2019-06-12
Doppio gioco di Erdogan. Nella Nato con i missili russi
Scadrà il 31 luglio l'ultimatum di Donald Trump alla Turchia perché annulli il contratto di acquisto dei nuovi missili antiaereo di Vladimir Putin. In caso contrario, gli Usa non consegneranno 96 F-35 già pagati: si teme che Mosca possa neutralizzare i mezzi dell'Alleanza.Scadrà il 31 luglio l'ultimatum che, almeno secondo fonti del Pentagono, gli Usa hanno recapitato alla Turchia perché annulli il contratto di acquisto del nuovo sistema missilistico anti aereo S-400 di produzione russa. Se entro quel giorno il governo di Recep Tayyip Erdogan non avrà dato prova della rinuncia ai missili di Vladimir Putin, gli americani bloccheranno la fornitura dei cento esemplari di F-35A che Ankara attende secondo gli accordi attualmente in vigore. La decisione di Donald Trump avrebbe conseguenze sia sul piano industriale, con lo stop alla costruzione di parte dei motori dello F-35 che avviene in parte proprio in Turchia, sia sul piano diplomatico, in quanto negli Usa sono presenti una quarantina di militari turchi tra piloti in addestramento nelle basi di Luke (Arizona) ed Eglin (Florida), e anche una trentina di tecnici, personale che verrebbe rimpatriato immediatamente alla scadenza fissata dal segretario alla Difesa americano Patrick Shanahan. Il provvedimento non sarebbe certo a buon mercato neppure per gli Usa, in quanto allo stato attuale del programma F-35 in Turchia non verrebbero più consegnati 96 aeromobili, mentre dei quattro già volanti, i due che operano per l'addestramento negli States verrebbero dirottati dalla Lockheed Martin, che li ricomprerebbe e rivenderebbe a un altro cliente, mentre i due aeroplani ormai in Turchia verrebbero abbandonati nello stato operativo incompleto cui si trovano o fatti saltare in aria per evitare che siano spediti a Mosca per finalità propedeutiche. Infine, il costruttore Lockheed Martin dovrebbe, a partire dal 2020, abbandonare tutti i fornitori turchi attualmente interessati nei processi produttivi dell'aeroplano e questo porterebbe immediatamente a una rivalutazione dei costi per tutti i partner del progetto Joint Strike Fighter. Intanto il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha ribadito che il suo Paese non ha alcun motivo per rinunciare all'acquisto degli S-400, programma che vede ovviamente tecnici e operatori turchi già inviati in Russia per il necessario addestramento all'assemblaggio e alle operazioni, e che secondo il calendario firmato da Erdogan prevede che entro la fine di agosto i primi moduli dei vettori arrivino nelle basi turche. Questo braccio di ferro si svolge in condizioni particolari e ovviamente su uno scacchiere più ampio: l'amministrazione Trump difficilmente farà un passo indietro perché su questo tema ha incassato anche l'assenso dei Democratici, ed è evidente che il governo di Washington teme che i russi, grazie alla presenza dei loro tecnici in Turchia e al possibile contatto con gli F-35A possano ricavare informazioni tali da poter sviluppare e aggiornare ulteriormente i loro sistemi missilistici per neutralizzare alcuni dei punti di forza del velivolo multiruolo di Lockheed Martin, mentre i turchi continuano a sventolare agli americani lo sfratto dalle basi militari che gli Usa hanno sul loro territorio. La Russia ha anche interesse a capire di più dello F-35 perché proprio martedì scorso Putin ha richiesto che entro il 2028 la forza aerea di Mosca si doti di altri 76 aeromobili multiruolo di quinta generazione Sukhoi 57, ovvero - stando ai russi - gli anti F-35. Per la Nato la vicenda Usa-Turchia è una situazione mai verificatasi prima nella storia: Ankara ha il secondo esercito dell'Alleanza atlantica per numero di soldati, è nella Nato dal 1952 ma da un decennio circa sta attuando sempre più palesemente una politica della Difesa completamente autonoma, per non dire doppiogiochista, e - dopo il fallito golpe del 2016 - Erdogan ha inserito nel suo Stato maggiore diversi generali palesemente schierati per l'uscita dall'Alleanza atlantica. Dunque la presenza dei sistemi S-400 all'interno di una nazione Nato sarebbe qualcosa di mai verificatosi nella storia, sia a causa di una incompatibilità tra due sistemi di armamento che dovrebbero interagire in caso di operatività e che invece sono fatti per distruggersi a vicenda (quelli occidentali e quelli russi), ma soprattutto per l'insorgere di possibili problemi sul piano della sicurezza militare delle informazioni, condizione per la quale la Nato sarebbe costretta a prendere immediatamente una posizione sconvolgente per tutto il fragilissimo equilibrio mediorientale. E mentre come al solito la politica dell'Unione europea è latitante, la Francia si frega le mani alla vigilia del salone dell'Aerospazio di Parigi LeBourget, dove il colosso Airbus festeggerà i suoi primi 50 anni con annunci clamorosi. Infine tutto fa pensare che lo scontro Usa-Turchia si sposterà anche sul piano economico con gravi ripercussioni: la perdita del programma F-35 per Ankara sarebbe certamente un brutto colpo, ma peggio ancora sarebbero eventuali sanzioni accessorie a cascata che Trump, come abbiamo visto, non manca mai di comminare a chi non si piega alle sue decisioni.
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