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2022-05-31
Catastrofe giovani: tentati suicidi su dell’82%
iStock
Cominciano ad affiorare con la forza dei grandi numeri i danni delle restrizioni imposte dall’emergenza Covid. Sono nove milioni i bambini e gli adolescenti italiani con disordini emotivi dovuti allo stress da pandemia e, per la prima volta dal 2006, crescono pure i fumatori. Rispetto al 2019 sono aumentati dell’84% gli accessi ai servizi di neuropsichiatria degli ospedali, dell’82% i tentativi di suicidio, fino al 200% l’ideazione suicidaria, raddoppiati i casi di anoressia. I dati sono stati diffusi in questi giorni durante il convegno congiunto degli esperti di Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) e di Sinpf (Società di neuropsicofarmacologia).
Come rilevano le due società scientifiche, durante la pandemia i minori «hanno sperimentato cambiamenti sostanziali nei propri ambienti di vita, nelle routine quotidiane e nelle reti relazionali, educative e sociali che normalmente favoriscono la promozione della salute e la resilienza agli eventi traumatici».
Mentre si è visto un calo del 48% degli accessi agli ospedali per altri disturbi, soprattutto per paura del contagio da Covid-19, nei servizi di neuropsichiatria, sia territoriali che ospedalieri, si sono presentati l’84% di bambini e adolescenti in più. Dall’inizio della pandemia, inoltre, sono quintuplicate le richieste quotidiane di visite urgenti per psicopatologia grave. Come se non bastasse, uno studio ancora in corso dà una misura del livello del disagio solo rapportando il numero di accessi al pronto soccorso per motivi psichiatrici: 3.000 nel 2021, rispetto ai 2.191 nel 2019. Colpisce in modo particolare scoprire che 839 di questi giovanissimi siano arrivati l’anno scorso all’ospedale per problemi di autolesionismo e ideazione/comportamento suicidario, tanto che gli esperti stimano, come detto, un aumento dei tentativi di suicidio dell’82% e dell’ideazione suicidaria sino al 200%.
Certo, il disagio mentale infantile e in età evolutiva non è una novità in neuropsichiatria. Già prima del Covid il 14-20% dei bambini e adolescenti soffriva di uno o più disturbi psichici. La pandemia, i lockdown, la Dad e probabilmente anche le mascherine hanno peggiorato una situazione che «se non si affronta adeguatamente, per disinformazione, tabù o vergogna», avvertono gli esperti, «diventerà uno stigma sociale e culturale difficile da abbattere». Per scongiurare questo tsunami di malattia psichiatrica nelle giovani generazioni, gli neuropsichiatri invocano un «atto di forza» dove i 10 milioni di bonus psicologo annunciati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, su Facebook, sono solo un inizio e nemmeno tanto promettente, visto che a mancare sono proprio gli esperti.
«La pandemia non solo ha aumentato i casi di disagio psico-emotivo nei giovani ma ha anche raddoppiato gli accessi di pazienti presso centri e ospedali specializza», dice Alessandro Zuddas, vicepresidente Sinpia e professore di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza all’Università di Cagliari. «In mancanza di un adeguato supporto sociale o sanitario», aggiunge, «dall’insegnante o da altri adulti di riferimento extra-familiare (ad esempio l’allenatore sportivo) e la drammatica diminuzione dell’interazione diretta con amici e compagni, sono esplosi in manifestazioni serie e con esse anche la prescrizione di farmaci». Secondo Zuddas, da quest’ultimo aspetto sono emerse diverse criticità come, «ad esempio, le scelte prescrittive incongrue, orientate a antidepressivi o antipsicotici efficaci e sicuri negli adulti, molto meno nei bambini e ragazzi», tanto che servirebbe quindi «(in)formazione fra la classe medica e la popolazione, genitori e ragazzi». Concorda anche lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente Sinpf osservando che «solamente la metà di questi disturbi vengano appropriatamente diagnosticati e che di questi solo un quinto può venir preso in carico dai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza». Chiede di «implementare strutture e ambulatori, dotarli di maggiori risorse umane affinché possano offrire servizi più efficaci e efficienti per dare aiuto concreto a famiglie e ragazzi, estendendo l’azione di sensibilizzazione anche alle autorità territoriali e istituzioni competenti», anche Matteo Balestrieri, Co-presidente Sinpf e professore di Psichiatria all’Università di Udine.
