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2021-11-24
Camere divise davanti ai temi etici. Si media sull’obiezione di coscienza
Paola Binetti e Rosa Maria Di Giorgi (Ansa)
La legge sul suicidio assistito arriverà in Aula alla Camera, dopo diversi rinvii e salvo ulteriori imprevisti, il prossimo 29 novembre, e la giornata di ieri è trascorsa nel tentativo di trovare un punto di equilibrio tra le diverse posizioni in campo. Il centrodestra è sempre stato contrario al testo base. Ieri, a tenere banco è stata la mediazione tentata in sede di commissioni riunite Giustizia e Affari sociali di Montecitorio dai relatori del testo, Alfredo Bazoli del Pd e Nicola Provenza del M5s, che hanno presentato alcuni emendamenti riformulati con l'obiettivo di convincere il centrodestra a non andare avanti con l'ostruzionismo. Il pilastro del tentativo di mediazione è il riconoscimento della possibilità dell'obiezione di coscienza per i medici, esclusa dal testo base in discussione in commissione. Testo che prevede, ricordiamolo, la possibilità di chiedere di mettere fine volontariamente alla propria vita, anche a casa, senza nessuna responsabilità per il medico che presta assistenza, purché il paziente sia affetto da una patologia a prognosi infausta e irreversibile oppure portatore di una condizione clinica irreversibile o sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, o sia assistito dalla rete di cure palliative o abbia espressamente rifiutato tale percorso assistenziale. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere informata, consapevole, libera ed esplicita.
La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesarne la volontà. La sentenza della Corte costituzionale numero 242 del 22 novembre 2019 ha aperto la strada al suicidio assistito, sia pure circoscrivendo la materia con paletti molto rigorosi. La sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevoli l'esecuzione del proposito di suicidio a patto che questo si sia formato autonomamente e liberamente da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Gli emendamenti presentati ieri da Bazoli e Provenza ammettono l'obiezione di coscienza, così come richiesto dal centrodestra. «Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie», si legge nella riformulazione del testo così come emendato, «non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione». Gli esponenti del centrodestra intervenuti, come Roberto Turri della Lega e Antonio Palmieri di Forza Italia, hanno ringraziato i relatori per l'apertura alle loro richieste, e hanno chiesto di non passare immediatamente al voto, lasciando un po' di tempo per analizzare il nuovo testo. La richiesta è stata accolta, e le votazioni sono così state posticipate a ieri sera, al termine dei lavori dell'Aula.
Come naturale, considerata la delicatezza dell'argomento, trovare un punto di incontro tra le varie sensibilità è impresa ardua. «Il testo che si sta discutendo in Parlamento», dice alla Verità la deputata del Pd Rosa Maria Di Giorgi, da sempre vicina alle istanze del mondo cattolico, «ripercorre esattamente la sentenza della Corte. Stiamo approfondendo il tema della verifica delle condizioni per attivare il processo che sicuramente ha risvolti etici di non poco rilievo. Confido», aggiunge la Di Giorgi, «che la discussione possa produrre un testo equilibrato».
«Secondo il Comitato etico della Asl», commenta la senatrice dell'Udc Paola Binetti, «Mario rientrerebbe nelle condizioni stabilite dalla Consulta per l'accesso al suicidio assistito. Ma in realtà la famosa sentenza chiedeva al Parlamento di legiferare e di fatto la legge non c'è ancora. E la legge non c'è ancora non perché i parlamentari vogliano sottrarsi a una indicazione della Corte costituzionale», aggiunge la Binetti, «ma perché si tratta di una materia delicatissima, come quella di ogni vita fragile, che esige anche una responsabilità sociale di alto profilo».
«La vita umana», argomenta il senatore della Lega Simone Pillon, «è sacra e inviolabile, sempre. Un impegno autenticamente umano non può mai essere quello di togliere la vita, ma semmai di tentare ogni strada per renderla vivibile. Prendiamoci cura delle persone sofferenti e malate, ma fermiamo il suicidio di Stato».
