Il 26 gennaio del 1945, nelle ultime fasi del più terribile evento bellico mai verificatosi nella storia dell'uomo, avviene un fatto molto significativo: nasce infatti una delle più straordinarie interpreti della storia della musica, Jacqueline du Pré, violoncellista sublime e sono convinto che qualunque strumento avesse suonato sarebbe stata grande.
E la scelta fu addirittura frutto di un caso. Vivendo in una famiglia di musicisti, le due bambine Jacqueline e la sorella Hillary studiavano pianoforte. Ascoltando alla radio un programma intitolato Children's Hour, udì il suono del violoncello e chiese subito alla madre di comprargliene uno. Aveva quattro anni! Pur ricevendo in dono un tre quarti, quindi di dimensioni ridotte, ella iniziò subito a studiare con enorme profitto, tanto da arrivare, in pochissimo tempo, a ricevere lezioni dal sommo Pablo Casals, e dai grandi Paul Tortelier e Mstislav Rostropovič. Il fatto che questi numi del violoncello l'avessero accolta con così grande ammirazione, conferma perfettamente di quanto fosse enorme il talento di cui era dotata. Una interprete di cui i tesori delle registrazioni pervenuteci saranno testimonianza d'ascolto eterna.
La carriera inizia subito e la porterà a girare il mondo con grandi direttori e musicisti. Mi preme aprire una parentesi per descrivere l'ambientazione musicale ed il periodo in cui Jacqueline ebbe modo di esprimere al meglio la sua arte: la Londra degli anni Sessanta. Sembrerebbe riduttivo non parlare di tutti i luoghi e le sedi concertistiche da lei frequentate e soffermarmi invece sulla capitale inglese. Credo, in realtà, sia doveroso annotare che in quei luoghi e in quegli anni, ci fu una altissima qualità di esecuzioni, di interpreti, di direttori, di solisti e particolare non meno importante, di sale da concerto e ingegneri del suono di primissimo livello. La combinazione volle che in quei tesori ereditati dagli anni Cinquanta, attraverso prestigiose orchestre come Philharmonia, London Symphony, e direttori come Karajan, Cantelli, Barbirolli ed altri, Jacqueline potette immergersi con il suo smisurato talento, in una fantastica «situazione» musicale senza pari. Pensiamo ad eventi straordinari come la registrazione del Concerto per violoncello e orchestra di Edward Elgar con la Bbc Symphony e Sir John Barbirolli sul podio. Fu infatti per merito di questa sublime interpretazione che il concerto poté entrare definitivamente nel repertorio, in quanto la prima esecuzione con lo stesso Elgar a dirigerla, per scarsità di prove a disposizione non ebbe il successo sperato.
A Londra trovò il suo regno come in una favola incredibile. Nel 1960, vinse la medaglia d'oro della Guildhall School of Music a Londra ed il premio della Regina per i musicisti inglesi. Fu nominata Ufficiale dell'Impero Britannico nel 1976.
Io stesso fui testimone della meravigliosa atmosfera musicale che si viveva a Londra, anche se qualche anno dopo quel periodo. Non dimenticherò mai la gioia di registrare i principali lavori per violino di Beethoven, Brahms, Čajkovskij, Mendelssohn, con grandi direttori fra cui Wolfgang Sawallisch, George Prêtre, Kurt Sanderling e lo stesso Barbirolli.
Il suono e l'acustica delle sale, la serietà dei componenti le orchestre, la bravura degli ingegneri del suono, costituirono per me una esperienza felice di cui porterò sempre un significativo ricordo.
Jacqueline era un astro, una presenza sovrannaturale nel nostro mondo materiale. Riusciva a captare l'attenzione di ogni musicista e la concentrazione dei professori d'orchestra, la cui voglia di suonare sopra le prestazioni abituali, era enorme.
Come spiegare ai lettori che questa grande artista non avrebbe più potuto alzare il coperchio della custodia del suo amato violoncello per quanta fatica le facesse. La terribile malattia, la sclerosi multipla, si fece avanti ad essa come l'evento più funesto e crudele possibile. Era una donna dolcissima, paziente, umile, senza arie o il seppur minimo fanatismo. Associava qualità umane e artistiche in pari misura. Quanta enorme ingiustizia arrivò a troncare a soli 42 anni una vita che avrebbe dato alla musica doni infinitamente preziosi!
