2023-01-31
Blinken in Egitto ci regge il gioco sulla Libia
Il segretario di Stato americano ha incontrato al Sisi e sul tavolo è finita anche la stabilizzazione del Paese orfano di Gheddafi. L’obiettivo era al centro del recente viaggio del premier Giorgia Meloni, passa attraverso nuove elezioni e vede Roma attore interessato.È sempre più evidente la sponda tra Italia e Stati Uniti sulla crisi libica. Durante un incontro tenutosi ieri al Cairo con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il segretario di Stato americano Tony Blinken ha discusso (anche) dello stallo politico nel Paese nordafricano. Non solo. In un’intervista rilasciata domenica ad Al Arabiya, il capo del Dipartimento di Stato Usa aveva dichiarato di sostenere «la necessità di arrivare a un’elezione in modo che possa esserci un governo chiaro e legittimo che rispecchi il popolo libico»: un obiettivo che, secondo Blinken, deve essere raggiunto attraverso l’impegno dell’Onu. Una posizione identica a quella espressa, appena sabato scorso, da Giorgia Meloni nel suo viaggio a Tripoli. «Apprezziamo l’impegno confermato dal governo di unità nazionale ad indire elezioni presidenziali e parlamentari il prima possibile e auspichiamo che questo impegno possa tradursi rapidamente in programmi e azioni concrete, con la mediazione delle Nazioni Unite», aveva detto il presidente del Consiglio. Lo stesso giorno, la testata Libya Review riportava che il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Samuel Warburg, aveva invocato ulteriori sforzi di mediazione dell’Onu nella crisi libica, mentre a metà gennaio il direttore della Cia, William Burns, si era recato a Tripoli e Bengasi per incontrare rispettivamente il premier Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh e il generale Khalifa Haftar. La stessa Meloni, sabato scorso, avrebbe dovuto incontrare entrambi, anche se alla fine il meeting con Haftar è saltato: una circostanza dovuta tuttavia non a ragioni politiche ma contingenti. Tanto che alla Verità risulta che il figlio del generale avrebbe comunque avuto un colloquio con il nostro console e che quest’ultimo potrebbe avere in futuro un incontro con il generale stesso. A luglio, il Guardian riferì del resto di un’alleanza de facto tra Dbeibeh ed Haftar: un’alleanza tra due vecchi nemici su cui sembrerebbe proprio che stiano puntando Roma e Washington per favorire una stabilizzazione della Libia. Non a caso, una decina di giorni fa, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha avuto un incontro al Cairo proprio con al-Sisi, dedicato anche al dossier libico. È inoltre interessante notare che, nell’intervista ad Al Arabiya, Blinken, pur cautamente, ha criticato l’eventualità di un intervento armato turco nella parte settentrionale della Siria. Va da sé come queste fibrillazioni tra Washington e Ankara rappresentino una notizia interessante per Roma. La Turchia esercita una significativa influenza sull’Ovest della Libia e punta a spartirsi di fatto il Paese nordafricano con la Russia che, di contro, mantiene la presa sull’Est (anche attraverso il Wagner Group). Non è quindi escludibile che, dopo averlo blandito per mesi, l’amministrazione Biden stia iniziando a scaricare Recep Tayyip Erdogan e a scommettere maggiormente sull’Italia per la stabilizzazione libica e per un rilancio del fianco meridionale della Nato. Senza trascurare che il Dipartimento del Tesoro americano ha recentemente comminato nuove sanzioni proprio al Wagner Group. Dall’altra parte, Mosca intrattiene solidi legami con Il Cairo. Non a caso, dopo aver incontrato ieri Blinken, il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, avrà oggi un colloquio con l’omologo russo, Sergej Lavrov. Non è al momento chiaro se gli egiziani puntino a mediare sull’invasione dell’Ucraina (un tema, quello della crisi ucraina, che è stato comunque toccato nel vertice tra Blinken e al-Sisi). È tuttavia verosimile che la Libia sarà uno dei dossier sul tavolo nella conversazione tra i due ministri. Roma deve comunque fare attenzione, perché, come notato ieri da Libya Herald, una parte dell’Est libico sta mostrando ostilità nei suoi confronti: a partire dal premier orientale, Fathi Bashagha, che a febbraio scorso incassò il sostegno politico del Cairo e che oggi non sembra apprezzare l’accordo siglato da Eni con Noc. Emerge poi un ulteriore elemento. Nella visita egiziana, Blinken ha discusso anche del conflitto israeliano-palestinese. D’altronde, il segretario di Stato americano si è recato ieri in Israele per incontrarne il premier Benjamin Netanyahu, mentre oggi dovrebbe avere un meeting con il presidente dell’Anp, Mahmud Abbas. Ebbene, proprio ieri Blinken è tornato a invocare la soluzione a due Stati: una posizione espressa la settimana scorsa anche dalla Meloni durante una visita ufficiale in Algeria. Del resto, le dinamiche del conflitto israeliano-palestinese si intersecano con il dossier libico. Nell’autunno del 2021, Haaretz riferì che il figlio di Haftar si era recato in Israele per incontrare alcuni funzionari e chiedere sostegno per il padre in cambio di una normalizzazione dei rapporti tra lo Stato ebraico e la Libia. E attenzione: una decina di giorni fa, la testata Libya Observer, citando fonti russe, ha rivelato che l’anziano generale sarebbe ormai pronto a trasferire il potere a suo figlio. La situazione è complessa. Ma la sinergia tra Italia e Usa potrebbe presto dare dei frutti nella stabilizzazione della Libia.