2023-12-31
«Chi cerca di capire l’Amazzonia scopre solo qualcosa di sé stesso»
Daniele Petruccioli (Getty Images)
Lo scrittore Daniele Petruccioli: «Un europeo che si immerge in un ambiente così diverso vedrà cadere uno a uno i suoi pregiudizi e le sue certezze. A quel punto però si accorgerà che il suo più grande alleato è la fantasia».Negli anni Novanta e nella prima decade del nuovo secolo Daniele Petruccioli (Roma, 1970) lavora in teatro e in tv. Laureatosi in lingua e traduzione a Viterbo, inizia a collaborare con varie case editrici come traduttore dal portoghese, dal francese e dall’inglese; ben presto comincia a scrivere articoli e saggi sul tradurre. Insegna traduzione dal portoghese e teoria della traduzione presso l’università di Roma Unint. Ha pubblicato due romanzi: La casa delle madri (TerraRossa, 2020) e Si vede che non era destino (TerraRossa, 2023). Di fresca stampa: In Amazzonia (Perrone Editore).Si dice che per capire un quadro di Paul Cèzanne sia necessario meditarci di fronte almeno un numero di ore equivalente a quelle che il pittore ha impiegato a realizzarlo. Dunque noi, per capire un bosco, dovremmo minimamente trascorrere la nostra intera vita per capirlo, figuriamoci nelle profondità e nella complessità dell’Amazzonia. Che cosa dunque può aver colto un europeo, per quanto colto, vagando nelle sue geografie?«Un europeo - tanto più se si fa accecare dalla propria cultura - non può aver capito assolutamente niente. Ma già imparare che non ci si capisce niente mi sembra un buon inizio. Quel che possiamo provare a capire andando in posti lontani e diversi - soprattutto immergendosi in un ambiente completamente estraneo al nostro (io sono nato e cresciuto in città) - è, forse, più che altro, qualcosa di noi stessi».Nel volume ci racconta vari aspetti della cultura amazzonica. Partendo dal viaggio che fece anni fa con la sua compagna, Flora, a seconda dei luoghi visitati prende spunto per citare autori che hanno scritto di questo continente a parte. Mário de Andrade e Milton Hatoum sono due angeli custode che vi accompagnano. Che cosa possono ancora dirci questi autori della vera, odierna civiltà che abita l’Amazzonia? «Intanto possono insegnarci a immergervisi e a rispettarla. Anche Mário, che è vissuto 100 anni fa, parla moltissimo di come niente, in un ecosistema e in una società variegata e anche conflittuale come quella amazzonica, sia come ce lo saremmo aspettato. Milton Hatoum, poi, racconta la cementificazione selvaggia avvenuta tra la seconda metà degli anni Sessanta e la fine del secolo (in realtà mai terminata davvero) e può aiutarci a capire il dramma della siccità di questi ultimi anni - per esempio, è notizia delle ultime settimane, il drammatico abbassamento del livello del Rio Negro e come questo condizioni la vita di chi abita sulle sue sponde, a Ovest di Manaus».A un certo punto lei scrive: «Niente da fare. Le cose che credevi più reali si rivelano di carta, e quelle che credevi più di carta alla fine sono le più vere». Che cosa intende?«Che i pregiudizi sulla realtà più radicati in noi sono appunto pregiudizi, frasi fatte: cartaccia; mentre l’uso dell’immaginazione per uscire da sé (quel che credevamo fossero fantasie di scrittori: “cose di carta”) a volte riflette la realtà più di quanto non sembri».Al termine del libro si legge: «Il declino dell’Amazzonia forse non vuol finire anche perché continuiamo a insistere nello sfruttare le enormi ricchezze della foresta, come se fosse uno scacchiere, anzi una fabbrica. Una fabbrica fordista». Noi in Europa le foreste primarie le abbiamo azzerate tutte, nemmeno in Polonia esistono più, nonostante una certa retorica favolistica. Non è forse il destino dell’umanità quella di esaurire le risorse esistenti? Avviene così da 4.000 anni, almeno, come potrebbe davvero cambiare? Cosa dovrebbe accadere?«È vero, se pensiamo che tutta l’Italia, fino al Neolitico, era un’unica enorme foresta, e nonostante oggi mi pare che siamo secondi in Europa per estensione boschiva, non c’è dubbio che l’uomo sia un consumatore di risorse e un estintore di specie (questo già dall’epoca in cui eravamo cacciatori-raccoglitori), lo dice molto bene lo storico Yuval Harari nel suo Sapiens. Da animali a dèi (tradotto da Giuseppe Bernardi per Bompiani). Io però sono pure d’accordo con la sua conclusione tutto sommato ottimistica, secondo la quale l’umanità ha in sé anche la capacità immaginifica di liberarsi dal proprio destino di distruzione per immaginare una migliore integrazione della nostra specie negli ecosistemi della Terra. Uno scatto di fantasia, un’altra “cosa di carta” che spero diventi più reale delle nostre attuali paure».Ultimamente l’Amazzonia, la natura in termini più generali, è diventato uno dei temi trainanti dell’editoria. Ad esempio sono uscite le belle poesie di Marcia Theophilo per Mondadori e di Juan Carlos Galeano per Del Vecchi, saggi come L’Amazzonia interiore di Caminati, Amazzonia di Emanuela Evangelista, un altro Amazzonia di Eliane Brum, le riflessioni di sciamani, ecologisti, ricercatori, entomologi e svariate guide per viaggiatori. Senza parlare di documentari e film. Che cosa aggiunge il suo ricco libro a tutta questa visione che oggi esiste di quel mondo?«Non ho ancora letto la traduzione di Silvia Valisa di Galeano, né quella di Vincenzo Barca e Giacomo Falconi della Brum, tutte uscite quest’anno, ma ciascuno di questi autori e autrici, così come Márcia Theóphilo, sono voci tutt’altro che nuove, ben note e importantissime, che vanno ad aggiungersi agli altri grandi autori e autrici che hanno trattato e cantato quell’enorme ecosistema (anzi, meglio: quel coacervo di ecosistemi) che chiamiamo Amazzonia. Il mio libro ne aggiunge altri due (Mário de Andrade e Milton Hatoum), più qualcun altro di passaggio (alla fine del libro ci sono sezioni su cose “da leggere”, “da ascoltare”, “da vedere”). Da traduttore, ho molto ben presente la ricchezza di poter contare su molte voci e molti punti di vista. Il quadro ne risulta arricchito. È un’altra delle cose che ho imparato da una terra molteplice e variegata come l’Amazzonia».
Romano Prodi e Mario Draghi (Ansa)
Chicco Testa (Imagoeconomica)