All’orizzonte però non si vede nulla di concreto, al di là delle dichiarazioni spot del ministero, mentre l’Istituto superiore di sanità (Iss) registra, in Italia, a causa dello stress da pandemia, circa 800.000 fumatori in più rispetto al 2019 e il triplo dei consumatori di sigarette a tabacco riscaldato. È il primo incremento significativo dal 2006 e riguarda entrambi i sessi. Quasi un italiano su quattro (24,2% della popolazione) è un fumatore, cioè il 2% in più rispetto al 2019. Fuma sigarette a tabacco riscaldato il 3,3% degli italiani nel 2022 rispetto all’ 1,1% del 2019. Più di una persona su tre (36,6%) le considera meno dannose di quelle tradizionali. «Il dato di quest’anno», dice Roberta Pacifici, responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss, «ci conferma come la pandemia abbia significativamente influenzato le abitudini al consumo dei prodotti del tabacco e di nicotina degli italiani». Il dato «desta preoccupazione», per il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro che chiede di attivare servizi di «prevenzione a partire dai più giovani» per garantire «una vita più lunga, con meno disabilità e qualitativamente migliore per noi e per chi ci vive accanto». Tutti allarmi che, al ministero, cadono nel vuoto.
Ancora casi di vaiolo delle scimmie ma gli esperti predicano calma
I dati dei contagi del nuovo virus sotto osservazione dalle autorità sanitarie, il vaiolo delle scimmie, sono in crescita. «Difficile che sia l’inizio di una nuova pandemia» secondo Fareed Ahmed, medical advisor di International Sos. Il virus sembra simile a quello che ha provocato altri focolai anche in passato. Sicuramente, dopo il Covid, c’è un’attenzione maggiore per ogni forma di anomalia sanitaria, ma i casi sono oltre 257 nel mondo, 12 in Italia. Fuori dall’Africa, continente in cui la malattia risulta ancora endemica, sono i numeri più alti mai registrati. Secondo Matteo Bassetti, «i contagi iniziano a essere significativi e il fenomeno è destinato a crescere ancora, perché il tempo di incubazione di questa infezione arriva a tre settimane e poi ci saranno i contagi da contatto. Complessivamente si sta agendo bene, il livello di allerta si è alzato e anche i cittadini si fanno vedere dai medici in caso di strani rush cutanei». Lo stesso virologo, qualche giorno fa diceva che, senza il Covid, non ci saremmo mai preoccupati di questo fenomeno.
Sono ancora davvero troppe poche le certezze riguardo a questo virus: sappiamo che contagia meno facilmente del Covid. Le persone positive al vaiolo possono trasmettere l’infezione attraverso il contatto con fluidi corporei, piaghe da vaiolo delle scimmie o oggetti condivisi contaminati, ma il virus si diffonde anche tramite le goccioline respiratorie con contatti stretti.
Questa diffusione, più ampia del solito, potrebbe essere dovuta a delle mutazioni del virus che gli potrebbero permettere di diventare più contagioso per l’uomo e di farsi strada attraverso altre vie di trasmissione. Secondo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento, «si tratta di una malattia poco grave, che passa senza alcun intervento medico e quindi molto probabilmente, se non ci fosse stata l’allerta internazionale, l’evento sarebbe passato del tutto inosservato». In ogni caso non si sono ancora segnalati decessi, anche se i casi sospetti oltre a quelli accertati sarebbero già 120. La popolazione più anziana nel nostro Paese in ogni caso, (quella over 60 per intenderci) risulta protetta grazie alla campagna vaccinale di massa che si fece per debellare il vaiolo a partire dalla fine degli anni Sessanta, tanto che la malattia fu dichiarata eradicata.
L’Organizzazione mondiale della Sanità sottolinea che dal 13 maggio scorso, il vaiolo delle scimmie è stato segnalato all’Oms da 23 Stati membri che non sono endemici per il virus. Il serbatoio naturale di questo virus ad oggi risulta ancora sconosciuto. C’è una certa preoccupazione per i roditori africani e per le scimmie che possono essere veicolo di diffusione del virus. I roditori, nello specifico, possono essere pericolosi in tal senso perché numerosi e difficili da controllare, per questo è bene evitare che i roditori europei possano diventare serbatoi animali, perché a quel punto la diffusione potrebbe ampliarsi a macchia d’olio. Fabrizio Pregliasco, professore dell’università Statale di Milano, ha detto: «Nessun problema, il vaiolo delle scimmie lo riusciremo a contenere, ci saranno poche centinaia di casi ma ci stiamo lavorando nel modo corretto». Il che, detto da lui, sembra quasi una minaccia.
