
Situazione fuori controllo: i pazienti muoiono al pronto soccorso. La Asl di Napoli invoca la zona rossa. E intanto si perde tempo.Campania a morto. Nel giorno in cui la regione si sveglia zona gialla, contro tutti i pronostici della vigilia, a smentire clamorosamente la decisione del governo arriva uno dei protagonisti sul campo della gestione dell'emergenza, il direttore generale dell'Asl Napoli 3 Sud, Gennaro Sosto: «Il passaggio della Campania a zona rossa», sottolinea Sosto alla Dire, «è la carta che ci rimane da giocare per bloccare questa pressione così elevata sul sistema sanitario regionale». La Napoli 3 Sud è una Asl che copre 57 comuni della provincia partenopea, per 1.077.000 abitanti, dalla zona vesuviana alla costiera sorrentina, compresa Castellammare di Stabia, dove si trova l'ospedale San Leonardo. In questa struttura, nella notte tra martedì e mercoledì, sono morte 4 persone in pronto soccorso, in attesa di essere visitate dai medici. «Ormai», spiegano all'Ansa fonti dell'Asl Napoli 3 Sud, «la situazione è questa da giorni, abbiamo ammalati su barelle, sulle sedie, su strapuntini, ovunque si possano tenere in osservazione per somministrare loro cure e non rispedirli a casa». «Si creano file di ambulanze», sottolinea il dg Sosto, «e l'attività notturna la smaltiamo solo il giorno successivo. Ogni giorno siamo punto e a capo in una situazione in cui i posti letto sono saturi sia all'interno dei pronto soccorso che nei reparti». Ieri sui social è stato pubblicato un video agghiacciante, che ritrae un uomo privo di vita nel bagno del pronto soccorso dell'ospedale Cardarelli. Si tratta di un paziente ricoverato nell'area sospetti, con probabile infezione da Covid e già in terapia. A ritrovare il corpo è stato il personale dell'ospedale che ha notato l'eccessiva permanenza dell'uomo nella toilette. Si muove anche il M5s. La vicepresidente del Consiglio regionale, Valeria Ciarambino, leader dei pentastellati in Campania e fedelissima di Luigi Di Maio, sollecita interventi urgenti: «Chiedo», dice la Ciarambino a Rai News24, «che si adottino misure restrittive in Campania per dare respiro a una sanità allo stremo. Ho scritto al ministro Speranza, sono in contatto con tutti i membri del nostro governo e il ministro Di Maio condivide le mie preoccupazioni». Una nuova valutazione sulla Campania ci sarà domani, quando saranno state completate anche le ispezioni disposte dal ministero della Salute. Ma al di là dei numeri, come può verificarsi un contrasto così stridente tra la situazione drammatica che si registra negli ospedali le valutazioni del governo, che hanno confermato la zona gialla per la regione governata da Vincenzo De Luca? Il problema è politico. De Luca ha da sempre un approccio alla lotta alla pandemia estremamente rigido: fosse per lui, come ha più volte dichiarato, il governo dovrebbe chiudere tutto per almeno un mese per poi ripartire, senza far impazzire cittadini e categorie produttive con questa storia dei colori. Proprio De Luca, lo scorso 23 ottobre, annunciò in diretta Facebook un imminente lockdown regionale, e si scatenò la rabbia della piazza: il presidente fu costretto a un precipitoso quanto inglorioso dietrofront, anche su sollecitazione di alte cariche istituzionali romane. C'è poco da arzigogolare: se il governo dichiarasse la Campania zona rossa o arancione, anche a dispetto di parametri e calcoli astrusi, dovrebbe accompagnare la chiusura con un piano di sostegno socioeconomico del quale non si vede, fino ad ora, traccia. Basta ascoltare imprenditori, professionisti, lavoratori, per verificare come, in presenza di un piano di aiuti, la popolazione campana non sarebbe assolutamente contraria a un lockdown. Non solo: anche il ministero dell'Interno sembra impreparato ad affrontare con la doverosa energia sommosse e proteste di piazza. Ieri fonti di governo hanno fatto trapelare che «se c'è stress sulle strutture sanitarie si interviene con l'esercito e con la possibilità di nuovi Covid hotel a Napoli». Il premier Giuseppe Conte ha in effetti attivato il comitato di emergenza della Protezione civile, che valuterà l'invio dell'esercito, dopo aver consultato anche il Comitato operativo interforze. «Siamo lo Strato e se ci sono criticità diffuse nelle strutture sanitarie di Napoli dobbiamo dare un segnale», è il ragionamento attribuito dalle agenzie al premier. Commissionata anche una ricognizione dei posti ancora disponibili nei Covid hotel a Napoli. I Covid hotel sono quelle strutture dove ricoverare i positivi asintomatici, per evitare che restino in contatto con i propri familiari. L'altro ieri, il presidente dell'istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro ha sottolineato che «sulla base dell'ultimo monitoraggio ci sono 4 Regioni che vanno verso rischio alto e nelle quali è opportuno anticipare le misure più restrittive»: si tratta di Campania, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia (tutte in zona gialla). In sostanza, il governo dice ai presidenti di Regione: o iniziate a prendere provvedimenti più duri oppure tra qualche giorno finirete in zona arancione o rossa. Facile a dirsi: se De Luca dichiarasse Napoli zona rossa, contro di lui si scatenerebbe di nuovo, come due settimane fa, la rabbia delle categorie colpite dalla chiusura, senza contare il fatto che il sindaco, Luigi De Magistris, ormai giunto alla fine del suo secondo mandato, non fa altro che cannoneggiare ogni santo giorno il governatore. De Magistris, fino ad ora, non ha preso alcun provvedimento di chiusura dei luoghi a rischio. La situazione quindi è questa: il governo scarica la responsabilità sulla Regione, la Regione teme la rivolta popolare e sottovaluta situazioni di assoluta drammaticità, il sindaco non chiude neanche una aiuola e Napoli sprofonda.
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».
Lo speciale contiene due articoli
La Philarmonie (Getty). Nel riquadro, l'assalto dei pro Pal
A Parigi i pro Pal interrompono con i fumogeni il concerto alla Philarmonie e creano il caos. Boicottato un cantante pop per lo stesso motivo. E l’estrema sinistra applaude.
In Francia l’avanzata dell’antisemitismo non si ferma. Giovedì sera un concerto di musica classica è stato interrotto da militanti pro Pal e, quasi nello stesso momento, un altro concerto, quello di un celebre cantante di origine ebraica, è stato minacciato di boicottaggio. In entrambi i casi, il partito di estrema sinistra La France Insoumise (Lfi) ha svolto un ruolo non indifferente.






