2025-10-18
Perquisizione legittima però il Riesame annulla i sequestri a Venditti
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
All’ex procuratore devono essere restituiti cellulari, tablet, hard disk, computer: non le vecchie agende datate 2017 e 2023. E sulla Squadretta spunta una «famiglia Sempio».Colpo di scena nell’inchiesta di cronaca nera più mediatica d’Italia, ossia quella sull’omicidio della ventiseienne Chiara Poggi. Il Tribunale del riesame di Brescia ha ordinato la restituzione all’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, di nove dispositivi informatici e due chiavette Usb che erano stati sequestrati durante la perquisizione disposta dalla Procura guidata da Francesco Prete il 26 settembre scorso per l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari in relazione alla richiesta di archiviazione della posizione di Andrea Sempio nel 2017. Ma i giudici hanno «confermato il decreto nel resto», lasciando sotto sequestro, quindi, due agende con il logo dei carabinieri, degli anni 2017 e 2023.La perquisizione, ritenuta legittima dal Riesame (che ha, dunque, ravvisato il fumus e la presenza di sufficienti indizi per giustificare l’iniziativa dei pm), avrebbe, però, travalicato in parte i paletti fissati dal codice di procedura penale. Per questo, il collegio composto da Giovanni Pagliuca (presidente), Marina Cavalleri e Lorenzo Azzi ha stabilito che al magistrato vengano riconsegnati tre iPhone (solo uno con sim), due iPad, due hard disk, due chiavette e due computer: uno risalente al periodo in cui guidava la Procura di Pavia, l’altro in uso quando era presidente del Casinò di Campione d’Italia (l’ex magistrato si è dimesso dalla carica il 30 settembre). Nel dispositivo, i giudici scrivono anche che a Venditti dovranno essere restituiti i «dati eventualmente già estrapolati» dagli apparati elettronici. Il decreto, che aveva dato il via ai sequestri, firmato dalla Procura di Brescia, era ad ampio spettro. Infatti, «alla luce della ricostruzione investigativa» contenuta in due annotazioni di polizia giudiziaria, il pm aveva ritenuto «necessario procedere […] alla ricerca di cose pertinenti al reato».Gli investigatori erano stati incaricati di «ricercare presso l’indagato […] ogni possibile elemento utile alla prova del reato su cui si indaga, ossia tutta la documentazione, anche informatica, gli appunti, le agende, nonché le comunicazioni effettuate mediante email, Sms, Mms o applicativi di messaggistica». La ricerca, spiegavano gli inquirenti, era indirizzata a tutto ciò che potesse riguardare le indagini compiute nel 2017 a carico di Sempio. Un provvedimento extralarge che ha portato la difesa di Venditti a denunciare un’eccessiva invasività e un sequestro «massivo» di dispositivi e comunicazioni private. D’altra parte, c’è una sentenza della Corte costituzionale, la numero 170 del 2023, che, su ricorso di Matteo Renzi, ha ridefinito i confini dei sequestri di materiale informatico. La Consulta ha stabilito che messaggi, email e conversazioni su Whatsapp, anche se già lette o archiviate, hanno natura di corrispondenza, la quale gode di una particolare tutela. Ciò significa che, per sequestrarle, il pubblico ministero deve chiedere e ottenere un provvedimento specifico e motivato.Nell’istanza deve indicare con precisione quali comunicazioni, tra quali soggetti e per quale finalità probatoria si intendano acquisire. La logica è quella di limitare le famose pesche a strascico negli archivi digitali degli indagati. E proprio questa puntualità sarebbe mancata nel decreto della Procura di Brescia. Ovvero non sarebbe stato rispettato il principio di proporzionalità tra la massa di dati da acquisire nei dispositivi di Venditti e la necessità di accertamento dell’ipotesi accusatoria, soprattutto perché i fatti sono risalenti nel tempo. Un’operazione che potrebbe far spiccare il volo al disegno di legge Bongiorno-Zanettin. È il cosiddetto «ddl sugli smartphone», che prevede l’introduzione del vaglio di un gip per l’autorizzazione al sequestro di un cellulare. Il testo, rimasto fermo per mesi, è tornato in corsia preferenziale: esame e voto già fissati per il 27 ottobre. Dopo la decisione del Riesame, l’avvocato Domenico Aiello, difensore di Venditti, ha diffuso una nota tagliente: «In Italia», scrive, esiste un «massiccio movimento di opinione» che «a ogni costo, anche sacrificando la reputazione di un ex magistrato e di innocenti, pretende e ordina, dal pulpito di autorevolissimi studi televisivi, la riapertura di indagini con cadenza regolare». Un attacco diretto alla spettacolarizzazione dei processi e al sistema mediatico-giudiziario che, secondo Aiello, avrebbe trasformato l’inchiesta in una crociata. Il legale si domanda «per quanto tempo ancora resisterà pervicace questo movimento» e auspica «l’inizio di una inversione di tendenza». Il legale lancia un monito: «La giustizia non può essere subalterna allo show o farsi condizionare dalla ricerca di consensi». Una sottolineatura condivisibile, se non fosse che gli stessi avvocati (che magari non parlano con la carta stampata) occupano i salotti televisivi 24 ore al giorno insieme con gli opinionisti per discettare di casi di