Il crollo dei fedeli a messa certificato dall’Istat: in 20 anni, nonostante i riti più «moderni», si è dimezzata la percentuale di italiani entrati in un luogo di culto almeno una volta a settimana. Al contrario, cresce l’appeal delle realtà tradizionaliste, in Europa e Usa.La Chiesa si sta sforzando di essere sempre «più aperta» eppure, anziché riempirsi, le chiese continuano a svuotarsi: come e forse perfino più di prima. Lo certificano i dati dell’Istat, secondo i quali il 2022 è stato l’anno record, in negativo, per le presenze a messa: appena il 18,8% degli italiani vi si è recato almeno una volta la settimana. Un dato che colpisce, se si pensa che 20 anni fa la medesima percentuale ammontava al 36,4%, mentre invece oggi meno di un italiano su cinque mette piede in chiesa. Sono viceversa ben più numerosi - il 31% - quelli che in tutti i 12 mesi dell’anno non sono mai entrati in un luogo di culto, se non per un evento particolare, come un matrimonio o un funerale: una percentuale nel 2001 era invece del 16%.«A dispetto di una grande popolarità di papa Francesco», ha notato Iacopo Scaramuzzi su Repubblica, l’Italia dunque è sempre più secolarizzata. A determinare un’accelerazione nell’abbandono della pratica religiosa è stata l’esperienza pandemica, con le chiese chiuse per molte settimane. La flessione dei praticanti è stata infatti progressiva negli anni, ma lo scalino maggiore si è registrato tra il 2019 e il 2020, in concomitanza con la pandemia appunto, quando le messe hanno perso il 4% dei loro abituali frequentatori. Tale calo, riscontrato anche nei matrimoni - già nel 2018 i civili avevano superato i religiosi -, c’è pure nei battesimi. Basti vedere cosa succede nella diocesi di Milano, fra le più grandi al mondo, dove questi riti sono calati dai circa 38.000 annui che erano negli anni Duemila agli attuali 20.000, facendo segnare una riduzione non spiegabile con il solo fattore denatalità.Protagonisti indiscussi dell’abbandono della messa sono loro, i giovani. Se infatti si osserva un calo della pratica religiosa un po’ in tutte le fasce di età, quelle che ne sono maggiormente interessate sono risultate essere quelle dei giovani adulti (18-24 anni) e degli adolescenti (14-17). Per la precisione, se complessivamente la pratica religiosa è diminuita negli ultimi 20 anni del 50%, per le prime classi di età il calo risulta dei due terzi. Un dato, quest’ultimo, che al pari degli altri non può non suscitare degli interrogativi. Anche perché la situazione con ogni probabilità è oggi perfino più drastica di quella rilevata dall’Istat, che considera non solo i cattolici ma tutti i frequentanti un luogo di culto. Quindi il citato 19% scarso di fedeli che vanno a messa tutte le domenica è una sovrastima di un dato ancora più ridotto. Quanto più ridotto? Secondo un’indagine pubblicata a luglio dal mensile Il Timone, in collaborazione con l’istituto Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, sul totale della popolazione italiana i cattolici che vanno a messa tutte le domeniche sarebbero il 13,8%. Quale che sia la percentuale esatta, non si può tuttavia che continuare ponendosi un altro interrogativo: come mai la secolarizzazione, non solo in Europa ma perfino in Italia, continua a dilagare? Per rispondere a questa domanda, bisogna anzitutto intendersi non solo sui numeri, ma pure sulla storia. Che ci dice che non è stato tra gli anni ‘60 o ‘70 del secolo scorso, bensì tra il 1935 e il 1940, come ha scoperto Laurence R. Iannaccone, docente alla Chapman University, che molti europei hanno iniziato a disertare la messa.Certo, poi la rivoluzione del ‘68 e dei costumi ci ha messo del suo, ma sbaglierebbe chi pensasse che l’abbandono della pratica religiosa risalga a questi ultimi decenni. Ciò che tuttavia colpisce è spesso l’incapacità, da parte cattolica, di comprendere le ragioni che stanno alla base del fenomeno. Si è infatti a lungo pensato - e si continua pure oggi a ritenere - che, se