«Fratelli d'Italia difende la vita», sottolinea Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia del partito di Giorgia Meloni, «dal concepimento fino alla sua fine naturale. Nel nostro ordinamento va rafforzato il favor vitae. Siamo da sempre contrari all'introduzione dell'eutanasia e crediamo che la proposta referendaria sia ancora più preoccupante, perché legalizzare l'omicidio del consenziente anche non malato è aberrante e contrario a un ordinamento che difende la vita. Permane la nostra contrarietà al provvedimento», sottolinea la Varchi, «ma prendiamo atto delle aperture manifestate oggi dal relatore».
Ma il referendum creerà il Far west
Tutto è cominciato con una decisione della Corte costituzionale che, tre anni fa, nel famoso caso di Dj Fabo, stabilì la non punibilità, a determinate condizioni, di chi agevola il suicidio assistito. Contemporaneamente la Consulta sollecitò il Parlamento a legiferare. Nei tre anni una legge non è stata ancora messa a punto. Ma presto la Cassazione prima e la Consulta poi dovranno pronunciarsi sull'ammissibilità del referendum abrogativo promosso dall'Associazione Luca Coscioni sull'eutanasia legale, operazione che introdurrebbe, di fatto, la depenalizzazione dell'omicidio del consenziente.
Le firme sono già a quota un milione. E il referendum viene propagandato come una battaglia per i diritti umani. Ma rischia di spazzare via dal codice penale il reato che punisce l'omicidio del consenziente. Rimarrebbe in piedi, stando al referendum, solo la parte che tutela minorenni, infermi di mente e persone alle quali il consenso sia stato estorto. Gli altri, in nome dei diritti umani, saranno liberi di farsi assassinare. Anche chi non ha gravi problemi fisici e patologie legate a stati irreversibili o a dolori insopportabili. Basterebbe quindi anche solo un momento di sconforto per chiedere a qualcuno di togliere la vita senza che ciò configuri un reato. Se Cassazione e Consulta, quindi, offriranno il via libera al referendum si voterà probabilmente l'anno prossimo in primavera. Per ora la verifica delle condizioni in cui è possibile agevolare il suicidio assistito sono demandate, come stabilito dai giudici della Corte costituzionale e in attesa dell'intervento del legislatore, a una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.
Mario, infatti, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia, il cui caso è stato propagandato ieri da Marco Cappato, che dell'Associazione Coscioni è il presidente, attende proprio la decisione del Comitato etico. Così come è in lista d'attesa per la morte Antonio, residente nelle Marche, in attesa delle valutazioni dell'Asl. Il focus della questione, però, è un altro: con l'eventuale abrogazione dell'omicidio del consenziente quale reato, senza una legge cornice che stabilisca con esattezza limiti e paletti, si rischia un liberi tutti particolarmente pericoloso. Inoltre, i procedimenti giudiziari già in corso in cui viene contestato quel reato, finirebbero nel cestino. Ma finché la prima parte dell'articolo 579 non verrà abrogata, «chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui», è ancora scritto nel codice penale, «è punito con la reclusione da 6 a 15 anni». Pene che ben rappresentano il peso che aveva dato a quel reato il legislatore dell'epoca. La cancellazione della prima parte dell'articolo 579 del Codice penale potrebbe quindi aprire un vuoto normativo.
Nessuna obiezione di coscienza, né limiti di condizioni fisiche: l'abrogazione consentirebbe di scegliere la morte anche a una persona sana che in quel determinato momento ne fa richiesta. Perfino in Olanda, Belgio e Spagna, le leggi sull'eutanasia, pur essendo particolarmente permissive, dettano un elenco di condizioni che permettono o meno la scelta. La Camera dei deputati stava lavorando proprio su un disegno di legge per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale, per evitare derive eutanasiche, definendo una «circoscritta area di non conformità costituzionale». Che ora sembra essere a rischio.
