L’esperto danese Bjorn Lomborg, pur non essendo un negazionista, dati alla mano demolisce gli allarmismi sul pianeta in fiamme e gli eventi meteo estremi. Avanzando un sospetto: martellarci con messaggi spaventosi serve a imporci misure che ci impoveriranno.
L’esperto danese Bjorn Lomborg, pur non essendo un negazionista, dati alla mano demolisce gli allarmismi sul pianeta in fiamme e gli eventi meteo estremi. Avanzando un sospetto: martellarci con messaggi spaventosi serve a imporci misure che ci impoveriranno.Bjorn Lomborg è un ambientalista scettico: non nega che sia in atto un cambiamento climatico e nemmeno che l’uomo abbia qualche responsabilità nel riscaldamento globale, ma è convinto che le catastrofi prefigurate da giornali e tv siano in gran parte esagerazioni. Da anni si occupa di questi temi e ha scritto anche diversi libri che hanno scosso la comunità scientifica. Alcuni lo hanno attaccato, altri lo hanno difeso. Certo, per chi è disposto a credere che il mondo stia andando a fuoco e che ci siano pochi anni di tempo per salvarlo, dopo di che l’intera umanità si estinguerà, le sue tesi e i dati che porta scrivendone con molta semplicità sono un bel problema, perché smontano la narrazione dell’emergenza. Due giorni fa Lomborg, che ha diretto l’istituto di valutazione ambientale del governo danese, ha scritto un articolo sul Wall Street Journal dove numeri alla mano ha demolito l’apocalisse climatica. Prendendo spunto da un’inchiesta del New York Times sulle devastazioni causate dagli incendi scoppiati in numerosi angoli del pianeta, Lomborg ha voluto appurare se davvero il mondo rischiasse di finire al rogo a causa del surriscaldamento. Beh, la risposta è no. Le cartoline dall’inferno raccontate da alcuni giornali sono soltanto una suggestione. Come fa Lomborg a esserne sicuro? Si è semplicemente andato a leggere i rapporti del Global wildfire information system, che monitora gli incendi registrati in tutto il mondo. Il risultato lo ha riportato nel suo articolo: è vero che in America sono andate perdute importanti aree, ma gran parte del resto del globo ha visto andare in fumo meno boschi degli anni precedenti. A livello globale, ha spiegato sulle pagine della Bibbia finanziaria americana, i rapporti dell’istituto hanno mostrato che tra il 2012 e il 2022 le aree bruciate si sono ridotte, con conseguenti livelli più bassi di inquinamento da fumo nell’aria. Infatti, mentre i giornali lanciavano allarmi per gli incendi in Australia, con titoli tipo Apocalipse now, i dati satellitari mostravano che le fiamme hanno divorato una porzione di territorio in due Stati, negli altri la situazione era in controtendenza rispetto ai periodi precedenti. Scrive Lomborg: il World wildlife fund ha messo l’accento sui moltissimi animali morti tra le fiamme in Australia, senza però dire che quell’anno si è registrato il minimo storico di vittime rispetto agli anni precedenti. Insomma, il mondo non sta andando a fuoco e pensare che per ridurre gli incendi l’unica soluzione consista nell’accelerare le politiche climatiche è, secondo l’ambientalista scettico, imbarazzante perché - ne abbiamo avuto prova anche di recente in Italia - la maggior parte dei roghi è dovuta alla cattiva gestione del territorio. Lo scorso anno, spiega Lomborg, in America ci sono stati meno incendi di quanti ce ne fossero negli anni Trenta e probabilmente solo un decimo di quelli registrati nel XX secolo.Lo stesso discorso, secondo il contestatore degli allarmi sul clima può essere esteso agli uragani, il cui numero dal 1980 a oggi ha registrato una leggera cifra al ribasso. E le stesse considerazioni si potrebbero fare per alcune specie fino a ieri date in estinzione, come gli orsi polari, che invece di sparire, nell’ultimo mezzo secolo sono più popolosi che mai. Perché dunque tanto allarmismo se i dati dicono qualche cosa che non fa certo pensare a un’emergenza? Lomborg non ha dubbi: siccome la maggior parte degli abitanti della Terra non è disposta a sostenere le costosissime politiche climatiche proposte da attivisti e politici verdi, bisogna convincere le persone ad adeguarsi ai cambiamenti usando la paura. «I titoli surriscaldati sull’Armageddon climatico sono un tentativo di spaventarci per sostenere comunque le misure che si vogliono imporre». Vi sembra che la sua visione sia eccessiva, in quanto presuppone l’esistenza di un Grande vecchio che ispira una campagna per indurci a fare qualche cosa che non intendiamo realizzare a causa dei costi eccessivi? Beh, io non credo ai complotti e neppure alla teoria del Grande vecchio che ispira ogni cosa, il terrorismo, come la pandemia o l’emergenza climatica. Però è pur vero che il mondo, così come è popolato da grandi fessi che si bevono ogni frottola, è animato da tanti piccoli vecchi che si ritengono superiori alla massa e vogliono costringere le persone ad adeguarsi alle loro direttive. Non so a voi, ma a me è venuta in mente l’intervista di pochi giorni fa a Giuliano Amato, un uomo per tutte le stagioni. Che cosa confidava l’ex premier ed ex tutto, sulla scena politica da cinquant’anni? Che bisognava costringere gli italiani, anzi gli europei, ad accettare le direttive dell’Europa in materia di transizione ambientale, pena l’estinzione del pianeta. Ecco chi ispira e perché i titoli dei giornali e dei tg.
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Dal 2000 le quotazioni fondiarie valgono oltre il 20% in meno, depurate dall’inflazione. Pac più magra, Green deal e frontiere aperte hanno fatto sparire 1,2 milioni di aziende.
Bill Emmott (Ansa)
Giannini su «Rep» favoleggia di un mondo parallelo di complotti neri, mentre sulla «Stampa» Emmott minimizza il video manipolato di The Donald. Quando giova ai loro obiettivi, indulgono su bavagli e odio.
S’avanza la Cosa Nera. Un orrore primordiale simile all’It evocato da Stephen King, entità oscura che stringe la città di Derry nelle sue maligne grinfie. Allo stesso modo agiscono le «tenebre della destra mondiale» descritte ieri su Repubblica da Massimo Giannini, che si è preso una vacanza dal giornalismo per dedicarsi alla narrativa horror. E ci è riuscito molto bene, sceneggiando una nuova serie televisiva: dopo Stranger Things ecco Populist Things. Una narrazione ambientata in un mondo parallelo e totalmente immaginario in cui «populisti e estremisti deridono le istituzioni democratiche, avvelenano i nostri dibattiti, traggono profitto dalla paura». Un universo alternativo e contorto in cui «gli autocrati possono spacciare le loro verità alternative a community scientemente addestrate a un analfabetismo funzionale coerente con lo spirito del tempo».
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».