specie i giovani disertano la messa, sia per eccessiva rigidità dottrinale e per liturgie troppo anacronistiche; di qui messe sempre più «creative» ma, ecco il punto, vuote come e più di prima. Anche perché non pare affatto essere la dottrina il motivo per cui le chiese si svuotano.Nella citata indagine del Timone, quando si è andati ad interpellare quanti hanno smesso di andare in chiesa sulle ragioni che li hanno spinti in tale direzione, si è scoperto come parecchi lo abbiano fatto «per pigrizia» (20,3%), perché delusi «da uno o più sacerdoti» (19,3%) e «a causa degli scandali della pedofilia nella Chiesa» (14,4%) o per «mancanza di tempo» (9%); e molti meno lo abbiano fatto per una vera «perdita della fede» (8,5%) o perché «la morale cattolica è troppo rigida» (6,8%).Forse sarebbe quindi il caso, se si vuol fermare l’emorragia di fedeli in atto, di smettere di preoccuparsi di apparire «al passo coi tempi»; tanto più che, nel frattempo, le realtà più tradizionaliste non solo non perdono fedeli, ma ne guadagnano e lo stesso dicasi per i seminari, che vedono giovani sacerdoti molto meno progressisti di quanto si potrebbe immaginare. Senza scomodare la Fraternità sacerdotale San Pio X, fondata da mons. Marcel Lefebvre, basta vedere cosa accade negli Usa dove, grazie ai dati esaminati dal sociologo Mark Regnerus, sappiamo che i sacerdoti sono ora meno aperti sull’aborto o sull’omosessualità di quanto non fossero quelli di alcuni anni fa.In Europa vediamo invece, specie nei Paesi nordici, come le chiese protestanti allineate all’agenda liberal sui diritti Lgbt, e non solo, perdano fedeli in continuazione e siano pressoché desertificate. Al contrario, le realtà conservatrici danno inattesi segnali di crescita. Di sicuro è così per il cattolicesimo, i cui fedeli sono aumentati sia in Svezia - negli anni Cinquanta erano 5.000, oggi sono 110.000 -, sia in Norvegia, dove solo dal 2015 al 2019 quelli registrati sono balzati da 96.000 a oltre 160.000, crescita spiegabile solo in parte con l’immigrazione di battezzati da Polonia e Lituania. Ecco che allora, per fermare l’emorragia di fedeli in atto anche in Italia, non servono meno dottrina e meno liturgia: semmai il contrario. Aveva ragione il cardinale Giacomo Biffi, che diceva: «Non dobbiamo sforzarci di essere moderni, ma eterni».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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Sommati, fanno 700.000 l’anno, un guadagno paragonabile a quello dei giocatori di Serie A e paurosamente vicino alle cifre ottenute da crimini come spaccio, prostituzione e tratta di esseri umani. Indagine a Venezia: 23 provvedimenti cautelari.
Ogni tanto una buona notizia: prime borseggiatrici finalmente in cella. Venti donne e tre uomini, tutti senza fissa dimora. Dopo due anni di inchieste, per la prima volta, si è superato quel continuo entra ed esci dalla galera che aveva caratterizzato questo tipo di figure, beccate di continuo in flagranza e arrestate per poi essere scarcerate poco dopo.
Ecco #DimmiLaVerità del 12 novembre 2025. Il nostro esperto di economia Tobia De Stefano spiega il paradosso dei tassi di interesse che scendono ma il costo dei mutui sale.
2025-11-11
Atp Finals, Musetti si rialza e infiamma Torino: battuto De Minaur ed è ancora in corsa per le semifinali
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Lorenzo Musetti (Ansa)
Alla Inalpi Arena il carrarino conquista la sua prima vittoria alle Atp Finals superando in tre set Alex De Minaur dopo quasi tre ore di battaglia. «La più emozionante della mia carriera». Ora la qualificazione passa dal match con Alcaraz.
Non è stata una partita, ma una prova di resistenza. Lorenzo Musetti ha battuto Alex De Minaur nella seconda gara delle Atp Finals di Torino al termine di quasi tre ore di gioco, imponendosi 7-5, 3-6, 7-5. Un successo che lo mantiene in corsa per la semifinale e, soprattutto, segna un passo in avanti nella sua maturazione sportiva.