Ebbi la fortuna di suonare con lei nell'ambito di un concerto privato in un castello inglese. Suonavamo un trio di Johannes Brahms per violino, violoncello e pianoforte. Ho ancora nella mente il suo fraseggio nell'adagio, talmente straordinario che nel momento in cui dovevo ripetere la stessa frase dopo di lei, pregavo, in cuor mio, di non rovinare l'incanto che essa aveva appena creato. Possedeva il fascino della sincerità, della spontaneità e della gentilezza, in un insieme di qualità che facevano di lei una persona unica.
Come in altri articoli sugli interpreti, vorrei segnalarvi un video pubblicato su YouTube dove interpreta il Concerto per violoncello e orchestra di Antonin Dvořák con la London Symphony diretta da Daniel Baremboim nella Royal Albert Hall. È impossibile descrivere la grandezza della sua interpretazione che reputo uno dei più preziosi documenti sonori della storia della musica. In questa opera, Jacqueline du Pré sembra quasi avere un presentimento del destino tragico a cui sarebbe andata incontro. Sembra, in alcuni momenti, una lotta disperata per la sopravvivenza che si alterna ad altri di grande serenità e di pace estatica. Dopo una esecuzione del genere non si può che rimanere profondamente scossi, per la grandezza del capolavoro del compositore ceco. Questa esecuzione forma una unità di intenti dove solista, direttore e orchestra si fondono in una dimensione difficilmente raggiungibile. Fortunatamente possiamo ascoltare questa meravigliosa esperienza sonora grazie alla tecnologia. Ho scritto questo articolo con l'auspicio che i tanti lettori possano commuoversi nell'ascolto e capire la grandezza della musica attraverso l'interpretazione di Jacqueline du Prè.
i più giovani. Per questo sono profondamente convinto che, per tornare alla vita, servano occasioni di rinascita che aiutino a guardare al futuro con rinnovato entusiasmo e, finalmente, con speranza. Da sempre - e l'ho scritto anche su questo giornale - credo che l'educazione musicale in Italia sia stata troppo trascurata, e abbia causato la perdita di un patrimonio culturale fondamentale per la nostra nazione. È da questa convinzione - e dal desiderio di creare nuovi stimoli dopo la depressione portata dal Covid - che nasce un'iniziativa di cui desidero parlare ai lettori.
Si tratta, appunto, di un progetto per l'educazione musicale pensato proprio per offrire sostegno ai giovani talenti e che ha per titolo «Uto Ughi per i giovani». Il progetto, dedicato a ragazzi e ragazze, parte dalle realtà della provincia piemontese per raggiungere altre regioni d'Italia. In questo percorso la presenza virtuosa di imprenditori illuminati come i responsabili della fondazione Ferrero e in particolare la sua presidente, Maria Franca Ferrero, che offre l'indispensabile apporto affinché una «visione» si trasformi in realtà tracciando una strada perché altri la possano seguire. Il festival sarà nazionale con partenza dal Piemonte e tappe previste in tutta Italia negli anni successivi. Dopo il successo de «La Santità Sconosciuta» nella provincia cuneese - evento curato da Ivan e Natascia Chiarlo di cui sono stato ospite per molte edizioni, e che ho sostenuto per la sua capacità di portare interpreti di altissimo livello artistico facendo incontrare, in varie forme, musica e spiritualità - vorrei, mantenendo la sua identità, ampliare l'originario progetto anche in altre parti d'Italia.
In un momento in cui le nuove generazioni stanno subendo un grave impoverimento formativo e culturale a causa della pandemia, con la prestigiosa collaborazione della fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero e l'associazione culturale «Arturo Toscanini» di Savigliano (Cn), ho elaborato un programma ricco di interpreti affermati e giovani talenti, per far vivere al pubblico le emozioni della grande musica.
Il festival, si presenta con particolarità culturali ed artistiche uniche e originali e soprattutto per la volontà di diffondere il piacere della musica classica tra le fasce più giovani della popolazione.
