2025-10-18
Stellantis si allea con i rivali cinesi per creare i robotaxi che invaderanno l’Ue
Un robotaxi a guida autonoma Pony.ai
Accordo con Pony.ai per sviluppare furgoni a guida autonoma in Europa. Se n’è parlato nel recente incontro Elkann-Ursula?Stellantis e la cinese Pony.ai hanno firmato un Memorandum of understanding (non vincolante) per sviluppare e testare in Europa minivan a guida autonoma di livello 4, quello che precede il 5 (il più alto) in cui l’intervento umano non è previsto e i passeggeri sono equiparati al carico. La prima fase partirà «nei prossimi mesi» in Lussemburgo, con una flotta basata sul Peugeot e-Traveller a otto posti; un dispiegamento più ampio in altre città europee è previsto dal 2026. Per Pony.ai - startup di Guangzhou sostenuta, tra gli altri, da Toyota - si tratta della prima partnership con un grande costruttore occidentale. A tutti gli effetti un biglietto di sola andata per accedere al nascente mercato europeo delle auto a guida autonoma. La collaborazione unirà la piattaforma «AV-Ready» di Stellantis con il software di guida autonoma di Pony.ai, con un focus iniziale sui veicoli commerciali leggeri (Lcv) elettrici, un segmento in cui la divisione Pro One di Stellantis ha già una posizione di forza in Europa. I test si concentreranno su sicurezza, prestazioni e conformità normativa, con la gestione europea di Pony.ai coordinata tramite la sua divisione con sede in Lussemburgo. L’intesa offre a Stellantis un percorso rapido verso i servizi robotaxi in Europa sfruttando una base veicolare già industrializzata (il furgone elettrico e-Traveller) e una tecnologia L4 capace di svolgere tutte le funzioni di guida in condizioni definite (pur mantenendo la possibilità di intervento umano). Per Pony.ai, l’accordo accelera la presenza fuori dalla Cina con un partner produttivo paneuropeo. La mossa arriva mentre la corsa ai robotaxi in Europa si intensifica: Waymo (Alphabet) ha annunciato l’obiettivo di lanciare un servizio a Londra nel 2026, con test su strada nelle prossime settimane; Uber e la cinese Momenta prevedono sperimentazioni a Monaco dal 2026. Intanto, nell’area asiatica, Baidu sta pianificando l’espansione di Apollo Go a Singapore e Malesia, mentre Pony.ai e WeRide hanno avviato collaborazioni locali a Singapore nel 2025. I dubbi sull’operazione, però, non mancano. Innanzitutto, viene da chiedersi perché un partner cinese debba testare i suoi prodotti all’interno del Vecchio Continente e non in Cina. Restano, poi, i dubbi sull’elettrico e sull’ideologia green voluta da Ursula von der Leyen che sta distruggendo le conoscenze e le peculiarità del mercato europeo dell’auto per regalare fette di mercato ai produttori cinesi (dove l’elettrico è ben più sviluppato che da noi). Certo, va detto che Stellantis non fa mistero di quanto l’auto a batteria possa essere interessante per il gruppo francoitaliano. Oltre alla collaborazione già in atto con la cinese Leapmotor mirata a vendere da noi auto elettriche a basso costo, di recente si è tenuto un incontro a Torino tra il presidente di Stellantis, John Elkann, e Ursula von der Leyen dove, con ogni probabilità, si è parlato anche di auto elettriche a guida autonoma.Del resto, come ha già scritto Alessandro Rico sulla Verità di ieri, la presidente della Commissione europea ha stretto un accordo con 60 sindaci italiani, in gran parte a sinistra, per testare la guida autonoma nei centri urbani. «Faremo dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050», ha detto a Bruxelles durante l’evento del Patto dei sindaci per il clima. «In Italia», ha aggiunto, «abbiamo creato una rete di città europee in cui le prime auto a guida autonoma potranno circolare. Una coalizione di 60 sindaci italiani ha già espresso il proprio interesse. È entusiasmante».Insomma, verrebbe da dire che a Pechino, non solo ci stanno sfilando dalle mani le nostre competenze decennali nel settore delle quattro ruote, ma ora usano il mercato europeo – e non il loro - per testare il funzionamento delle auto robot. Senza considerare che restano oggettive difficoltà infrastrutturali che rendono l’auto elettrica un miraggio delle istituzioni europee più che una esigenza degli automobilisti. In primis, c’è un problema di costi delle vetture a batteria, che spesso sono ben più care di quelle termiche. Ma il vero problema resta ancora quello delle tempistiche di ricarica (se va bene di almeno 30-40 minuti, quindi ben superiore a un rifornimento di carburante) e dei costi per il pieno di elettroni, ormai allineati a quelli della benzina. Senza considerate la scarsa capillarità delle colonnine di ricarica e i dubbi sulla produzione di energia elettrica di massa nel caso in cui tutti gli automobilisti dovessero passare alla trazione elettrica. Si tratterebbe di miglioramento a livello ambientale? Forse per i Paesi dove questi veicoli circolerebbero, ma non di certo per i Paesi che ospitano gli impianti produttivi di energia, che inquinerebbero moltissimo per produrre quantità inimmaginabili di elettricità.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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