2022-11-20
Calcio d’inizio per la grande farsa Mondiale
Oggi parte la Coppa del mondo e il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha difeso il Qatar in maniera grottesca. Sostenuto dal portavoce che si è dichiarato (a orologeria) gay. Pure l’Economist si genuflette agli emiri. Che obbligano la Spagna a rinunciare al prosciutto.I mondiali della discordia si aprono oggi in Qatar. E intanto si assiste a una curiosa inversione del concetto di indignazione morale. Suscitano, infatti, più di una perplessità le parole pronunciate ieri dal presidente della Fifa, Gianni Infantino, per rispondere alle critiche di chi è convinto che sia stato un errore assegnare l’evento sportivo a un Paese in cui la situazione dei diritti umani è (a dir poco) traballante.«Per quello che noi europei abbiamo commesso negli ultimi tremila anni, dovremmo scusarci almeno per i prossimi tremila anni, prima di dare lezioni morali agli altri Paesi. Queste lezioni morali sono solo pura ipocrisia», ha dichiarato, per poi aggiungere: «Quello che sta accadendo in questo momento è profondamente ingiusto».Non solo: il presidente della Fifa ha anche detto: «Oggi mi sento qatarino, oggi mi sento arabo, oggi mi sento africano, oggi mi sento gay, oggi mi sento disabile, oggi mi sento lavoratore migrante».Ma non è finita qui. Sempre ieri è arrivato il coming out del capo del media della Fifa, Bryan Swanson: «Sono qui in Qatar e sono gay», ha dichiarato. «Ho visto molte critiche nei confronti di Gianni Infantino da quando sono entrato a far parte della Fifa, in particolare dalla comunità Lgbtq», ha spiegato Swanson. «Sono seduto qui in una posizione privilegiata su un palcoscenico globale come uomo gay qui in Qatar. Abbiamo ricevuto assicurazioni che tutti sono i benvenuti e credo che tutti saranno i benvenuti in questa Coppa del mondo», ha proseguito. Ora, premesso che ognuno ha il sacrosanto diritto di fare coming out quando meglio crede, questa scelta di farlo proprio ieri (e in quella circostanza) dà l’idea di una sospetta forzatura: una mossa «politica» non molto spontanea. Magari non sarà così, ma il percepito, diciamocelo, è un po’ quello. Grottesco, ecco.Come che sia, le dichiarazioni di Infantino e Swanson lasciano un tantino perplessi. Anche perché sul sito della Fifa si leggono parole particolarmente significative sul rispetto dei diritti umani. «La Fifa riconosce il suo obbligo di sostenere la dignità intrinseca e la parità di diritti di tutti coloro che sono interessati dalle sue attività. Questa responsabilità è sancita dall’articolo 3 dello statuto della Fifa, che recita quanto segue: “La Fifa si impegna a rispettare tutti i diritti umani riconosciuti a livello internazionale e si adopera per promuovere la protezione di tali diritti”».Ora, non sembra proprio che il Qatar sia esattamente all’avanguardia nella tutela dei diritti umani: Amnesty International ha, in particolare, puntato il dito contro le condizioni dei lavoratori immigrati, delle donne e degli omosessuali, oltre che della libertà di espressione e riunione. E se anche, come dice Infantino, l’Europa avesse molto da farsi perdonare negli ultimi tremila anni, questo renderebbe automaticamente lecito assegnare i Mondiali a un Paese in cui il concetto di liberaldemocrazia risulta «vagamente» utopistico? Che ne è dei valori sbandierati dalla Fifa? Anche perché, se volessimo seguire la strana logica «storica» di Infantino, chi dovrebbe avere diritto ad ospitare i mondiali? Forse giusto la Svizzera, che è neutrale dal 1815. Non sarebbe forse il caso di guardare al presente, distinguendo chiaramente tra Paesi che oggi (non ieri) rispettano i diritti umani e Paesi che non li rispettano? Tuttavia forse è ancora più surreale un editoriale dell’Economist, uscito giovedì scorso e intitolato In difesa del Qatar che ospita i mondiali. L’articolo riconosce che il Qatar non è una democrazia (ma va’?). Tuttavia si sforza al contempo di dirci che in giro per il mondo c’è di peggio: e giù esempi, con la Russia di Putin, la Cina di Xi e la giunta militare argentina del 1978. Per carità: ci sarà anche di peggio. Tuttavia il problema resta sempre lo stesso: come si sposa la scelta di assegnare i mondiali al Qatar con i valori professati dalla Fifa? Ma il settimanale britannico non demorde e ci fa sapere che in Qatar «il sesso gay è illegale, è vero, ma è illegale anche ogni rapporto fuori dal matrimonio». Grazie dell’informazione. E quindi? Che cosa si vorrebbe esattamente dimostrare con queste parole? Se si sceglie la tesi del «c’è di peggio», non si vada allora a invocare il rispetto dei diritti a favore di telecamera solo quando conviene. Se sei a favore della realpolitik, lo sei sempre. Non a fasi alterne. L’ipocrisia non è di chi sottolinea l’assurdità di assegnare i Mondiali al Qatar, ma di chi si riempie la bocca di valori per poi nascondere la testa sotto la sabbia alla prova dei fatti. D’altronde, davvero qualcuno è convinto che il coming out di Swanson renderà il governo di Doha più liberale? Tuttavia, i problemi non riguardano soltanto i principi, ma anche le abitudini concrete dei tifosi e dei calciatori. Innanzitutto è stato imposto il divieto di vendere alcolici nei pressi degli stadi, nonostante la danarosa sponsorizzazione di Budweiser (parliamo di 75 milioni di dollari). Una questione che ieri Infantino ha semplicisticamente minimizzato, affermando che i tifosi possono benissimo «sopravvivere senza bere birra per tre ore». Ma i problemi non si fermano qui. Nella lista dei prodotti proibiti figurano anche quelli di derivazione suina: un divieto che impedirà, per esempio, alla delegazione della Spagna di portarsi il famoso prosciutto iberico. Insomma, niente birra e affettati. Ma sui diritti umani gli occhi si socchiudono.
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