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Riduci
I medici lanciano l’allarme: per colpa dei lockdown, fra i ragazzi aumentano dell’84% gli accessi ai servizi di neuropsichiatria, del 200% le intenzioni di togliersi la vita, raddoppia l’anoressia. E, per la prima volta dopo molti anni, in Italia crescono i fumatori.Vaiolo delle scimmie: gli infetti nel mondo, escluse le zone in cui è endemico, sono 257. In Italia solo 12.Lo speciale contiene due articoli.Cominciano ad affiorare con la forza dei grandi numeri i danni delle restrizioni imposte dall’emergenza Covid. Sono nove milioni i bambini e gli adolescenti italiani con disordini emotivi dovuti allo stress da pandemia e, per la prima volta dal 2006, crescono pure i fumatori. Rispetto al 2019 sono aumentati dell’84% gli accessi ai servizi di neuropsichiatria degli ospedali, dell’82% i tentativi di suicidio, fino al 200% l’ideazione suicidaria, raddoppiati i casi di anoressia. I dati sono stati diffusi in questi giorni durante il convegno congiunto degli esperti di Sinpia (Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza) e di Sinpf (Società di neuropsicofarmacologia).Come rilevano le due società scientifiche, durante la pandemia i minori «hanno sperimentato cambiamenti sostanziali nei propri ambienti di vita, nelle routine quotidiane e nelle reti relazionali, educative e sociali che normalmente favoriscono la promozione della salute e la resilienza agli eventi traumatici». Mentre si è visto un calo del 48% degli accessi agli ospedali per altri disturbi, soprattutto per paura del contagio da Covid-19, nei servizi di neuropsichiatria, sia territoriali che ospedalieri, si sono presentati l’84% di bambini e adolescenti in più. Dall’inizio della pandemia, inoltre, sono quintuplicate le richieste quotidiane di visite urgenti per psicopatologia grave. Come se non bastasse, uno studio ancora in corso dà una misura del livello del disagio solo rapportando il numero di accessi al pronto soccorso per motivi psichiatrici: 3.000 nel 2021, rispetto ai 2.191 nel 2019. Colpisce in modo particolare scoprire che 839 di questi giovanissimi siano arrivati l’anno scorso all’ospedale per problemi di autolesionismo e ideazione/comportamento suicidario, tanto che gli esperti stimano, come detto, un aumento dei tentativi di suicidio dell’82% e dell’ideazione suicidaria sino al 200%. Certo, il disagio mentale infantile e in età evolutiva non è una novità in neuropsichiatria. Già prima del Covid il 14-20% dei bambini e adolescenti soffriva di uno o più disturbi psichici. La pandemia, i lockdown, la Dad e probabilmente anche le mascherine hanno peggiorato una situazione che «se non si affronta adeguatamente, per disinformazione, tabù o vergogna», avvertono gli esperti, «diventerà uno stigma sociale e culturale difficile da abbattere». Per scongiurare questo tsunami di malattia psichiatrica nelle giovani generazioni, gli neuropsichiatri invocano un «atto di forza» dove i 10 milioni di bonus psicologo annunciati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, su Facebook, sono solo un inizio e nemmeno tanto promettente, visto che a mancare sono proprio gli esperti.«La pandemia non solo ha aumentato i casi di disagio psico-emotivo nei giovani ma ha anche raddoppiato gli accessi di pazienti presso centri e ospedali specializza», dice Alessandro Zuddas, vicepresidente Sinpia e professore di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza all’Università di Cagliari. «In mancanza di un adeguato supporto sociale o sanitario», aggiunge, «dall’insegnante o da altri adulti di riferimento extra-familiare (ad esempio l’allenatore sportivo) e la drammatica diminuzione dell’interazione diretta con amici e compagni, sono esplosi in manifestazioni serie e con esse anche la prescrizione di farmaci». Secondo Zuddas, da quest’ultimo aspetto sono emerse diverse criticità come, «ad esempio, le scelte prescrittive incongrue, orientate a antidepressivi o antipsicotici efficaci e sicuri negli adulti, molto meno nei bambini e ragazzi», tanto che servirebbe quindi «(in)formazione fra la classe medica e la popolazione, genitori e ragazzi». Concorda anche lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente Sinpf osservando che «solamente la metà di questi disturbi vengano appropriatamente diagnosticati e che di questi solo un quinto può venir preso in carico dai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza». Chiede