Con questa finalità, sono in programma incontri con i giovani di tutte le scuole di ogni ordine e grado per trasmettere alle nuove generazioni l'amore, la sensibilità verso la musica e, in generale, verso la cultura mediante conversazioni aperte tra i ragazzi e gli interpreti coinvolti. Questo tipo di divulgazione ha il merito di catturare l'attenzione dei ragazzi, trasmettendo loro messaggi positivi da applicare alla quotidianità. Attraverso una programmazione di concerti, la musica sarà spiegata in modo semplice e diretto, sollecitando un'attiva partecipazione da parte del pubblico. Ho inoltre il desiderio che in ogni edizione ci sia una masterclass per giovani talenti. Credo fermamente che il dovere dei musicisti sia di trasmettere il proprio sapere e, oggi più che mai, sostenere i giovani che hanno qualità e voglia di apprendere. Sono stato molto colpito da quello che è accaduto e per questo il nostro impegno deve essere più sostenuto. L'arte è un bene prezioso e spirituale a cui tutti devono poter accedere. Mi ha sempre toccato profondamente il meraviglioso lavoro compiuto dal maestro Antonio Abreu in Venezuela per il riscatto sociale dei giovani attraverso la musica e non di meno il metodo Suzuki in Giappone e la Scuola dei prodigi del conservatorio di Mosca. Inoltre ritengo che i musicisti di riconosciuta fama debbano compiere lo sforzo di uscire dalla loro torre d'avorio, adoperandosi concretamente per la sostenibilità e la rinascita culturale musicale del nostro Paese. Il festival parte dalla città di Alba nel cuneese, per toccare altre città piemontesi e italiane.
Per concludere, ricomincio da dove sono partito. Dobbiamo constatare che questo virus ha inferto un colpo molto grave alla cultura. Come i teatri, le sale da concerto sono state a lungo chiuse. A differenza dell'atteggiamento talvolta mostrato nei confronti degli assembramenti da shopping compulsivo (per tacere della mancanza di una vera organizzazione preventiva relativamente ai trasporti di milioni di studenti nelle scuole e di tante altre manchevolezze), sembra che per un lungo periodo si sia voluta invece utilizzare la massima severità nei confronti della cultura. Il danno è stato ed è ancora enorme. La domanda che mi pongo è se questa pandemia stia creando una sensibilità nuova, perché, da quello che sembra, prevalgono, sempre di più, interessi egoistici di parte che soffocano ed impediscono di ricostruire il futuro in uno spirito di concordia e volontà di rinascita collettiva.
Spero con tutto il cuore che questa nuova iniziativa di cui mi faccio promotore aiuti almeno in parte a cambiare rotta.
Fritz Kreisler nacque a Vienna nel 1875 e morì a New York nel 1962. Fu un grandissimo interprete e soprattutto compositore di musiche per violino che eseguiva con grande espressività e virtuosismo senza pari. Aveva un'impressionante collezione di violini fra cui Bergonzi, Gagliano, Grancino e, soprattutto, diversi Guarneri e Stradivari. Kreisler rappresenta un mondo a parte nella storia del violino, perché oltre ad essere stato un sommo interprete, era un genio della composizione.
A mio avviso, nessun violinista del secolo scorso ha saputo abbinare le qualità di interprete con la genialità delle sue composizioni. Operò nel momento più fecondo del periodo d'oro della capitale austriaca, così meravigliosamente descritto dal grande scrittore austriaco Stefan Zweig. I suoi pezzi brevi come Liebesfreud oppure Liebesleid, Schön Rosmarin, rappresentano tutto un mondo elegante e raffinato della civiltà culturale del periodo austro-ungarico. Riusciva a trasformare in musica il tipico umorismo viennese definibile con la parola «Witz». Nel suono di Kreisler si combinavano bellezza e raffinata naturalezza del fraseggio.
Il Concerto di Beethoven da lui interpretato rivela momenti di sublime spiritualità, soprattutto nel secondo tempo dove il violino si trasforma in una voce angelica. Il terzo tempo, in forma di Rondò, diviene danza gioiosa dove violino e orchestra si fondono in una luminosità ed esuberanza senza pari. Per nostra fortuna, egli lasciò un grande numero di incisioni che testimoniano la versatilità e nobiltà d'animo di questo impareggiabile artista e vero grande rappresentante della Welt von Gestern: Il mondo di ieri, come Zweig definisce quell'epoca. Consiglio di ascoltarlo su Youtube digitando «Kreisler: 2 hours of perfection - 38 short pieces». Più di due ore di musica con il meglio del suo repertorio.
L'impressione che David Ojstrach mi diede, ancora prima di suonare entrando in scena, fu la sua autorità che si imponeva su tutti. Non traspariva mai in lui alcuna traccia di fatica. È ancora vivo in me il ricordo della magia del suo suono che riempiva il teatro, caldo, pieno e coinvolgente. Il suo Cajkovskij rappresenta una delle più alte vette interpretative mai ascoltate. Con lo spirito russo che aveva dentro di sé, trasformava quest'opera in un evento memorabile, dove l'anima slava si librava in tutta la sua malinconia e struggimento. L'ultimo tempo era come una cavalcata di cosacchi intercalato da momenti di tenerezza e di effusione.
