
Un mondo che troppo spesso viene trattato con superficialità e pregiudizi dietro al quale operano realtà produttive che danno lavoro a migliaia di persone e che rappresenta più di mezzo punto del nostro Pil.Quello della caccia, e tutto ciò che vi ruota attorno, è un tema che non passa mai d'attualità e che fa storcere il naso a diverse associazioni, dagli animalisti agli attivisti cosiddetti «disarmisti», ossia coloro che sono contrari al possesso di armi. Quello che però viene troppo spesso ignorato e bollato come un mondo che vende morte e che uccide gli animali è un vero e proprio settore che rappresenta una grossa fetta del Pil italiano. La caccia, infatti, vale più di mezzo punto del nostro Prodotto interno lordo, dà lavoro a 43.000 impiegati, 94.000 se viene considerato anche l'indotto, e ha un impatto sulla nostra economia - come rilevato da uno studio condotto dall'Università Carlo Bo di Urbino nel 2019 - di 7,9 miliardi. Nel mondo si stimano circa 55 milioni, di cui 7 milioni in Europa e 750.000 in Italia, tra cacciatori e tiratori sportivi, a cui si aggiungono circa 1 milione e 200.000 addetti ai lavori. Secondo i numeri forniti dal World economic forum, la caccia e il tiro sportivo hanno un impatto economico a livello europeo corrispondente a 16,5 miliardi di euro all'anno e una spesa pro capite per ciascun cacciatore di circa 2.100 euro all'anno. Ci sono centinaia di imprese che lavorano all'interno di questo settore, coinvolte nella produzione delle armi da caccia, delle munizioni, di tutti gli accessori necessari, nella buffetteria, nell'abbigliamento, ma anche nell'allevamento, addestramento e alimentazione dei cani da caccia.Quando si parla di caccia non bisogna confondere e mischiare questa antichissima attività, svolta nel modo adeguato nel rispetto delle risorse naturali e della conservazione e protezione del patrimonio floro-faunistico, con la pratica illegale del bracconaggio, ossia coloro che sparano a specie protette in luoghi dove non è consentita la caccia e con l'utilizzo di armi vietate. Esistono dei regolamenti da seguire. Chi vuole cacciare deve prima sviluppare una profonda conoscenza dei concetti di salvaguardia, mantenimento, riqualificazione e miglioramento degli ambienti naturali e della popolazione animale. Inoltre, parliamo di un settore regolato da tasse di concessione non indifferenti da pagare, a partire da quelle governative per cui ogni cacciatore ogni anno deve versare 173,16 euro, passando per quelle regionali (84 euro all'anno) e quelle per gli appostamenti fissi.Il mestiere del cacciatore, inteso sia come professione sia come passione, è sempre più in crisi. Secondo i dati diffusi dall'Istat e da Federcaccia, nel 1980 in Italia si contava più di un milione di cacciatori, precisamente 1.701.853, un numero equivalente al 3% della popolazione italiana. Nel 1990 questo numero è sceso a 1.446.935 e nel 2000 a 801.156. Una riduzione impetuosa e un ridimensionamento della categoria che è coincisa con tre referendum contrari alla caccia voluti da alcuni politici che hanno puntato le loro fiches sull'avversione nei confronti della caccia e dei cacciatori, tanto da organizzare manifestazioni di disturbo proprio nelle aree consentite alla caccia. Ma non solo. È stata alimentata una cultura d'odio che è sfociata in un pestaggio avvenuto nel novembre del 2018 a Badalasco, una piccola frazione di Fara Gera d'Adda nel Bergamasco, ai danni di un cacciatore di 81 anni, aggredito da sei individui che gli causarono ferite al volto e alle gambe. Nel 2017, come si può leggere dai dati rilasciati dal Ministero dell'Interno, le licenze di porto di fucile per uso caccia erano 738.602, tanto che moltissimi cacciatori italiani sono costretti a rivolgersi all'estero.
Donald Trump (Ansa)
La proposta Usa non piace a Volodymyr Zelensky, azzoppato però dal caos corruzione. Marco Rubio: «Tutti devono accettare concessioni difficili».
Donald Trump tira dritto con il suo nuovo tentativo di porre fine alla guerra in Ucraina. Un funzionario americano ha riferito a Nbc News che l’inquilino della Casa Bianca avrebbe dato la sua approvazione al piano di pace in 28 punti, elaborato nell’ultimo mese principalmente da Steve Witkoff in consultazione sia con l’inviato del Cremlino, Kirill Dmitriev, sia con il governo ucraino. La medesima fonte ha rivelato che nella stesura del progetto sarebbero stati coinvolti anche il vicepresidente americano, JD Vance, il segretario di Stato, Marco Rubio, e il genero dello stesso Trump, Jared Kushner.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.






