentare del Psi per evitare l’arresto dopo la denuncia del caso Sifar ha sempre riscosso il vitalizio per quell’unica legislatura, ndr) scrivere aiuta. A mantenersi giovani.» Ma se i professionisti -dagli avvocati ai medici passando per giornalisti e ingegneri - possono continuare a svolgere anche da parlamentari il loro lavoro, i dipendenti pubblici - siano essi magistrati o professori e gli annali sono pieni di casi clamorosi di personaggi che hanno messo insieme triple pensioni, da Giuliano Amato ad Anna Finocchiaro a Giuseppe Ayala per non dire di Cirino Pomicino che cumula due assegni, di Romano Prodi che ne mette in fila tre - vanno in aspettativa senza stipendio, maturano i contributi e scatti di carriera. Insomma è vero che la Costituzione, e giustamente, prevede che chi fa il parlamentare poiché presta servizio al Paese debba ricevere durante il suo mandato uno stipendio (nel caso dei nostri appare più che adeguato, per dirla in maniera elegante) che assicuri loro anche l’indipendenza, ma quando scendono dal seggio dovrebbero tornare alla vita e allo stipendio normale. E invece no. Ecco il ricorso. Paladino del plotone dei devitalizzati è l’avvocato Maurizio Paniz, già parlamentare Pdl-Fi, patrocinatore dei ricorsi di circa 650 deputati, ma che ha già fatto e vinto la battaglia al Senato. Sostiene Paniz: «Anche i parlamentari, come tutti i politici che dedicano decine di anni all’attività pubblica hanno diritto ad avere un trattamento pensionistico: il vitalizio non è un regalo, ma solo una pensione, che matura al sessantacinquesimo anno di età e che è strettamente legata ai contributi corrisposti in vita.» La decisione del collegio di appello di Montecitorio è attesa a giorni, forse a metà della prossima settimana. Una cosa è certa a Cicciolina la richiesta di vitalizio non pare oscena, anzi spera di ritrovare, se non tutte, almeno parte delle entrate di una volta.
Finirà così. Finirà che Cicciolina avrà 1.800 euro in più di vitalizio (passando dagli attuali 1.382 a 3.183 euro al mese con l'aggiunta di 37.800 euro di arretrati). Finirà che Romano Prodi tornerà a prendere, oltre alla pensione da professore e a quella da commissario europeo, anche 4.725 euro al mese di vitalizio (in effetti: gli attuali 3.860 non vi sembrano pochi come terza entrata?). Finirà che Eugenio Scalfari avrà un aumento di 2.065 euro sul vitalizio, che immaginiamo essenziale per la sua sopravvivenza. E Mario Capanna un aumento di 2.482 euro sul suo, che va ad aggiungersi, ovviamente, al secondo vitalizio, quello da ex consigliere regionale della Lombardia. Il modo, s'intende, con cui l'ex leader del Movimento studentesco continua a lottare contro i privilegi, come nella sua formidabile gioventù.
Finirà così. Anche se per il momento il ripristino dei vitalizi è effettivo soltanto per il Senato. Dal 5 ottobre, infatti, con il deposito delle motivazioni a Palazzo Madama, la decisione presa a giugno dalla Commissione contenziosa diventa moneta sonante: i senatori che il 1° gennaio 2019 si erano visti tagliare l'introito mensile guadagnato (si fa per dire) sul campo, potranno finalmente rientrare in possesso dell'agognato tesoretto nella sua interezza. La decisione (la numero 660) era stata adottata in giugno dall'organo interno del Senato, presieduto dal senatore Giacomo Caliendo. Ma solo oggi quel provvedimento si traduce in quattrini: i senatori potranno riavere, oltre al loro assegno integrale, senza più alcun taglio, anche tutti gli arretrati di questi ventuno mesi di duri sacrifici (si fa sempre per dire).
Prendiamo il senatore Marco Follini. Potrebbe resistere secondo voi con la miseria di un vitalizio da 5.330 euro al mese? Ovvio che no. E infatti da oggi ha diritto a incassarne 8.082, cioè 2.752 euro in più. Avete capito bene: da oggi per il senatore Follini scatta un aumento che equivale a cinque volte una pensione minima. E come se non bastasse, ovviamente, si aggiungono gli arretrati dal 1° gennaio 2019, cioè quasi 50.000 euro (49.534 per l'esattezza). E il senatore Giorgio Postal? Potrebbe secondo voi sopravvivere con la miseria di un vitalizio da 5.211 euro al mese? Macché. E infatti da questo momento ne prenderà 9.636 con quasi 80.000 di arretrati (79.646 per l'esattezza). E Giovanni Angelo Fontana? Poteva tirare avanti con 4.686 euro al mese di vitalizio? Non se ne parla nemmeno. E infatti ne avrà 10.009 al mese, con oltre 95.000 euro di arretrati (95.813 per l'esattezza).