Voglio aggiungere soltanto un breve cenno sui suoi violini preferiti e un aneddoto che ci introdurrà alla descrizione di una grande violinista. Per ricordare ancora quanto sia stata importante la nostra liuteria italiana, Ojstrach amava gli Stradivari: ne possedeva ben otto! Lo Youssoupov (1736), l'Ammiraglio Kayserinov (1699), il Sergeï Shakovsky (1707), l'ex Poliakin (1712), il Malakov (1713), l'Urss (1717), personale, il Conte de Fontana (1702), personale, il Marsick (1705), personale. Dopo aver vinto diversi prestigiosi concorsi internazionali, al concorso Wieniawski a Varsavia nel 1935 egli arrivò secondo dietro alla bambina prodigio Ginette Neveu, di 16 anni; Ojstrach accettò serenamente il verdetto e mostrò grande ammirazione per la vincitrice, come si legge in una lettera mandata alla moglie.
Ginette Neveu, con Gioconda De Vito, Johanna Martzy e Pina Carmirelli, è stata una fra le migliori violiniste del 900. Ebbe lezioni da George Enescu e studiò con Carl Flesch per quattro anni. Nel 1935 vinse il concorso Wieniawski a Varsavia (secondo premio a Ojstrach), di cui già abbiamo scritto. La sua prestigiosa carriera si spezzò tragicamente nella notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1949 nell'arcipelago delle Azzorre.
Incredibile coincidenza vuole che sette anni dopo perdevamo il nostro più grande direttore d'orchestra italiano dopo Toscanini, ovvero Guido Cantelli, in un incidente aereo: era, anche lì, una notte di ottobre e l'aereo partì, come nel caso della Neveu, da Parigi. Di lei esiste una incisione del concerto di Brahms che ritengo una delle più belle testimonianze di questa artista. Così come la Sonata di Richard Strauss, Il poema di Chausson e la Tzigane di Ravel.
Della Johanna Martzy segnalo una bellissima interpretazione del Concerto di Dvorak e la Ciaccona di Bach. Gioconda De Vito fu invece impareggiabile interprete del Concerto di Mendelssohn. Pina Carmirelli ebbi l'occasione di ascoltarla dal vivo a Vienna in una splendida esecuzione del Concerto di Brahms.
Voglio, infine, chiudere questo articolo con una figura di somma importanza nel panorama musicale del Novecento: Yehudi Menuhin. Albert Einstein, dopo averlo sentito, appena quindicenne, rimase talmente folgorato da esclamare: ora mi rendo conto che Dio esiste!
Menuhin è stato un caso unico nella storia del violino, per la precocità e maturità apparsa sin dalla sua infanzia. Se vogliamo risalire ai compositori potremmo fare un paragone con la geniale precocità di Mozart. Ho avuto modo di conoscere da vicino questo grande interprete che ha lasciato un solco profondo nella mia formazione. Fu allievo prediletto di George Enescu, da cui trasse profonda ispirazione. Ricordo che durante le lezioni che mi impartì a Parigi, mi parlava spesso di Menuhin: era una cosa unica! Consiglio l'ascolto del Concerto per violino di Edward Elgar, diretto dall'autore, con Menuhin sedicenne.
Ho voluto portare diversi esempi di grandi artisti non viventi, che, attraverso il testamento sonoro delle loro interpretazioni, devono rimanere testimoni spirituali di una epoca purtroppo dimenticata da tanti. Per fortuna, attraverso le registrazioni che ci sono pervenute, possiamo averli presenti con noi nelle nostre case e questo rende ancora più preziosa l'invenzione del disco ed oggi di Internet.
A proposito di registrazioni, per quanto riguarda le Sonate di Beethoven e di Brahms è opportuno ascoltare Isaac Stern, mentre le più belle Sonate di Mozart sono state registrate da Arthur Grumiaux, e ne consiglio vivamente l'ascolto. Così come quello dei dischi meravigliosi di Zino Francescatti. Grumiaux e Francescatti sono altri due grandissimi artisti che hanno molto ispirato il mio cammino (posseggo un violino che fu di Grumiaux).
Ognuno dei grandi interpreti che ho citato ha qualcosa di personale e irripetibile da trasmettere, non si possono certamente fare graduatorie perché ognuno di loro esprime un mondo ricchissimo di emozioni e di ispirazione. Andare ai loro concerti era arricchimento spirituale e non possiamo essere che profondamente grati a tutti loro per averci donato momenti di felicità totale.





