2025-05-03
Droga, armi, violenze. I centri per minori sono covi di criminali
Una foto d'archivio del centro di prima accoglienza di Lampedusa (Ansa)
Altro che integrazione: gli ospiti stranieri si dedicano a spaccio, stupri e risse. Le cooperative intascano i soldi e fanno spallucce.Qualcuno vuole intervenire? Che cosa stiamo aspettando? Quello che sta succedendo nei centri per minori stranieri è intollerabile: caos, armi, coltelli, delinquenza, spaccio a cielo aperto, risse, ragazzi che escono indisturbati per andare commettere crimini, salvo poi rientrare, come se nulla fosse, per bivaccare impuniti a carico dei contribuenti italiani.I soldi che il nostro Stato spende (fino a 120 euro al giorno per ogni minore: significa 3.600 euro al mese) dovrebbero servire per educare questi ragazzi e inserirli nella società. Invece, evidentemente servono solo a rimpinguare le casse delle cooperative che gestiscono i centri. E che ben si guardano dal fermare crimini e violenza dei giovani ospiti. Nel migliore dei casi non se ne accorgono. Nel peggiore, chiudono gli occhi per poter continuare a incassare. A Bologna, per esempio, c’è un centro che si chiama Casa Merlani, gestito dalla cooperativa Ceis e finanziato dal Comune. Ebbene: i ragazzi sono stati filmati mentre spacciavano tranquillamente droga all’interno della comunità. «L’educatore non dice nulla?», gli hanno chiesto. «No». «Nessuno controlla?». «Nessuno». Uno degli educatori si è giustificato: «È normale». Ma come no? È normale portare droga all’interno del centro. E spacciarla. Questi ragazzi entrano e escono dal centro indisturbati, e fanno quello che vogliono. Così sono diventati i boss del locale mercato della droga. Li conoscono tutti. Se vuoi rifornirti vai da loro. Quando resta un po’ di tempo libero, poi, si dedicano a risse, aggressioni e lanci di sassi per la gioia di chi abita in zona. Nell’altro centro per minori di Bologna, Villa Angeli, la situazione non è diversa: un blitz della polizia ha scoperto, all’interno, coltelli e droga. E i residenti del quartiere lamentano rapine, minacce, incendi e vandalismi di ogni genere. Vale la pena sottolineare che per garantire ai ragazzi stranieri questa bella vita crimine&delinquenza i contribuenti italiani versano quasi 70 euro al giorno per ognuno di loro, 2.100 euro al mese. Soldi ben spesi?A Udine la polizia ha trovato 50 armi tra coltelli, lame e mazze, in due centri per minori. Una delle due strutture è gestita dalla cooperativa Hanna House (2,5 milioni di fatturato all’anno), l’altra dalla Fondazione casa dell’Immacolata, di proprietà della curia diocesana. La casa dell’Immacolata ha, oltre che un nome puro, anche un bellissimo statuto in cui si propone di «accogliere, educare, assistere e inserire nella società, i giovani che presentano problemi». Meraviglioso, no? Però basta andare fuori dal portone della comunità per vedere ragazzi che scavalcano tranquillamente il cancello per andare a spacciare e a delinquere nelle strade del centro. Perché nessuno interviene? Perché nessuno si premura di «assistere» e «educare» questi ragazzi, così come previsto dal bellissimo statuto? Forse perché per ognuno di quei ragazzi la Fondazione della curia incassa 120 euro al giorno (ripeto: 120), che significano 3.600 euro al mese? Ci sono pensionati che vivono con 500 euro al mese. Possibile che dobbiamo spenderne 3.600, cioè oltre sette volte tanto, per mantenere un minore straniero? E soprattutto: è possibile che, spendendo 3.600 euro al mese noi finiamo per foraggiare la libera delinquenza? Lo spaccio indisturbato? La collezione di armi nelle camerate della comunità? Pensate l’assurdità della situazione: il pensionato che vive con 500 euro al mese paga le tasse per finanziare quei centri. Non avrebbe diritto, almeno, di poter uscire di casa tranquillo? Senza incappare in una rissa di giovani stranieri ben pasciuti (a spese nostre) e lasciati liberi di commettere crimini in città? Sempre ammesso che poi siano davvero minori. A Modena, per esempio, negli ultimi tre anni sono stati controllati 56 ospiti delle comunità per minori stranieri. Ebbene: 39 su 56, cioè il 70 per cento, non erano affatto minori. Perché nessuno controlla? Cassano Valcuvia è un paesino di poco meno di 600 abitanti, in provincia di Varese. Qui, nell’ex convento dei frati carmelitani, è stato aperto un centro per minori gestito dalla Cooperativa San Martino. I ragazzi sono noti in paese per salire sugli autobus e scatenare risse con autisti e passeggeri, oltre che per postare foto, dall’interno della comunità, in cui impugnano pistole e coltelli. Possibile che nessuno intervenga? Possibile che in un centro così piccolo il sindaco, che finanzia la comunità con soldi pubblici, non abbia nulla da dire? Ah sì, una cosa l’ha detta: «Non facciamo allarmismi». Proprio così: non facciamo allarmismi. È il ritornello che si sente da Varese a Bologna, da Udine a qualsiasi altra zona d’Italia dove le comunità per minori, finanziate con denaro pubblico, diffondono violenza e delinquenza. «Non facciamo allarmismi». Non speculiamo. Non strumentalizziamo. Se possiamo, teniamo tutto nascosto. Così il business può continuare senza disturbi. E la violenza pure. Ma a pagare il prezzo del business e della violenza sono i cittadini perbene. Lo ha detto, senza mezzi termini, la procuratrice per minori di Firenze, Roberta Pieri, qualche settimana fa. Nel capoluogo toscano, a settembre, era scoppiata la polemica per una comunità per minori gestiti da una cooperativa un po’ improvvisata, la Kairos, passata dall’organizzazione di corsi yoga e cenoni di Capodanno alla gestione dei giovani immigrati. Risultato? Il solito copione: ragazzi fuori controllo, liberi di uscire, di spacciare, di delinquere, residenti della zona spaventati e dipendenti della medesima cooperativa indignati. «I centri di accoglienza per i ragazzi non sono adeguati», ha detto la procuratrice Pieri. «Chi è portato a delinquere non viene fermato. E la criminalità aumenta». Anche lei fa allarmismo? Anche lei specula? Anche lei strumentalizza? O forse dice soltanto la verità?Anche alcuni dei minori egiziani che un anno e mezzo fa a Catania hanno stuprato una tredicenne sotto gli occhi del suo fidanzatino erano ospiti di una di queste comunità. Ovviamente nessuno degli «educatori» si era accorto di nulla. E allora, qualcuno prima o poi si renderà conto che la procuratrice di Firenze ha ragione? Che quello dei centri minori stranieri, altro che allarmismo, è un vero e proprio allarme? Un’emergenza? Un problema enorme? Un buco nero di soldi e violenza? Qualcuno, prima o poi (meglio prima), vuole intervenire? O dobbiamo accettare che sia «normale» trasformare i centri per minori in luoghi di spaccio, violenza e delinquenza? E a spese nostre, per di più?(ha collaborato Antonio Di Francesco)
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)