di «implementare strutture e ambulatori, dotarli di maggiori risorse umane affinché possano offrire servizi più efficaci e efficienti per dare aiuto concreto a famiglie e ragazzi, estendendo l’azione di sensibilizzazione anche alle autorità territoriali e istituzioni competenti», anche Matteo Balestrieri, Co-presidente Sinpf e professore di Psichiatria all’Università di Udine. All’orizzonte però non si vede nulla di concreto, al di là delle dichiarazioni spot del ministero, mentre l’Istituto superiore di sanità (Iss) registra, in Italia, a causa dello stress da pandemia, circa 800.000 fumatori in più rispetto al 2019 e il triplo dei consumatori di sigarette a tabacco riscaldato. È il primo incremento significativo dal 2006 e riguarda entrambi i sessi. Quasi un italiano su quattro (24,2% della popolazione) è un fumatore, cioè il 2% in più rispetto al 2019. Fuma sigarette a tabacco riscaldato il 3,3% degli italiani nel 2022 rispetto all’ 1,1% del 2019. Più di una persona su tre (36,6%) le considera meno dannose di quelle tradizionali. «Il dato di quest’anno», dice Roberta Pacifici, responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss, «ci conferma come la pandemia abbia significativamente influenzato le abitudini al consumo dei prodotti del tabacco e di nicotina degli italiani». Il dato «desta preoccupazione», per il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro che chiede di attivare servizi di «prevenzione a partire dai più giovani» per garantire «una vita più lunga, con meno disabilità e qualitativamente migliore per noi e per chi ci vive accanto». 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Fuori dall’Africa, continente in cui la malattia risulta ancora endemica, sono i numeri più alti mai registrati. Secondo Matteo Bassetti, «i contagi iniziano a essere significativi e il fenomeno è destinato a crescere ancora, perché il tempo di incubazione di questa infezione arriva a tre settimane e poi ci saranno i contagi da contatto. Complessivamente si sta agendo bene, il livello di allerta si è alzato e anche i cittadini si fanno vedere dai medici in caso di strani rush cutanei». Lo stesso virologo, qualche giorno fa diceva che, senza il Covid, non ci saremmo mai preoccupati di questo fenomeno. Sono ancora davvero troppe poche le certezze riguardo a questo virus: sappiamo che contagia meno facilmente del Covid. Le persone positive al vaiolo possono trasmettere l’infezione attraverso il contatto con fluidi corporei, piaghe da vaiolo delle scimmie o oggetti condivisi contaminati, ma il virus si diffonde anche tramite le goccioline respiratorie con contatti stretti. Questa diffusione, più ampia del solito, potrebbe essere dovuta a delle mutazioni del virus che gli potrebbero permettere di diventare più contagioso per l’uomo e di farsi strada attraverso altre vie di trasmissione. Secondo Pier Luigi Lopalco, docente di igiene all’Università del Salento, «si tratta di una malattia poco grave, che passa senza alcun intervento medico e quindi molto probabilmente, se non ci fosse stata l’allerta internazionale, l’evento sarebbe passato del tutto inosservato». In ogni caso non si sono ancora segnalati decessi, anche se i casi sospetti oltre a quelli accertati sarebbero già 120. La popolazione più anziana nel nostro Paese in ogni caso, (quella over 60 per intenderci) risulta protetta grazie alla campagna vaccinale di massa che si fece per debellare il vaiolo a partire dalla fine degli anni Sessanta, tanto che la malattia fu dichiarata eradicata. L’Organizzazione mondiale della Sanità sottolinea che dal 13 maggio scorso, il vaiolo delle scimmie è stato segnalato all’Oms da 23 Stati membri che non sono endemici per il virus. Il serbatoio naturale di questo virus ad oggi risulta ancora sconosciuto. C’è una certa preoccupazione per i roditori africani e per le scimmie che possono essere veicolo di diffusione del virus. I roditori, nello specifico, possono essere pericolosi in tal senso perché numerosi e difficili da controllare, per questo è bene evitare che i roditori europei possano diventare serbatoi animali, perché a quel punto la diffusione potrebbe ampliarsi a macchia d’olio. Fabrizio Pregliasco, professore dell’università Statale di Milano, ha detto: «Nessun problema, il vaiolo delle scimmie lo riusciremo a contenere, ci saranno poche centinaia di casi ma ci stiamo lavorando nel modo corretto». Il che, detto da lui, sembra quasi una minaccia.