cronaca giudiziaria. Aiello, al termine del suo atto d’accusa, aggiunge un’informazione non irrilevante: restano sotto sequestro due agende cartacee con il logo dei carabinieri, «praticamente mai usate», sostiene il difensore, «e pressoché intonse».Ovviamente questa notizia ci riporta alla nostra «Squadretta» che, in base alle risultanze dell’inchiesta Clean 2, dettava legge nel territorio pavese, commettendo anche diversi reati. Il leader sarebbe stato l’ex capo del Nucleo informativo, il maggiore dell’Arma Maurizio Pappalardo, attualmente sotto processo per corruzione e stalking.Una condizione, quella di imputato in un’indagine tanto scivolosa, che ha portato alcuni cronisti a ipotizzare che possa essere lui il misterioso «Maurizio» citato dai genitori di Sempio, in un’intercettazione del 2017.Una conversazione così riportata dai pm. Daniela Ferrari (la madre del trentasettenne sotto inchiesta): «È venuto il Maurizio tutto sottovoce: “Ma perché non hai preso Tizzoni (Gian Luigi, ndr) di avvocato?”. Ho detto: “Perché Tizzoni è già l’avvocato degli Stasi, (ride) semplice […]”. Viene là tutto sottovoce, poverino: “Eh, ci sono rimasto tanto male per tuo figlio”, mi ha detto, povero Maurizio».La donna agli inquirenti ha spiegato così la conversazione «Non so chi sia Maurizio; l’unico Maurizio che conosco è Mangiarotti, che è il cugino di mio marito. L’unico che mi viene in mente adesso è lui, non ne conosco altri… quindi non saprei dire». Il marito Giuseppe ha confuse le acque: «Io di Maurizio conosco solo mio cugino. E Daniela non parlava sicuramente di lui».L’avvocato di Pappalardo, Beatrice Saldarini, attraverso la trasmissione Ore 14 sera di Milo Infante, ha fatto sapere che il suo cliente «non conosce nessuno dei Sempio, non ha mai incontrato, né visto, né sentito nessuno della famiglia Sempio» e ha annunciato che «per questo tipo di confusione sono già state presentate querele».Ma se Pappalardo non ha avuto rapporti con i Sempio di Garlasco, con omonimi della zona probabilmente sì. Il 25 giugno 2024, presso la Procura di Pavia, davanti al pm Alberto Palermo, è stato sentito il settantatreenne Gianbattista G., il quale frequentava anche per motivi di lavoro Pappalardo. E, a un certo punto, il suo racconto si è fatto interessante: «Preciso di essere andato in pensione l’1 gennaio 2017 e una società di consulenza, la N., mi ha chiesto se potessi collaborare con loro. Mi sono reso disponibile. A Pappalardo chiedevo se conoscesse aziende che potessero essere seguite dal punto di vista finanziario dalla N. e/o da me direttamente». A questo punto, nella stanza numero 6 della Procura, riecheggia il cognome «Sempio»: «Di fatto, non abbiamo mai concluso alcun affare, nel senso che Pappalardo non mi ha mai indicato società che a mio avviso fossero, alla fine, meritevoli di finanziamento, se non nel caso della società Sempio che si occupa di produzione e commercializzazione di riso. Pappalardo mi ha presentato il figlio di uno dei proprietari. In questo caso, c’è stato un incontro, intorno al 2018, tra me, i Sempio e i rappresentanti di N.: la società ci ha espresso la sua necessità finanziaria che, però, a mio avviso era eccessiva; i Sempio hanno, quindi, deciso di concludere l’operazione con un altro istituto di credito». Ma prima, hanno avuto il tempo di incontrare il maggiore in uno dei ristoranti preferiti dalla «Squadretta», come rammenta Gianbattista G.: «Sono andato una volta a pranzo al Cassinino con Pappalardo e Sempio per parlare della questione».Noi abbiamo provato a capire di quale famiglia Sempio si parli, ma non siamo riusciti a risolvere il mistero. Il testimone, contattato dalla Verità, prova a sparare la palla in tribuna: «Ha sbagliato persona, io non so niente».Gli chiediamo se sia lui ad avere lavorato per la società di consulenza N. e lui conferma. A questo punto, citiamo il verbale reso in Procura e il signor G. ribatte: «Non so neanche chi è Sempio». Proviamo a rinfrescargli la memoria con il pranzo al Cassinino e lui sguscia via: «Ma se non so neanche chi è Sempio, scusi. Io non voglio sentire niente». Gli facciamo notare nuovamente che l’episodio è contenuto in un suo verbale. «Che cosa vuole che le dica. Mi sta dicendo cose che non so. Stia bene», è il suo commiato.In zona l’azienda più nota che produce riso è quella di Marta Sempio, imprenditrice agricola con laurea in filosofia. La sede si trova a Valeggio, a 9 chilometri da Garlasco. Con noi, cade dalle nuvole pure lei: «Mi sembra strano abbiano citato me». Le leggiamo le dichiarazioni di Gianbattista G.. «Non siamo noi, sono altri Sempio. Io, poi, non ho figli maschi, né fratelli. In zona siamo tanti Sempio. È una famiglia molto diramata, di cui non fa parte Andrea Sempio, vorrei anche dire tangenzialmente, e siamo tanti risicoltori».E Giuseppe Sempio, il padre di Andrea, non è un agricoltore? «Non ne ho idea».Quindi ci sono molti Sempio lì da voi? «È un cognome della Lomellina, molto frequente, comunque non siamo noi quelli che cercate».Chissà se i pm hanno già dato un volto ai «Sempio» produttori di riso, amici di Pappalardo.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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