2020-12-10
Ciajkovskij e il lento addio nell’ultima sinfonia
Il maestro scrisse il suo capolavoro finale quasi in contemporanea con la conclusione della relazione con la sua musa Nadezda von Meck. «È sconcertante come sia intrisa di un'atmosfera da requiem», scriveva al nipote. E di lì a pochi giorni morì, forse sucida.Fra i grandi incontri della sua vita, occupò un posto primario lo scrittore Lev Tolstoj. Per Petr Ilic Ciajkovskij egli rappresenta un maestro del pensiero, un profondo conoscitore dell'animo umano. Un profeta dei tempi futuri. «È venuto in conservatorio e ha detto a Rubinstein che non se ne sarebbe andato via finché non mi avesse conosciuto. Quando ci siamo presentati, ha dato a vedere di essere lusingato e compiaciuto. Voglio arrivare a conoscervi meglio, ha detto, e voglio parlare con voi di musica. Subito dopo la prima stretta di mano, mi ha esposto le sue idee sulla musica. Secondo lui Beethoven è privo di talento. Questo è stato l'inizio. Così questo grande scrittore, questo geniale conoscitore della natura umana, ha cominciato in tono convinto a fare osservazioni fatue ed offensive per ogni musicista. Che cosa fare in questi casi? Ho cominciato a discutere. Ma si può farlo seriamente? A dire il vero avrei dovuto fargli una predica, ma io ho soltanto nascosto la mia sofferenza e ho continuato a recitare la commedia, vale a dire che ho finto di essere di buon umore».In realtà, pur difendendo la grandezza di Ludwig van Beethoven, Ciajkovskij non amava di lui le sue ultime opere che compose quando la sordità lo angosciava al punto di fargli perdere la gioia di vivere. «Provavo nei suoi confronti un sentimento di stupore misto a paura. Sebbene mi inchini profondamente davanti a lui, non c'è amore. Mozart, al contrario, suscita proprio esclusivamente un sentimento d'amore. Se Beethoven occupa un posto nel mio cuore, analogo al Dio Sabbaoth, Dio dell'Antico Testamento, amo Mozart come il Cristo della musica. Mozart fu in sostanza tanto angelico e tanto infantilmente puro, che la sua musica è piena di bellezza divina». Avendo Ciajkovskij una natura profondamente tormentata, apprezzava in Wolfang Amadeus Mozart quella serenità ed immediatezza espressiva che lo liberava da ogni angoscia o nevrosi da cui tentava di sfuggire. Una opera che impressionò profondamente Ciajkovskij e senza alcuna riserva, fu Carmen di George Bizet. Ecco la sua testimonianza in una lettera alla von Meck: «È un capolavoro nel significato più autentico della parola, ossia una di quelle singolari creazioni che riflettono le tendenze musicali di tutta un'epoca. Mi sembra che l'epoca nostra si distingua da quelle precedenti per questi caratteri: le composizioni dei nostri giorni si prefiggono effetti graziosi e, nello stesso tempo, impressioni piccanti. [...] Da una parte c'è un popolo che si diverte volgarmente alla corrida, dall'altra la spaventosa tragedia con la morte dei due protagonisti congiunti da quel malvagio destino che, dopo tante sofferenze, porta ad una fine ineluttabile. Sono convinto che fra dieci anni Carmen sarà l'opera più amata nel mondo». Un mese prima di aver scritto queste parole, venne nuovamente rappresentata al Teatro Grande di Mosca l'opera Evghenij Onieghin (la prima avvenne il 29 marzo del 1879) che tributò a Ciajkovskij un grandissimo successo tanto da essere chiamato alla ribalta innumerevoli volte. Sulla scorta dell'entusiasmo suscitato dall'opera, egli scriverà altri lavori del genere. Senza nulla togliere alla produzione operistica, è però nel campo dei balletti e delle ultime tre sinfonie che arrivano gli immortali capolavori che consacreranno Ciajkovskij fra i più grandi geni musicali della storia della musica: Il lago dei cigni, La bella addormentata, Lo schiaccianoci, la Quarta Sinfonia in fa minore, la Quinta in mi minore e la celeberrima Sesta Sinfonia in si minore denominata Patetica. È proprio durante un viaggio a Parigi che venne l'idea a Ciajkovskij di comporre una ultima sinfonia come testimonia questa lettera scritta al nipote nel febbraio 1893: «Durante il viaggio a Parigi mi venne l'idea di una nuova sinfonia sopra un programma che dovrà però rimanere misterioso per tutti, un programma così ben celato che nessuno sarà capace di scoprirlo anche dovesse rompersi il capo. [...] Al ritorno mi misi a scrivere e lavorai così intensamente che in meno di quattro giorni portai a termine il primo tempo. La forma di questa sinfonia è per molti lati insolita: per esempio il finale non sarà un fragoroso allegro ma un lento adagio. Non puoi figurarti come sia felice di constatare che non è ancora finita per me, che sono ancora capace di creare». Qualche tempo dopo egli scrisse, sempre al nipote, parole piene di amarezza dovute senza dubbio anche alla tragedia della chiusura traumatica del rapporto con la sua Musa e mecenate Nadezda von Meck: «È sconcertante come la mia ultima sinfonia, quella che ho appunto finito, sia intrisa di una atmosfera non diversa da un Requiem, particolarmente nel tempo finale». Queste parole descrivono perfettamente quanto fosse chiaro a Petr che le ultime note funeree dell'orchestra avrebbero sancito il definitivo addio alla musica ed alla sua esistenza. La versione più accreditata della sua fine fu quella del suicidio. Non è da escludersi l'ipotesi che Petr avesse deciso di porre fine alla sua esistenza bevendo volontariamente un bicchiere di acqua non bollita: egli infatti morirà di colera, esattamente come la sua amata madre.Vorrei concludere questo racconto su Ciajkovskij con una lettera in cui egli testimonia vivamente un fortissimo desiderio di riscatto e di speranza, così ben enunciato attraverso queste parole: «Oh, se gli uomini fossero cristiani, non soltanto di nome bensì nella concretezza dei fatti! Se tutti fossero compenetrati delle semplici verità della dottrina cristiana, questo, purtroppo non sarà mai perché altrimenti il regno dei cieli sarebbe vicino. Tuttavia sembra che siamo al mondo soltanto per combattere senza tregua contro i malvagi, seguire l'ideale, lottare per la verità e non mai raggiungere la meta. Ho pensieri neri. Ma come potrebbe essere altrimenti, di fronte a problemi cui la nostra debole ragione non riesce a dare risposta, problemi quali sono quelli della morte, del significato e scopo della nostra vita, problemi dell'eternità? In queste condizioni mi sento illuminare sempre più intensamente dalla luce della Fede. Sembra che quel baluardo mi difenda sempre meglio da ogni male. Comincio ad amare Iddio, ciò che finora non mi era possibile. Ho ancora molti dubbi e non smetto di fare tentativi per arrivare a comprendere l'impenetrabile con i mezzi della mia debole ragione. Tuttavia la voce della verità divina si fa sentire sempre più forte. Che indescrivibile consolazione inchinarsi alla saggezza di Dio! Spesso mi rivolgo a lui, fra lagrime (non so dove Egli è, so solo che esiste), e Lo prego di concedermi la Sua grazia, di perdonarmi, di illuminarmi. Una volta suonerà l'ora in cui tutti i problemi insolubili, tutti i misteri della nostra vita saranno svelati e noi comprenderemo perché Dio ci ha voluti provare. Voglio credere nella vita futura. Se ci arrivassi, mi potrei allora dire felice, se mai felicità sia possibile in questa terra».