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In attesa che la legge sul suicidio assistito arrivi a Montecitorio il 29 novembre, il centrosinistra accoglie alcuni emendamenti del centrodestra in commissione. Oltre al ruolo dei medici però le distanze restanoSe Cassazione e Consulta daranno l'ok al quesito radicale si rischia di azzoppare il codice penale sull'omicidio del consenziente. E di superare persino l'OlandaLo speciale contiene due articoliLa legge sul suicidio assistito arriverà in Aula alla Camera, dopo diversi rinvii e salvo ulteriori imprevisti, il prossimo 29 novembre, e la giornata di ieri è trascorsa nel tentativo di trovare un punto di equilibrio tra le diverse posizioni in campo. Il centrodestra è sempre stato contrario al testo base. Ieri, a tenere banco è stata la mediazione tentata in sede di commissioni riunite Giustizia e Affari sociali di Montecitorio dai relatori del testo, Alfredo Bazoli del Pd e Nicola Provenza del M5s, che hanno presentato alcuni emendamenti riformulati con l'obiettivo di convincere il centrodestra a non andare avanti con l'ostruzionismo. Il pilastro del tentativo di mediazione è il riconoscimento della possibilità dell'obiezione di coscienza per i medici, esclusa dal testo base in discussione in commissione. Testo che prevede, ricordiamolo, la possibilità di chiedere di mettere fine volontariamente alla propria vita, anche a casa, senza nessuna responsabilità per il medico che presta assistenza, purché il paziente sia affetto da una patologia a prognosi infausta e irreversibile oppure portatore di una condizione clinica irreversibile o sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, o sia assistito dalla rete di cure palliative o abbia espressamente rifiutato tale percorso assistenziale. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesarne la volontà. La sentenza della Corte costituzionale numero 242 del 22 novembre 2019 ha aperto la strada al suicidio assistito, sia pure circoscrivendo la materia con paletti molto rigorosi. La sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevoli l'esecuzione del proposito di suicidio a patto che questo si sia formato autonomamente e liberamente da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Gli emendamenti presentati ieri da Bazoli e Provenza ammettono l'obiezione di coscienza, così come richiesto dal centrodestra. «Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie», si legge nella riformulazione del testo così come emendato, «non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione». Gli esponenti del centrodestra intervenuti, come Roberto Turri della Lega e Antonio Palmieri di Forza Italia, hanno ringraziato i relatori per l'apertura alle loro richieste, e hanno chiesto di non passare immediatamente al voto, lasciando un po' di tempo per analizzare il nuovo testo. La richiesta è stata accolta, e le votazioni sono così state posticipate a ieri sera, al termine dei lavori dell'Aula.Come naturale, considerata la delicatezza dell'argomento, trovare un punto di incontro tra le varie sensibilità è impresa ardua. «Il testo che si sta discutendo in Parlamento», dice alla Verità la deputata del Pd Rosa Maria Di Giorgi, da sempre vicina alle istanze del mondo cattolico, «ripercorre esattamente la sentenza della Corte. Stiamo approfondendo il tema della verifica delle condizioni per attivare il processo che sicuramente ha risvolti etici di non poco rilievo. Confido», aggiunge la Di Giorgi, «che la discussione possa produrre un testo equilibrato».«Secondo il Comitato etico della Asl», commenta la senatrice dell'Udc Paola Binetti, «Mario rientrerebbe nelle condizioni stabilite dalla Consulta per l'accesso al suicidio assistito. Ma in realtà la famosa sentenza chiedeva al Parlamento di legiferare e di fatto la legge non c'è ancora. E la legge non c'è ancora non perché i parlamentari vogliano sottrarsi a una indicazione della Corte costituzionale», aggiunge la Binetti, «ma perché si tratta di una materia delicatissima, come quella di ogni vita fragile, che esige anche una responsabilità sociale di alto profilo».«La vita umana», argomenta il senatore della Lega Simone Pillon, «è sacra e inviolabile, sempre. Un impegno autenticamente umano non può mai essere quello di togliere la vita, ma semmai di tentare ogni strada per renderla vivibile. Prendiamoci cura delle persone sofferenti e malate, ma fermiamo il suicidio di Stato».