2025-08-10
Il canale Italia-Usa che ci può salvare dai dazi
Donald Trump e Giorgia Meloni (Ansa)
La chiave per vincere la sfida è creare un vero e proprio strumento finanziario per gli investimenti nostrani in America e viceversa. Un’infrastruttura comune dedicata a settori tecnologici di rilievo civile e militare. L’idea si intuisce dai dialoghi tra Trump e Meloni.Intanto un rapporto di Confartigianato conferma: «L’export tricolore sale del 5,3%».Lo speciale contiene due articoli.Nel mio gruppo di ricerca euroamericano, la sezione di scenaristica strategica ha come motto «trasformare ogni problema in opportunità». Nell’analizzare il problema di aumentare la spesa dei membri europei della Nato per investimenti diretti in strumenti di difesa (3,5% del Pil) e di sicurezza collaterale (1,5% del Pil) nel medio-lungo termine la soluzione, direi ovvia, per evitare restrizioni di bilancio degli Stati a danno di altri settori e spinta allo sviluppo (trasformare i cannoni in burro) è quella di creare un’architettura finanziaria di investimento che integri capitale statale, anche in forma di garanzie, e privato. Infatti il Parlamento europeo ha approvato una mozione in tal senso. E, molto importante, nella nascitura Defence, security and resilience bank (Dsr Bank) (Banca per la difesa, sicurezza e resilienza) è prevista la partecipazione non solo di soggetti finanziari dell’Ue - al momento banche - ma anche del Regno Unito, Canada, Australia, Giappone, Norvegia, sottolineando la presenza della statunitense Jp Morgan. L’obiettivo preliminare è partire con qualche decina di miliardi di capacità di investimento per poi arrivare a 100 e forse oltre. Immagino che il governo italiano stia valutando se stimolare o meno e quanto attori finanziari nazionali o privati o pubblici per partecipare a questa infrastruttura finanziaria. Ma mi permetto il suggerimento di inserire nella valutazione la priorità di uno strumento di investimento finanziario bilaterale italo-statunitense senza per altro escludere partecipazioni alla Dsr Bank. Due motivi concreti. Non è ancora chiaro come l’Ue risponderà tecnicamente alla pressione statunitense di investire 600 miliardi (dollari) europei nell’economia statunitense. Ma poiché questa è una condizione per avere uno sconto sui dazi americani, è probabile che qualcosa verrà fatto in tale direzione. Come trasformare questo problema che non è solo economico, ma anche tecnico perché la Ue non può imporre agli Stati e tantomeno ai privati europei di investire in America, in opportunità? Mi sembra semplice sul piano ideativo, almeno per l’Italia: creare uno strumento finanziario specializzato per investimenti di attori italiani negli Stati Uniti e - qui il punto - viceversa. Infatti Donald Trump non vieta investimenti di attori statunitensi in Italia pur creando per l’Italia, in quanto membro dell’Ue, una sorta di obbligo a partecipare agli investimenti europei in America. L’idea è: via strumento ben disegnato attori italiani investono in attività americane, ma attori statunitensi anche investono in attività residenti in Italia ed eventuali dintorni di interesse comune, per esempio in Africa. Immagino una banca italo-americana di investimento o altro? Aperta a investitori globali? Con capitale misto pubblico-privato? Che poi generi un Nasdaq italiano connesso con quello statunitense? Questo ultimo punto nella mia testa resta fisso, senza necessariamente criticare Borsa italiana posseduta da Euronext che è un dominio francese, perché vedo troppe startup italiane di qualità eccezionale costrette a migrare per lo più in America dove il ciclo di capitale privato di investimento è abbondante e audace, problema già posto con enfasi nel Rapporto Draghi all’Ue. Ma il resto dell’infrastruttura bilaterale è oggetto di studio. E per studiarlo sono andato a vedere le dichiarazioni ufficiali seguite ai recenti bilaterali tra Italia e America. In quello di aprile tra Giorgia Meloni e Trump si nota un precursore di infrastruttura comune di investimenti finanziari/industriali reciproci in parecchi settori tecnologici di rilievo sia militare sia civile. E ci sono parecchi dati concreti, quello più recente è l’accordo tra Agenzia spaziale italiana e Space X per inserire eso-strumentistica italiana nella missione verso Marte, tema già enfatizzato nel comunicato bilaterale di aprile, sopra citato, dove le due nazioni si impegnano per collaborazioni crescenti nel programma lunare statunitense Artemis che implica un futuro cantiere per la costruzione di grandi navi spaziali. E altre cose, con centinaia di ricadute innovative sul mercato civile. Quindi per avere investimenti statunitensi italiani pari o perfino superiori a quelli (di attori) italiani in America serve una infrastruttura che organizzi in maniera efficiente questo ciclo bilaterale di capitale di investimento, eventualmente aperto a investitori di altre nazioni compatibili. C’è poi un secondo motivo per una struttura finanziaria bilaterale di investimento Italia-Usa: pur necessari accordi europei ritengo prudente non mettere l’Italia in totale dipendenza da Francia e Germania. Andando verso la conclusione, cosa c’è di concreto e già toccabile in questa mia nota? Ho annotato l’attività di enti privati italiani, dal 2024, con