2018-12-24
Ci sono 15 miliardi a disposizione, ma i terremotati restano terremotati
In Centro Italia solo 360 milioni per la ricostruzione, di cui 260 nelle Marche che hanno la gran parte dei danni. In questa regione su 3.450 progetti ne sono stati autorizzati 1.200, il 36%.. Troppe le gare, gli uffici sono sotto organico. E c'è paura di sbagliare.Una pioggia di miliardi, provvedimenti legislativi a go-go, annunci roboanti e promesse occhi negli occhi. Ma alla fine questa montagna dispendiosissima non ha partorito altro che un minuscolo topolino. Dopo due anni e mezzo dal terremoto che ha colpito il Centro Italia, al suo terzo gelido Natale la situazione è bloccata. L'aspetto più grottesco? Che i soldi per la ricostruzione ci sono. Tanti. Tantissimi. 15 miliardi. Perfino l'Unione europea ha impegnato 1,2 miliardi del Fondo di solidarietà, una cifra che non ha precedenti. Okay, ne servirebbero molti di più (la Protezione civile infatti ha stimato danni per circa 22 miliardi) ma intanto usare quelli poteva essere una buona idea. E invece…. Dov'è finito questo denaro? Semplicemente non è stato speso. Se ne rimane in attesa che i progetti per riparare case o edifici pubblici, scuole e monumenti, siano approvati e si possano avviare i cantieri. Ancora, dopo due anni e mezzo.Per la ricostruzione privata la legge di Bilancio 2017 ha stanziato 13 miliardi. Ne sono stati impegnati circa 360 milioni, di cui 260 nelle Marche che hanno la gran parte dei danni. In questa regione su 3.450 progetti ne sono stati autorizzati 1.200, il 36%. Stiamo parlando dei danni lievi che sono più facili da affrontare. Per i danni gravi, sempre nelle Marche, su 736 progetti presentati, hanno avuto il via libera 77 (11%). Complessivamente sono stati ultimati i lavori per 270 edifici. Per le attività produttive sono state autorizzate il 30% delle delocalizzazioni ed erogati fondi a 210 attività. Complessivamente ci sono 1.700 cantieri e i lavori si sono chiusi in 470. I funzionari negli uffici della ricostruzione spiegano che le Ordinanze sono entrate a regime a giugno 2017, dopo numerosi cambiamenti mentre i sopralluoghi sono terminati a fine 2017.Non va meglio per la ricostruzione del patrimonio pubblico, che per il triennio 2017-2019 ha a disposizione 1,9 miliardi di euro. Sono state spese poche decine di milioni. Le Marche, che hanno il plafond più pesante pari a 986 milioni per 783 interventi, hanno impegnato appena 36milioni di euro (il 4%). Solo 146 progetti hanno avuto il via libera.In ritardo cronico il piano straordinario di ricostruzione delle scuole. Sono più di cento gli istituti da riedificare in modo totale o parziale o da adeguare sismicamente. Finora solo per la primaria di Fabriano sono stati ultimati i lavori.Poi ci sono i fondi che vengono dagli Sms solidali, circa 35 milioni. Le Marche, che ovviamente hanno ricevuto la fetta più importante, 21,5 milioni, hanno impegnato solo 2 milioni che sono serviti anche per opere contestate, quali una grotta sudatoria ed elisuperfici, oltre ad altri interventi.Quindi i soldi ci sono, ma come spiega il responsabile dell'Ufficio ricostruzione delle Marche, Cesare Spuri, «con la normativa attuale finire un'opera in due anni è da guinness dei primati. Progettazione, individuazione della ditta, affidamento dei lavori, incarichi vari, ogni passaggio richiede una gara. Impossibile chiudere un cantiere prima di 3-5 anni». Alle lentezze legislative si sommano le difficoltà degli uffici sotto organico, strizzati da anni di spending review selvaggia. Dulcis in fondo c'è la pignoleria di chi istruisce le pratiche, ossessionato dalla paura di commettere qualche irregolarità e finire un domani in un'inchiesta per danno erariale.Alessandro Morani ha un negozio di telefonia a Visso. Racconta che «il terremoto ha danneggiato il locale in modo lieve come hanno certificato le verifiche. Pensavo che la ristrutturazione sarebbe stata facile e veloce. Invece da quando ho presentato il progetto, cioè dal marzo scorso, ho avuto l'autorizzazione solo pochi giorni fa e i lavori cominceranno dopo l'Epifania». Morani sottolinea che «l'Ufficio ricostruzione di Macerata ha poco personale. In sette devono esaminare le pratiche che arrivano da 63 Comuni».Le amministrazioni sono nel caos. Il sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci, ha denunciato di non aver più soldi in cassa e quindi di non essere in grado di pagare stipendi e tredicesime ai dipendenti assunti a tempo determinato dopo il terremoto. Accuse anche dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti che ha lamentato «il blocco dei trasferimenti per la rimozione delle macerie e della gara per la progettazione