«Fratelli d'Italia difende la vita», sottolinea Carolina Varchi, capogruppo in commissione Giustizia del partito di Giorgia Meloni, «dal concepimento fino alla sua fine naturale. Nel nostro ordinamento va rafforzato il favor vitae. Siamo da sempre contrari all'introduzione dell'eutanasia e crediamo che la proposta referendaria sia ancora più preoccupante, perché legalizzare l'omicidio del consenziente anche non malato è aberrante e contrario a un ordinamento che difende la vita. 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Ma presto la Cassazione prima e la Consulta poi dovranno pronunciarsi sull'ammissibilità del referendum abrogativo promosso dall'Associazione Luca Coscioni sull'eutanasia legale, operazione che introdurrebbe, di fatto, la depenalizzazione dell'omicidio del consenziente. Le firme sono già a quota un milione. E il referendum viene propagandato come una battaglia per i diritti umani. Ma rischia di spazzare via dal codice penale il reato che punisce l'omicidio del consenziente. Rimarrebbe in piedi, stando al referendum, solo la parte che tutela minorenni, infermi di mente e persone alle quali il consenso sia stato estorto. Gli altri, in nome dei diritti umani, saranno liberi di farsi assassinare. Anche chi non ha gravi problemi fisici e patologie legate a stati irreversibili o a dolori insopportabili. Basterebbe quindi anche solo un momento di sconforto per chiedere a qualcuno di togliere la vita senza che ciò configuri un reato. Se Cassazione e Consulta, quindi, offriranno il via libera al referendum si voterà probabilmente l'anno prossimo in primavera. Per ora la verifica delle condizioni in cui è possibile agevolare il suicidio assistito sono demandate, come stabilito dai giudici della Corte costituzionale e in attesa dell'intervento del legislatore, a una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. Mario, infatti, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia, il cui caso è stato propagandato ieri da Marco Cappato, che dell'Associazione Coscioni è il presidente, attende proprio la decisione del Comitato etico. Così come è in lista d'attesa per la morte Antonio, residente nelle Marche, in attesa delle valutazioni dell'Asl. Il focus della questione, però, è un altro: con l'eventuale abrogazione dell'omicidio del consenziente quale reato, senza una legge cornice che stabilisca con esattezza limiti e paletti, si rischia un liberi tutti particolarmente pericoloso. Inoltre, i procedimenti giudiziari già in corso in cui viene contestato quel reato, finirebbero nel cestino. Ma finché la prima parte dell'articolo 579 non verrà abrogata, «chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui», è ancora scritto nel codice penale, «è punito con la reclusione da 6 a 15 anni». Pene che ben rappresentano il peso che aveva dato a quel reato il legislatore dell'epoca. La cancellazione della prima parte dell'articolo 579 del Codice penale potrebbe quindi aprire un vuoto normativo. Nessuna obiezione di coscienza, né limiti di condizioni fisiche: l'abrogazione consentirebbe di scegliere la morte anche a una persona sana che in quel determinato momento ne fa richiesta. Perfino in Olanda, Belgio e Spagna, le leggi sull'eutanasia, pur essendo particolarmente permissive, dettano un elenco di condizioni che permettono o meno la scelta. La Camera dei deputati stava lavorando proprio su un disegno di legge per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale, per evitare derive eutanasiche, definendo una «circoscritta area di non conformità costituzionale». Che ora sembra essere a rischio.
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A far risuonare le sirene d’allarme in Italia un po’ tutti i settori produttivi, che disegnando scenari apocalittici sono corsi a chiedere aiuti pubblici. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, senonché questa narrazione è stata smentita dai fatti, passati in sordina.
A fare un bilancio degli effetti dei dazi americani sul tessuto produttivo è uno studio della Banca d’Italia: «Gli effetti dei dazi statunitensi sulle imprese italiane: una valutazione ex ante a livello micro» (Questioni di Economia e Finanza n. 994, dicembre 2025). Un punto innovativo del report riguarda il rischio che i prodotti cinesi, esclusi dal mercato statunitense dai dazi, vengano «dirottati» verso altri mercati internazionali (inclusa l’Europa), aumentando la concorrenza per le imprese italiane in quei territori.
