2025-06-29
Dietro il business della Gaza Cola, gli amici dei Fratelli Musulmani
In Italia la bevanda è stata introdotta «per ragioni ideologiche» da Piccardo, attivista islamico ed editore di libri su Hamas. La coop Alleanza la vende, boicottando i prodotti israeliani. Gli ebrei: «Fini antisemiti». Sotto l’etichetta rossa e verde della «Gaza Cola», si muove un mondo di simboli, relazioni e interessi che vedono al centro la comunità islamica italiana. La bibita, diventata virale tra gli scaffali della Coop, sta scatenando dibattiti, proteste e inchieste. Dietro il prodotto, in apparenza innocuo, si staglia Davide Piccardo, attivista islamico, imprenditore, mediatore culturale e, come si autodefinisce, stratega politico.Nato nel 1981 e cresciuto in un contesto familiare interreligioso, Piccardo si è affermato come uno dei volti più noti dell’associazionismo islamico italiano. È stato a lungo impegnato nella promozione del dialogo interreligioso e nella battaglia per il riconoscimento dei diritti delle comunità musulmane in Italia. Negli ultimi anni è stato tra i principali promotori della costruzione della grande moschea di via Padova a Milano, progetto poi arenatosi.Era uscito dai riflettori, per tornare sulla scena dopo la mattanza compiuta da Hamas in Israele il 7 ottobre del 2023. Partecipa spesso a manifestazioni a favore della Palestina e, alla fine del 2024, è diventato l’unico amministratore di Iperuranio trading & consulting srls, società costituita il 2 novembre 2024 con sede legale a Milano. La società, con oggetto sociale ampio, ha una struttura semplice ma è al centro di un’operazione complessa: importare e distribuire in Italia la Gaza Cola, bevanda con etichetta in arabo, prodotta in Polonia, sponsorizzata da un consorzio internazionale pro Pal e vicino ai Fratelli Musulmani. Intervistato nel merito dalla Verità, Piccardo ha riferito: «La Gaza Cola non è un nostro progetto: la mia società la commercia e basta. È chiaro, abbiamo aderito a questa iniziativa economica soprattutto per ragioni ideologiche. Io ho le mie idee e non sono un segreto». Parallelamente, Piccardo è coinvolto anche nel mondo editoriale. È titolare della casa editrice Della Luce, che ha pubblicato numerosi testi su Gaza e il conflitto mediorientale, inclusi alcuni volumi sull’ex leader di Hamas, il macellaio Yahya Sinwar. Dettaglio, quest’ultimo, che ha suscitato più di qualche interrogativo sul suo posizionamento ideologico e sulle finalità culturali del suo attivismo.In parallelo all’attività italiana, la società più importante dietro la Gaza Cola è registrata nel Regno Unito. È stata costituita nell’aprile 2024 come società a responsabilità limitata, interamente posseduta da Osamah Kashou (pubblicamente noto come Osama Qashoo). Gaza Cola Ltd ha una struttura burocratica semplificata: un’unica azione ordinaria e un solo amministratore. La società britannica funge da hub strategico per il branding, le relazioni internazionali e la gestione della rete di distributori nei Paesi europei ed extra europei. Gaza Cola Ltd opera con un sistema di partnership decentralizzate che coinvolgono entità in Kuwait, Polonia, Francia e Turchia, e raccoglie fondi attraverso una campagna permanente che lega la vendita della bibita al finanziamento di progetti umanitari a Gaza. Le autorità fiscali britanniche non hanno finora rilevato irregolarità nei flussi finanziari. Essa è diventata un simbolo. In un periodo segnato dall’inasprimento del conflitto israelo-palestinese e dalle proteste globali per la guerra a Gaza, ogni dettaglio della lattina (dal nome, ai colori, al font) è pensato per evocare una narrativa di resistenza e solidarietà. In questo contesto, Piccardo è diventato così il punto di riferimento di una rete commerciale e comunicativa transnazionale.Iperuranio trading & consulting srls non produce la bibita, ma gestisce i flussi tra il produttore polacco e la grande distribuzione italiana. Coop Alleanza 3.0 ha accolto Gaza Cola nei propri scaffali in alcune regioni del Centronord, dopo aver interrotto l’acquisto di prodotti israeliani, di fatto boicottandoli. Ma c’è dell’altro e adesso gli occhi sono puntati su Coop anche per un altro motivo. L’azienda è stata condannata dalla magistratura di Venezia per aver licenziato ingiustamente un dipendente sospettato di aver usufruito impropriamente dei benefici legati alla Legge 104. Il dipendente ha dato prova che tutti i permessi presi erano legittimi e servivano per accudire la madre malata ed è stato quindi reintegrato. Ora, i fatti legati a Coop Alleanza 3.0 sono venuti alla luce entrambi a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Non è che per caso una notizia (quella sulla condanna per l’ingiusto licenziamento del dipendete) è stata data in mano alla stampa per dirottare l’attenzione lontano dall’altra vicenda (quella sul boicottaggio dei prodotti israeliani)?Intanto, i margini di profitto lordi della Gaza Cola superano il 300%. Il prezzo di produzione di una lattina è di circa 0,12 euro; al consumatore, viene venduta tra 0,90 e 1,30 euro. A oggi, non risultano anomalie formali nei bilanci: la società britannica appare in regola con la normativa fiscale e non è oggetto di indagini della Finanza né di altri organi europei. Eppure, la struttura leggera dell’operazione e l’elevato contenuto ideologico del prodotto suscitano perplessità. Per molti sostenitori del boicottaggio a Israele, l’azione commerciale di Gaza Cola è legittima e non violenta. Per altri non è che una forma mascherata di pressione economica su basi etniche.Esponenti delle comunità ebraiche italiane hanno parlato di uso strumentale del commercio per fini antisemiti. Il governo italiano, almeno finora, ha scelto una linea attendista. Nessuna misura è stata presa per limitare la vendita della bibita, ma si monitora da vicino il caso, anche alla luce dell’aumento degli episodi contro gli ebrei. Sono stati oltre 600 nel 2024, con un picco proprio nei mesi successivi al lancio della Gaza Cola.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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