2019-12-24
Che errore definire «eretico» il capitalismo
Bergoglio sembra dar retta a chi vuol inserire nel magistero la condanna del migliore sistema economico mai ideato finora. I privati che creano ricchezza sono sotto accusa morale e alcuni teologi sognano un superstato che ridistribuisca le risorse.In attesa trepidante del convegno Economy of Francesco di Assisi 2020, incuriosito dalla presenza chiave di noti «esperti» e dopo le conclusioni del Sinodo amazzonico, mi sento un po' a disagio con lo spirito e l'intento di entrambi gli eventi. Non capisco infatti il continuo attacco diretto e indiretto al modello capitalistico da parte della «autorità morale», apparentemente alleata in questo intento proprio ad ambienti «diversamente capitalistici», che sono corresponsabili dell'origine della crisi stessa. Il disagio diventa preoccupazione perché questo attacco è portato proprio in una fase complessa della crisi economica, che manifestamente non si vuole risolvere, ma solo trasformare, anche utilizzando utopie economiche. E le utopie economiche mi spaventano se sono sposate dalla autorità morale. Questa alleanza politico-morale fornisce a chi combatte da sempre il capitalismo più motivi per farlo odiare, e questo aumenta la preoccupazione. Se queste utopie economiche venissero incorporate, in qualche modo, nel magistero della Chiesa, non solo potrebbero generare rischi di interpretazione «eretica» del comportamento economico, ma potrebbero accendere la miccia di un vero «confronto e conflitto» con culture fondate su altre fedi religiose, che invece continuano a considerare il capitalismo (nonostante tutto) la miglior forma di governo dell'economia. Se ciò avvenisse, si creerebbe una curiosa contraddizione tra la dichiarata rivoluzione modernizzatrice progressista della Chiesa e la censura del capitalismo che ha creato il progresso stesso. Ma a cui si imputa di averlo fatto attraverso lo sfruttamento e si nega di aver distribuito sufficientemente la ricchezza creata. Sono da tempo perplesso osservando che la nostra Chiesa sembra occuparsi di temi economici (quali povertà, migrazioni, ambiente), dimostrando di non conoscerne le vere cause, e accettando acriticamente quanto suggerito dai famosi «esperti», nemici storici della religione cattolica. Che l'autorità morale non abbia ancora inteso che ci sono le negazioni di leggi naturali all'origine della crisi economica , mi sorprende. Che l'autorità morale non abbia ancora riconosciuto le utopie economiche specifiche che le vengono proposte per esser utilizzate e tradotte in legge morale (mettendole nel magistero), mi sorprende. Son perciò troppo sorpreso per non sentire la necessità di difendere il capitalismo, le cui origini sono cattoliche, che ora rischia di essere ancora deformato, più da una nuova teologia che da eresie passate. L'uomo ha umanizzato nei secoli l'economia, ha dato senso al lavoro e ha perfezionato il Creato, grazie al senso soprannaturale della vita umana. Nei secoli è sempre stato più chiaro che la povertà non è (solo) un problema legato alle risorse economiche disponibili o legato a scelte politiche utopistiche, ma è soprattutto un problema di carattere morale. La creazione di ricchezza è fatta di talenti esercitati, di virtù praticate secondo senso della vita e capacità intellettuale. È il genio dell'uomo, acceso dalla scintilla divina, l'origine della creazione della ricchezza. La creazione di ricchezza e l'invenzione di strumenti economici è frutto della mente umana orientata ad un fine, perché lo strumento economico è solo un mezzo. È il «fine» che lo fa diventare miracoloso. Qualcuno infatti ha anche detto che il capitalismo, e la ricchezza, è come l'acqua di Lourdes, sarà piena di germi e bacilli, ma fa miracoli... La mente umana, orientata a un fine, sa creare ricchezza, ma non per caso, non perché si trova il famoso «petrolio nel campo di casa», non perché il clima è mite e concilia meglio la produzione di idee... È questa ricchezza, prima creata da chi sa farlo, che può esser distribuita e diventa indispensabile per ridimensionare la povertà. La povertà e la diseguaglianza, che sono state fino a ieri utilizzate per motivi ideologici, oggi sembrano esserlo per motivi teologici, essendo indicate come origine dei mali sociali. Non è più il peccato, che genera avidità, egoismo, indifferenza al prossimo, l' origine di gran parte della miseria materiale, ma il contrario. Ci siamo già dimenticati che la parte peggiore di Giuda si è manifestata quando dice a Gesù che l'unguento usato dalla donna per onorarlo «si poteva vendere e dare il ricavato ai poveri?». Oggi è sotto accusa morale il privato che crea ricchezza, mentre direttamente e indirettamente viene il sospetto che che si stia auspicando il ruolo dello Stato verso il privato. Si pensi al concetto di bene comune globale e alla ridistribuzione globale imposta della ricchezza o al controllo climatico globale. Chi se non un superstato potrà farlo? Questa nuova teologia non sembra orientata alla conversione del cuore dell'uomo, pertanto permetterà sempre più che all'uomo «sfuggano di mano gli strumenti», destinati a prendere «autonomia morale», perché sottratti alla responsabilità dell'uomo di dare loro un senso, legato al senso della vita. Questa nuova teologia sembra anche aver sposato non solo l'avversione alla «diseguaglianza economica», ma anche l'idea di nuovo bene comune globale superiore a quello particolare (come è possibile?). Non solo non guarirà la povertà materiale , ma creerà una nuova e peggiore povertà, quella spirituale. Senza ricchezza spirituale non si risolverà mai il problema della povertà e diseguaglianza nella distribuzione dei beni, perché questa si ottiene, oltre alle tasse, anche con generosità e altruismo. Ma anche conoscendo l'economia, come si può infatti creare ricchezza nel mondo di oggi se non grazie a consumi diffusi, che vogliono potere di acquisto e perciò ricchezza distribuita? È curioso che si sia dimenticato che la natura dell'uomo pretende che lui «lavori la terra» per provvedere ai suoi bisogni, non che la mantenga nella sua condizione originale. Se nel farlo compie abusi, si colpisca l'abuso, non si cambino le leggi (della Creazione). La saggezza della Chiesa ha finora sempre permesso di identificare una utopia (marxismo, malthusianesimo...) quando rischiava di diventare eresia o una eresia (protestante...) quando poteva generare utopie economiche. E questa saggezza ha permesso di capire che entrambe, utopie ed eresie, possono distruggere l'ordine sociale e disumanizzare l'economia. Ecco l'origine responsabile della mia preoccupazione.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)