Luca Casarini. Nel riquadro, il manifesto abusivo comparso a Milano (Ansa)
Quando non è tra le onde, Casarini è nel mare di Internet, dove twitta. E pure parecchio. Dice la sua su qualsiasi cosa. Condivide i post dell’Osservatore romano e quelli di Ilaria Salis (del resto, tra i due, è difficile trovare delle differenze, a volte). Ma, soprattutto, attacca le norme del governo e dell’Unione europea in materia di immigrazione. Si sente Davide contro Golia. E lotta, invitando anche ad andare contro la legge. Quando, qualche giorno fa, è stata fermata la nave Humanity 1 (poi rimessa subito in mare dal tribunale di Agrigento) Casarini ha scritto: «Abbatteremo i vostri muri, taglieremo i fili spinati dei vostri campi di concentramento. Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri. È già successo nella Storia, succederà ancora. In mare come in terra. La disumanità non vincerà. Fatevene una ragione». Questa volta si sentiva Oskar Schindler, anche se poi va nei cortei pro Pal che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele.
Chi volesse approfondire il suo pensiero, poi, potrebbe andare a leggersi L’Unità del 10 dicembre scorso, il cui titolo è già un programma: Per salvare i migranti dobbiamo forzare le leggi. Nel testo, che risparmiamo al lettore, spiega come l’Ue si sia piegata a Giorgia Meloni e a Donald Trump in materia di immigrazione. I sovranisti (da quanto tempo non sentivamo più questo termine) stanno vincendo. Bisogna fare qualcosa. Bisogna reagire. Ribellarsi. Anche alle leggi. Il nostro, sempre attento ad essere politicamente corretto, se la prende pure con gli albanesi che vivono in un Paese «a metà tra un narcostato e un hub di riciclaggio delle mafie di mezzo mondo, retto da un “dandy” come Rama, più simile al Dandy della banda della Magliana che a quel G.B. Brummel che diede origine al termine». Casarini parla poi di «squadracce» che fanno sparire i migranti e di presunte «soluzioni finali» per questi ultimi. E auspica un modello alternativo, che crei «reti di protezione di migranti e rifugiati, per sottrarli alle future retate che peraltro avverranno in primis nei luoghi di “non accoglienza”, così scientificamente creati nelle nostre città da un programma di smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari, che mostra oggi i suoi risultati nelle sacche di marginalità in aumento».
Detto, fatto. Qualcuno, in piazzale Cuoco a Milano, ha infatti pensato bene di affiggere dei manifesti anonimi con le indicazioni, per i migranti irregolari, su cosa fare per evitare di finire nei centri di permanenza per i rimpatri, i cosiddetti di Cpr. Nessuna sigla. Nessun contatto. Solo diverse lingue per diffondere il vademecum: l’italiano, certo, ma anche l’arabo e il bengalese in modo che chiunque passi di lì posa capire il messaggio e sfuggire alla legge. Ti bloccano per strada? Non far vedere il passaporto. Devi andare in questura? Presentati con un avvocato. Ti danno un documento di espulsione? Ci sono avvocati gratis (che in realtà pagano gli italiani con le loro tasse). E poi informazioni nel caso in cui qualcuno dovesse finire in un cpr: avrai un telefono, a volte senza videocamera. E ancora: «Se non hai il passaporto del tuo Paese prima di deportarti l’ambasciata ti deve riconoscere. Quindi se non capisci la lingua in cui ti parla non ti deportano. Se ti deportano la polizia italiana ti deve lasciare un foglio che spiega perché ti hanno deportato e quanto tempo deve passare prima di poter ritornare in Europa. È importante informarci e organizzarci insieme per resistere!».
Per Sara Kelany (Fdi), «dire che i Cpr sono “campi di deportazione” e “prigioni per persone senza documenti” è una mistificazione che non serve a tutelare i diritti ma a sostenere e incentivare l’immigrazione irregolare con tutti i rischi che ne conseguono. Nei Cpr vengono trattenuti migranti irregolari socialmente pericolosi, che hanno all’attivo condanne per reati anche molto gravi. Potrà dispiacere a qualche esponente della sinistra o a qualche attivista delle Ong - ogni riferimento a Casarini non è casuale - ma in Italia si rispettano le nostre leggi e non consentiamo a nessuno di aggirarle». Per Francesco Rocca (Fdi), si tratta di «un’affissione abusiva dallo sgradevole odore eversivo».
Casarini, da convertito, diffonde il verbo. Che non è quello che si è incarnato, ma quello che tutela l’immigrato.
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