2025-10-13
Centri sociali ancora in guerra. «Sarà un autunno caldissimo»
Gli antagonisti di Askatasuna, alla faccia dei risultati diplomatici del governo, fanno una vera e propria chiamata alle armi per scatenare nuovi disordini: «Dobbiamo potenziare le spinte mobilitative».In Palestina si cerca faticosamente la pace, ma gli antagonisti sono già pronti a riprendere la guerriglia in piazza. Il che dimostra, fra le altre cose, quanto siano realmente interessati alla sorte del martoriato popolo di Gaza: poco o niente. Lo hanno chiarito sabato a Torino gli attivisti che parlavano al microfono durante l’ultima manifestazione organizzata in città. «La Palestina ha bisogno di noi più che mai», hanno detto. «Chi si è mosso in sostegno di Gaza deve continuare a scendere in piazza e a bloccare le strade. Perché, se abbiamo raggiunto questo, possiamo raggiungere anche l’obiettivo che ci diciamo dall’inizio: una Palestina libera dal fiume fino al mare, demilitarizzata e libera dall’occupazione illegale di Israele». Il messaggio è piuttosto chiaro: il punto non è la fine del massacro e nemmeno la pace.In ogni caso, la sfilata di sabato è stata pacifica, a differenza di altre viste in precedenza. E non è un caso: erano presenti per lo più esponenti delle comunità musulmane e comuni cittadini e c’erano meno attivisti del centro sociale Askatasuna. Anzi, la manifestazione aveva anche, e forse, soprattutto lo scopo di portare solidarietà ai 13 antagonisti che si sono guadagnati misure cautelari (tra cui obbligo di dimora e presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria) venerdì scorso.E qui sta l’aspetto suggestivo della faccenda. Per consegnare i provvedimenti, gli agenti si sono presentati in corso Regina Margherita a Torino, ovvero nella sede occupata di Askatasuna. Il fatto è che lì dentro non dovrebbe esserci nessuno: dopo anni di permanenza abusiva (con contorno di simpatiche attività illegali), il centro sociale avrebbe dovuto essere svuotato e lo stabile reso alla cittadinanza. Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo del Pd, si era impegnato in tal senso e aveva ventilato l’ipotesi che nell’edificio fosse posta la sede del progetto Bene Comune, promosso dalle istituzioni cittadine. Ma, a quanto pare, il centro sociale è ancora nella disponibilità degli attivisti.«Gli uffici tecnici del Comune di Torino si sono assunti la responsabilità anche nel procedimento davanti al Tar e al Consiglio di Stato di escludere che i locali di Askatasuna continuino a essere occupati abusivamente», ha detto venerdì l’assessore regionale di Fdi, Maurizio Marrone. «Alla luce di quanto apprendiamo, riteniamo doveroso fare un esposto penale in Procura perché, mentre a Palazzo civico qualcuno sta chiudendo gli occhi, le strade di Torino continuano a bruciare».Ma la vicenda non finisce qui. Perché non solo gli antagonisti stanno ancora dove non dovrebbero, ma si dedicano pure a organizzare attività vagamente discutibili. Come ha notato il quotidiano Torinocronaca, ieri nel centro sociale è stata imbastita una simpatica «riunione aperta» il cui slogan era: «Diamoci strumenti per continuare a lottare!». Sui social, tramite la sigla studentesca Ksa, gli antagonisti hanno diffuso un comunicato eloquente: «Sono state tre settimane intense di mobilitazione e lotte nelle scuole. Chiunque nella nostra città si è trovato a interagire con una lotta, un picchetto, un blocco, un corteo, un’occupazione, qualsiasi altro mezzo di lotta. Ora come ora comprendere fino in fondo le lotte che hanno costituito questo movimento ci deve far capire cosa si è sedimentato, cosa rimane sottoterra pronto ad esplodere nel momento del bisogno». Già: chissà che cosa sarà mai pronto a esplodere alla bisogna...«Le dinamiche dei movimenti sociali sono complesse e sempre in evoluzioni e, come diceva qualcuno, si imparano praticando», continuano gli attivisti. «Comprendiamo che spesso ci si trova impreparati pure durante momenti di grande unione tra le scuole e le persone, in quanto l’isolamento imposto dalla scuola e dalla società costruisce delle barriere che solo grazie alla lotta abbiamo iniziato a rompere. Costruire dei mezzi di socializzazione di massa delle istanze spontanee portate avanti da studenti e studentesse può essere un punto di partenza... sicuramente non basta!».Certo: non tutti sono abituati agli scontri di piazza e alla guerriglia. Dunque meglio istruire i simpatizzanti. Ecco allora l’incontro organizzato «per costruirci gli strumenti, per analizzare ciò che si muove con noi e attorno a noi, per potenziare le spinte mobilitative inedite di queste settimane, in vista di un autunno che si prospetta caldissimo».Più chiaro di così non si potrebbe dirlo. A questi personaggi non frega nulla della pace o delle causa palestinese. Non vogliono il cessate il fuoco, ma continuano a vagheggiare l’assurda idea di una Palestina senza ebrei. E nel frattempo, per tagliare la testa al torto, si preparano a un autunno che sperano sia caldissimo. Del resto, Gaza o non Gaza, una ragione per spaccare tutto non avranno difficoltà a inventarsela.
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Eugenia Roccella (Getty Images)