Dall’analisi di Bankitalia emerge che, contrariamente a scenari catastrofici, l’impatto medio è, per ora, contenuto ma eterogeneo. Prima dello choc, gli esportatori verso gli Usa avevano un margine medio di profitto del 10,1%. Si stima che i dazi portino a una riduzione dei margini di circa 0,3 punti percentuali per la maggior parte delle imprese (circa il 75%). Questa fluttuazione è considerata gestibile, poiché rientra nelle normali variazioni cicliche del decennio scorso. Vale in linea generale ma si evidenzia anche che una serie di imprese (circa il 6,4% in più rispetto al normale) potrebbe subire perdite severe, nel caso di dazi più alti o con durata maggiore. Si tratta di aziende che vivono in una situazione particolare, ovvero i cui ricavi dipendono in modo massiccio dal mercato americano (il 6-7% che vive di solo export Usa, con margini ridotti) e che operano in settori con bassa elasticità di sostituzione o dove non è possibile trasferire l’aumento dei costi sui prezzi finali.
I tecnici di Bankitalia mettono in evidenza un altro aspetto del sistema di imprese italiane: oltre la metà dell’esposizione italiana agli Usa è di tipo indiretto. Molte Pmi (piccole e medie imprese) che non compaiono nelle statistiche dell’export sono in realtà vulnerabili perché producono componenti per i grandi gruppi esportatori. L’analisi mostra che i legami di «primo livello» (fornitore diretto dell’esportatore) sono i più colpiti, mentre l’effetto si diluisce risalendo ulteriormente la catena di produzione.
Si stanno verificando due comportamenti delle imprese a cominciare dal «pricing to market». Ovvero tante aziende scelgono di non aumentare i prezzi di vendita negli Stati Uniti per non perdere quote di mercato e preferiscono assorbire il costo del dazio riducendo i propri guadagni. Poi, per i prodotti di alta qualità, il made in Italy d’eccellenza, i consumatori americani sono disposti a pagare un prezzo più alto, permettendo all’impresa di trasferire parte del dazio sul prezzo finale senza crolli nelle vendite.
Lo studio offre una prospettiva interessante sulla distribuzione geografica e settoriale dell’effetto dei dazi. Anche se l’impatto è definito «marginale» in termini di punti percentuali sui profitti, il Nord Italia è l’area più esposta. Nell’asse Lombardia-Emilia-Romagna si concentra la maggior parte degli esportatori di macchinari e componentistica, e siccome le filiere sono molto lunghe, un calo della domanda negli Usa rimbalza sui subfornitori locali. Il settore automotive, dovendo competere con i produttori americani che non pagano i dazi, è quello che soffre di più dell’erosione dei margini. Nel Sud l’esposizione è minore in termini di volumi totali.
Un elemento di preoccupazione non trascurabile è la pressione competitiva asiatica. Gli Usa, chiudendo le porte alla Cina, inducono Pechino a spostare la sua offerta verso i mercati terzi. Lo studio avverte che i settori italiani che non esportano negli Usa potrebbero comunque soffrire a causa di un’ondata di prodotti cinesi a basso costo nei mercati europei o emergenti, erodendo le quote di mercato italiane.
Bankitalia sottolinea, nel report, che il sistema produttivo italiano possiede una discreta resilienza complessiva. Le principali indicazioni per il futuro includono la necessità di diversificare i mercati di sbocco e l’attenzione alle dinamiche di dumping o eccesso di offerta derivanti dalla diversione dei flussi commerciali globali.
Questo studio si affianca al precedente rapporto che integra queste analisi con dati derivanti da sondaggi diretti presso le imprese, confermando che circa il 20% delle aziende italiane ha già percepito un impatto negativo, seppur moderato, nella prima parte dell’anno.
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Il punto è che l’argento ha trovato il modo perfetto per piacere a tutti. Agli investitori spaventati dal debito mondiale fuori controllo che potrebbe incenerire il valore delle monete, ai gestori che temono la stagflazione (il mostro fatto da inflazione e recessione), a chi guarda con sospetto al dollaro e all’indipendenza della Fed. Ma anche - ed è qui la vera svolta - all’economia reale che corre verso l’elettrificazione, la digitalizzazione e l’Intelligenza artificiale. Un metallo bipartisan, potremmo dire: piace ai falchi e alle colombe, ai trader e agli ingegneri.