dell'ospedale di Amatrice, malgrado parere positivo dell'Anac e dopo aver acquisito tutti i pareri di idoneità».Alle lentezze si sommano le conseguenze della cattiva gestione dell'emergenza. Le casette, arrivate dopo una lunga attesa e con costi moltiplicati (fino a 5.000 euro al mq: quanto una villa) ora sono quasi da buttare. I muri si stanno infradiciando e coprendo di muffa e si teme per i tetti appesantiti dalla neve perché privi di pendenza. Ma questi prefabbricati che avrebbero dovuto servire solo per l'emergenza (non a caso sono chiamate Sae, Soluzioni abitative di emergenza) sono l'unica possibilità per restare a vivere vicino alla casa distrutta, in attesa della ricostruzione. Sono 7.962 le persone che abitano nelle 1.800 Sae. Altri 37.755 sfollati sono andati in affitto e ricevono il contributo statale (il Cas) che va da 200 a 800 euro in base alla composizione del nucleo familiare mentre 1.686 sono negli alberghi sulla costa marchigiana.Le denunce degli abitanti sul cattivo stato delle casette sono rimbalzate pure sulla stampa estera. In una intervista al programma Le Iene, un operaio ha spiegato a Roberta Rei che per fare in fretta, «si montavano i pannelli anche bagnati, perché non c'era un posto per lo stoccaggio dei materiali, e quindi venivano lasciati sotto la pioggia e la neve».«Viviamo in baracche, altro che casette» afferma Roberta Paoloni, 55anni, che dopo un anno trascorso in un albergo a San Benedetto del Tronto è riuscita ad avere un prefabbricato e a tornare ad Accumoli. «Pensavo di aver terminato il calvario ma ero solo all'inizio. Qui dentro filtra l'aria gelida dell'esterno. Il portone d'ingresso è simile a quelli usati per gli interni. Ci sono spifferi ovunque. Ora con queste nevicate temiamo che i tetti non reggano. Invece di farli spioventi come sarebbe logico in un posto di montagna, sono piatti».A Visso, Giorgio Calabrò, 59 anni, proprietario di una nota macelleria nella zona, dopo due mesi nella casetta, è stato costretto a tornare nel camper, perché c'era l'umidità. «Appena sono entrato ho sentito puzza di umido». In attesa delle verifiche e di nuovi interventi per risolvere il problema, ha dovuto rifare le valige e tornare nel camper. «Ora la situazione è risolta» dice ma riferisce che in tanti continuano a lamentarsi per cose che non vanno.A Villa Sant'Antonio, frazione di Visso, è addirittura crollato un soffitto perché marcio. «Il problema dell'umidità nelle casette per gli errori nel montaggio è emerso in numerose casette anche a Muccia, Norcia e Cascia oltre che a Visso» afferma Francesco Pastorella, coordinatore dei Comitati del terremoto.Giorni fa ad Ussita e Accumoli, un lungo blackout, causato dalle forti nevicate, ha gettato nel panico i pochi residenti alloggiati nei prefabbricati. All'improvviso si sono trovati al buio e con i riscaldamenti spenti per ore. A Visso, Ussita e Castelsantangelo in alcuni giorni è mancata l'acqua calda. Il sindaco di Ussita, Vincenzo Marini Marini spiega che in attesa dei lavori per migliorare la vecchia rete elettrica, aveva chiesto due gruppi elettrogeni. «Li volevo per essere pronto in caso di danneggiamenti delle linee elettriche per il maltempo. Ho atteso a lungo poi ho pensato di utilizzare due vecchi gruppi elettrogeni. Ma richiedevano la manutenzione. Altra attesa finché ha cominciato a nevicare e come prevedevo, le linee non hanno retto».L'interruzione dell'elettricità è stato un dramma per chi vive ancora nei container come l'allevatrice Silvia Bonomi. «I Mapre, ossia Moduli abitativi provvisori rurali, sono stati costruiti per l'emergenza non per viverci a lungo e non sono adatti per la montagna. Con il black out la temperatura è scesa immediatamente, si gelava».L'installazione delle casette nasconde altre irregolarità. Sempre secondo quanto denunciato dal programma Le Iene, la Procura di Macerata sta indagando sulle condizioni dei lavoratori. Uno di loro ha rivelato a Roberta Rei situazioni di pagamenti in nero. È in corso un'indagine anche su presunti tentativi di riciclaggio. Gli operai hanno raccontato alla Rei di aver visto girare cifre altissime che nulla c'entravano con gli straordinari.La lentezza della ricostruzione sta danneggiando l'economia a cominciare da settori importanti come il turismo. Ussita prima del sisma era una stazione sciistica di richiamo. Il sindaco Marini Marini spiega di aver presentato da giugno il progetto per rimettere in funzione almeno i due impianti meno danneggiati. «La trafila per le autorizzazioni è lunga. Spero di riuscire ad aprirli per la prossima estate. Altrimenti sarà un'altra estate difficile».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)