missione transatlantica (Transatlantic-Harmonic foundation e transatlantic investment committee) in contatto con i ministeri sia delle Imprese (Mimit) sia degli Esteri, e altre istituzioni tra cui ben 14 Regioni e Confindustria, senza dimenticare la Camera di commercio italo-americana, che stanno creando un ponte per investimenti reciproci tra entità italiane e statunitensi. Quindi c’è più attività di quanto sia noto per la costruzione di una struttura finanziaria bilaterale. Poi ho annotato l’aumento di interesse di fondi di investimento statunitensi per l’Italia che mai avevano espresso attenzione sull’Italia stessa. Tema specialistico di poco interesse emotivo per il lettore? Piano: bene che vada l’Italia perderà causa dazi un tot di export verso l’America che se anche gestibile con alternative di mercato e accordi tra esportatore e importatori sarà comunque un problema. La soluzione sistemica, anche se non per tutti i settori economici, è quella qui detta.www.carlopelanda.com<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/canale-italia-usa-salvare-dazi-2673872980.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-tariffe-arma-non-solo-economica-servono-per-colpire-green-e-cina" data-post-id="2673872980" data-published-at="1754827895" data-use-pagination="False"> Le tariffe? Arma non solo economica. «Servono per colpire green e Cina» Donald Trump sta ampliando l’uso dei dazi per raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza nazionale. Parola del Washington Post, che cita documenti che rivelano la portata ben più ampia delle tariffe per riequilibrare gli scambi commerciali. I funzionari del Dipartimento di Stato hanno infatti valutato la possibilità di chiedere ai partner commerciali di votare contro l’iniziativa internazionale volta a ridurre le emissioni di gas serra delle navi portacontainer oceaniche. L’obiettivo numero uno del tycoon si conferma quindi la Cina e il green deal.Intanto il made in Italy sorride. Lo aveva detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sottolineando che le tariffe al 15% alle dogane americane, non saranno un ostacolo all’export dei prodotti italiani. E ora la conferma arriva da un rapporto di Confartigianato dal quale emerge che «in 25 Paesi top market, alternativi agli Usa, nei primi quattro mesi del 2025 le nostre vendite sono aumentate del 5,3% a fronte del -2% registrato nei restanti mercati internazionali». Nella top five «gli Emirati Arabi (+20,9%), seguiti da Brasile (+14%), Svizzera (+13,1%), Spagna (+10,6%), Arabia Saudita (+9,6%)». Tra gli altri mercati dinamici, sebbene si tratti di valori di export italiano inferiori a 5 miliardi di euro, si registra una crescita a doppia cifra delle vendite in Israele con +13,1%, Danimarca con +11,8%, Irlanda con +11,5% e Singapore con +11,3%.Confartigianato «ha stimato che se su base annua si confermasse il trend, nel 2025 questi 25 mercati potrebbero generare un aumento delle nostre esportazioni pari a 20,4 miliardi di euro. «Un risultato in grado di compensare il calo di vendite in Usa a causa delle nuove tariffe doganali», commenta Confartigianato. All’affermazione del made in Italy sui mercati mondiali extra Usa «contribuiscono le piccole imprese. Negli Emirati Arabi l’export delle pmi vale 3,5 miliardi, in Arabia Saudita è di 1,3 miliardi, in Brasile di 857 milioni. Tra i settori più dinamici: alimentari, moda, mobili, legno, metalli, gioielleria e occhialeria». Nel 2024, i 25 Paesi top market hanno assorbito il 61,5% delle esportazioni italiane, per un valore di 383,6 miliardi sui 623,5 miliardi complessivi del nostro export. «Le nostre imprese non rimangono a guardare», afferma il presidente, Marco Granelli.I dati sono musica per le orecchie del governo. «Il piano straordinario per l’export funziona», commenta Tajani. E aggiunge che nel primo semestre del 2025 l’export italiano verso i Paesi extra Ue ha registrato una crescita dell’1,3%, che sale a +2% al netto dell’energia. «Proseguiamo», dice, «verso l’obiettivo dei 700 miliardi di euro di esportazioni annue». Un traguardo per il quale il governo ha preparato un piano d’Azione che prevede una presenza italiana rafforzata in Paesi dove ci sono grandi opportunità per le nostre imprese. Tajani indica Messico, Canada, India, Vietnam, Indonesia, Emirati Arabi, Arabia Saudita e Sudafrica come realtà che «stiamo studiando attentamente per cogliere nuove occasioni di export».Intanto continua il lavoro diplomatico per definire la lista delle esenzioni ai dazi del 15%. Il premier, Giorgia Meloni, ha più volte ribadito che il governo è al lavoro per difendere il made in Italy. Altri Paesi, a cominciare dalla Germania, si stanno muovendo con contatti bilaterali per strappare condizioni più favorevoli. Palazzo Chigi può far valere il rapporto privilegiato con la Casa Bianca come anche recentemente Trump ha confermato chiedendo la disponibilità di Roma quale sede per l’incontro con Putin (ipotesi bocciata da Mosca). Le alte tariffe imposte a Paesi e aziende molto esposti nei rapporti commerciali con Cina, indicano che l’obiettivo di Trump resta contrastare la crescita di Pechino e riportare le produzioni strategiche in patria.
Ursula von der Leyen (Getty Images)
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.