Avranno un sostanzioso aumento dell'assegno mensile anche l'ex senatrice Maria Pia Garavaglia (5.051 euro in più al mese per arrivare a 9.201 euro con 90.000 euro di arretrati), l'ex senatore Francesco Enrico Speroni (2.564 euro in più al mese per arrivare a 6.590 euro con 46.138 euro di arretrati), l'ex senatore Ugo Sposetti (1.739 euro in più al mese per arrivare a 7.709 euro con 31.293 euro di arretrati), l'ex senatore Denis Verdini (1.117 euro in più al mese per arrivare a 6.217 euro con 20.100 euro di arretrati), l'ex senatore Goffredo Bettini (2.626 euro in più al mese per arrivare a 6.590 euro con 55.000 euro di arretrati) e l'ex senatore Luigi Manconi (2.193 euro in più al mese per arrivare a 4.725 euro con 46.000 euro di arretrati). Fra i pochi che non riceveranno aumenti Anna Finocchiaro, Lamberto Dini e Achille Occhetto. I loro abbondanti vitalizi (rispettivamente 10.009 euro, 6.590 euro e 10.009 euro al mese), infatti, non erano stati toccati dal taglio. Nemmeno un po'.
Ci si potrebbe chiedere che effetto potrà avere, in un Paese stremato, la notizia che vengono aumentate non le pensioni minime ma le pensioni degli ex parlamentari. Ma tant'è. Chi prende 500 euro al mese e fa la coda alla mensa dei poveri si sente dire che bisogna fare sacrifici. Invece per gli ex senatori anziché i sacrifici arrivano gli aumenti. Compreso l'aumento (1.472 euro al mese) che in questo mese di ottobre va a un ex professore universitario come Piero Craveri, che per tutta la vita ha fatto un'altra professione (con conseguente remunerazione e pensione) e in Senato ci è rimasto una sola settimana. Ebbene: per quella settimana dal 1° gennaio 2019 prendeva 1.636 euro al mese che, per lo sforzo fatto in Parlamento, mi sembrano perfino troppi. Invece no: da oggi tornano quelli che erano in origine, 3.108 euro al mese. Per una settimana di lavoro (si fa sempre per dire).
E Giuseppe Guzzetti? Avvocato, gran nume tutelare della finanza bianca, una vita passata nelle banche. Dal 1° gennaio 2019 prendeva 2.395 euro al mese, che non sono pochissimi per sette anni (dicasi sette) passati in Parlamento. Eppure da questo mese anche a lui sarà dato l'aumentino, ripristinando il vitalizio originario di 4.725 euro al mese, sempre per sette anni di lavoro (lavoro: si fa per dire). Somma che si va a aggiungere all'altro suo vitalizio (da ex presidente della Regione Lombardia) e a tutti i suoi legittimi e immaginiamo, buon per lui, ricchi emolumenti professionali.
Non si può fermare questo scempio? In teoria una possibilità c'è ancora. Se entro trenta giorni da oggi, infatti, la segreteria del Senato presenta ricorso contro la decisione della Commissione contenziosa, gli aumenti potrebbero essere sospesi. Ma il ricorso sarà presentato? Con la richiesta di sospensione? E, nel caso, la sospensione sarà concessa? A decidere sarà la Commissione contenziosa di secondo grado, un altro organo interno di Palazzo Madama, proprio come la Commissione conteziosa di primo grado che non ha avuto dubbi nell'accogliere i ricorsi degli ex senatori, eliminando i tagli. E comunque sia, a oggi, in mancanza di altre notizie, i vitalizi dei senatori tornano immacolati come in origine. Che diranno dunque i 5 stelle che, su quei tagli, avevano (giustamente) cantato vittoria? Si prospetta una clamorosa figuraccia. Anche perché, tra poco, sui ricorsi degli ex parlamentari dovrà decidere la Camera, presieduta proprio da un grillino. Dopo che i senatori hanno visto aumentare il loro assegno mensile, voi capite, la questione è delicata: si potrà tollerare una differenza tra i due rami del Parlamento? Cioè si potrà accettare che il taglio dei vitalizi resti solo per i deputati e mentre è stato cancellato per i senatori? O Montecitorio si dovrà necessariamente adeguare alle decisioni della Camera alta? Ecco perché temiamo di dover presto vedere Cicciolina e Prodi far festa. Anche se evidentemente ciò non sarà per nulla Fico.




