2018-05-02
Le canne di Stato non sono un affare: in fumo le scuse di J-Ax e Saviano
Per i fan della cannabis light la legalizzazione fermerà il mercato degli stupefacenti e arricchirà l'erario. Ma sono briciole: in un business tra i 4 e i 7 miliardi di euro, al fisco andrà soltanto qualche centinaio di milioni.Con il nobile intento di sottrarre mercato alla criminalità e di dare nuovo impulso all'economia, anche J-Ax è entrato nel business della cannabis legale, ma forse ha fatto i conti a metà. Il famoso rapper recentemente ha aperto a Milano il negozio Mr. Nice dove vende la sua Maria Salvador (resa famosa dall'omonima canzone), una varietà di cannabis leggera (light) che è legale perché, come prevede la legge 242 del 2016, oltre al cannabidiolo (Cbd) che ha effetti rilassanti, contiene al massimo lo 0,6% di tetraidrocannabinolo (Thc), sostanza psicotropa responsabile dello sballo. Da sempre per la legalizzazione come Roberto Saviano («Di cannabis non è mai morto nessuno, l'Italia sarebbe un Paese migliore»), J-Ax si è unito al coro dei sostenitori del valore economico della cannabis, spiegando sui social che «negli ultimi 20 anni tutti i soldi che giravano intorno alla marijuana sono finiti nelle mani della criminalità organizzata, mentre per me è meglio darli ai tabaccai, ai giovani imprenditori che stanno aprendo i negozi, a chi la coltiva e a chi la distribuisce». Il rapper milanese ha quindi spiegato che «il mercato illegale della cannabis in Italia ha un valore stimato tra i 4 e i 9 miliardi di euro. Soldi letteralmente bruciati, che con la cannabis legale vengono tassati e immessi nella società». Sorvoliamo per un attimo sul vuoto legislativo che permette a J-Ax e ai rivenditori come lui di commercializzare la cannabis come «oggetto da collezione» (perché la legge non vieta esplicitamente di vendere le infiorescenze, ma non permette di fumarle). E tralasciamo anche le implicazioni sociali, etiche e politiche della cannabis light per verificare se davvero lo sbarco delle famose piantine nelle tabaccherie e nei negozi avrà le ricadute economiche di cui si parla con tanto entusiasmo. Innanzitutto, di che mercato stiamo parlando realmente? «Per quantificare un commercio illegale», spiega Marcello Esposito, autore dello studio «Gli effetti economici della liberalizzazione della cannabis in Italia» e docente di International financial markets dell'Università Carlo Cattaneo Liuc di Castellanza (Varese), «si deve ragionare su stime che a volte partono da presupposti viziati o hanno errori metodologici, ma siamo comunque intorno ai 4-7 miliardi di euro in Italia». Passiamo alla tassazione: la proposta di legge prevede che alla cannabis si applichi quella prevista per il tabacco. «Questo significa», prosegue il professore, «che sul prezzo di vendita il 75% dovrebbe andare all'erario e il 25% dovrebbe remunerare il produttore/distributore. Partendo da un prezzo pre tax della cannabis pari a 10 euro, vorrebbe dire vendere a un prezzo di 40 euro». Insomma, non è economicamente sostenibile pensare di quadruplicare il prezzo al dettaglio e allo stesso tempo sgominare il mercato criminale, spiega la ricerca. «Così come non è plausibile ritenere che i consumatori problematici accettino di pagare un prezzo gravato dalle tasse, se possono continuare a rivolgersi al mercato nero a un prezzo più basso». Bisogna infatti considerare quanta parte dell'offerta illegale possa essere sostituita dall'offerta legale, con questi prezzi. «Se i tossicodipendenti e i forti consumatori di cannabis, più sensibili alla variabile prezzo rispetto ai consumatori occasionali, continuassero a rivolgersi al mercato illegale, l'offerta legale si ridurrebbe a soddisfare i consumatori occasionali e le entrate potrebbero ridursi di molto rispetto alle stime più ottimistiche». Infine il fisco. «Se il mercato illegale italiano fosse completamente spiazzato da quello legale, la forchetta di valori per le entrate fiscali si collocherebbe tra 1.073-2.882 milioni di euro». Se invece, come è più probabile, «ci fosse solo un travaso parziale di consumatori dal mercato illegale a quello legale, le stime si ridurrebbero a una forchetta di 310-883 milioni di euro», perché si stima che il consumo legale sarebbe intorno al 30%. «Il risultato finale si collocherà in un punto intermedio tra questi due estremi e risentirà della spesa in azioni di contrasto alle mafie operanti su tutto il territorio nazionale». E se lo Stato non se la ride, anche i venditori al dettaglio, tanto cari a J-Ax, potrebbero avere ben poco da festeggiare. Lo studio segnala infatti che «considerando i costi di produzione e le aliquote fiscali proposte, il margine finale per la distribuzione legale appare molto modesto. Stiamo parlando di una cifra compresa in un range tra 17 e 76 milioni di euro. Su un prezzo al dettaglio di 10 euro al grammo, quindi 7,5 euro andrebbero all'erario, 2,4 euro remunererebbero i produttori e 0,1 euro i distributori. Siamo molto lontani dal “modello di business del tabacco dove la suddivisione sarebbe stata 7,5 all'erario, 1,5 ai produttori e 1 ai distributori"». Dati alla mano quindi, a fronte di un atteso aumento dei consumatori (con la legalizzazione del tabacco si è vista una crescita del 75%-289%), la cannabis legale rimarrebbe per una piccola percentuale di utilizzatori occasionali che si possono permettere di spendere 40 euro per qualcosa che sul mercato nero ne costa 10. Il business, rispetto al tabacco, sarebbe poco remunerativo anche per i rivenditori. Lo Stato, a fronte di entrate modeste (intorno al miliardo di euro), dovrebbe comunque prevedere i costi di mantenimento per le attività di polizia e giudiziarie, oltre a quelli sociali e sanitari attesi in aumento, visto l'incremento del consumo di stupefacenti. L'insostenibilità del business della cannabis dal punto di vista economico, però, è solo una parte della questione. «Non si può delegare alla finanza un problema politico», conclude Esposito. «Uno Stato che pretende di proteggere il consumatore facendo business su una sostanza stupefacente, potenzialmente dannosa per la salute, si commenta da solo».
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