Dietro il rally non c’è solo la solita corsa al riparo mentre i tassi Usa scendono fra le prudenze di Powell e le intemperanze di Trump. Il debito globale fa il giro del mondo senza mai fermarsi. C’è soprattutto una domanda industriale che cresce come l’appetito di un adolescente davanti a una pizza maxi. L’argento ha proprietà di conducibilità elettrica e termica che lo rendono insostituibile in una lunga serie di tecnologie chiave. E così, mentre il mondo si elettrifica, si digitalizza e si affida sempre più agli algoritmi, il metallo lucente diventa il filo conduttore - letteralmente - della nuova economia.
Prendiamo il fotovoltaico. Nel 2014 assorbiva appena l’11% della domanda industriale di argento. Dieci anni dopo siamo al 29%. Certo, i produttori di pannelli sono diventati più efficienti e riescono a usare meno metallo per modulo. Ma dall’altra parte della bilancia ci sono obiettivi sempre più ambiziosi: l’Unione europea punta ad almeno 700 gigawatt di capacità solare entro il 2030. Tradotto: anche con celle più parsimoniose, di argento ne servirà comunque a palate.
Poi ci sono le auto elettriche, che di sobrio hanno solo il rumore del motore. Ogni veicolo elettrico consuma tra il 67% e il 79% di argento in più rispetto a un’auto a combustione interna. Dai sistemi di gestione delle batterie all’elettronica di potenza, fino alle colonnine di ricarica, l’argento è ovunque. Oxford Economics stima che già entro il 2027 i veicoli a batteria supereranno le auto tradizionali come principale fonte di domanda di argento nel settore automotive. E nel 2031 rappresenteranno il 59% del mercato. Altro che rottamazione: qui è l’argento che prende il volante.
Capitolo data center e Intelligenza artificiale. Qui i numeri fanno girare la testa: la capacità energetica globale dell’IT è passata da meno di 1 gigawatt nel 2000 a quasi 50 gigawatt nel 2025. Un aumento del 5.252%. Ogni server, ogni chip, ogni infrastruttura che alimenta l’Intelligenza artificiale ha bisogno di metalli critici. E indovinate chi c’è sempre, silenzioso ma indispensabile? Esatto, l’argento. I governi lo hanno capito e trattano ormai i data center come infrastrutture strategiche, tra incentivi fiscali e corsie preferenziali. Il risultato è una domanda strutturale destinata a durare ben oltre l’ennesimo ciclo speculativo.
Intanto, sul fronte dell’offerta, la musica è tutt’altro che allegra. La produzione globale cresce a passo di lumaca, il riciclo aumenta ma non basta e il mercato è in deficit per il quinto anno consecutivo. Dal 2021 al 2025 il buco cumulato sfiora le 820 milioni di once (circa 26.000 tonnellate). Un dettaglio che aiuta a spiegare perché, nonostante qualche correzione, i prezzi restino ostinatamente alti e la liquidità sia spesso sotto pressione, con tassi di locazione da record e consegne massicce nei depositi del Chicago Mercantile Exchange, il più importante listino del settore.
Nel frattempo gli investitori votano con il portafoglio. Gli scambi sui derivati dell’argento sono saliti del 18% in pochi mesi. Il rapporto oro-argento è sceso, segnale che anche gli istituzionali iniziano a guardare al metallo bianco con occhi diversi. Non più solo assicurazione contro il caos, ma scommessa sulla trasformazione dell’economia globale.
Ecco perché l’argento oggi non si limita a brillare: racconta una storia. Quella di un mondo che cambia, che consuma più elettricità, più dati, più tecnologia. Un mondo che ha bisogno di metalli «di nuova generazione», come li definisce Oxford Economics. L’oro resta il re dei ben rifugio, ma l’argento si è preso il ruolo più ambizioso: essere il ponte tra la paura del presente e la scommessa sul futuro. E a giudicare dai prezzi, il mercato ha già deciso da che parte stare.
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