2024-04-30
Blinken e Cameron mediano. «Offerta tregua di 40 giorni Hamas decida in fretta»
Diplomazia al lavoro a Riad. Gerusalemme chiede il rilascio di tutti i 33 ostaggi in vita, i terroristi ne offrono 20. Washington accusa cinque unità dell’Idf: «Gravi violazioni». Occupazione lampo dei filo palestinesi nella prestigiosa università francese. Lo speciale contiene due articoli.Qualcosa inizia a muoversi sulla questione degli ostaggi in mano ad Hamas? Centro della diplomazia mediorientale è diventato ieri il World Economic Forum di Riad, a cui - tra gli altri - ha partecipato Tony Blinken. Sul tavolo è stato innanzitutto posto l’eventuale accordo tra Israele e Hamas su ostaggi e cessate il fuoco.«Hamas ha davanti a sé una proposta straordinariamente, straordinariamente generosa da parte di Israele», ha detto il segretario di Stato americano. «Devono decidere. E devono decidere rapidamente. Sono fiducioso che prenderanno la decisione giusta», ha aggiunto. Secondo il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, la proposta prevedrebbe la liberazione degli ostaggi in mano ad Hamas e quella di «migliaia» di prigionieri palestinesi, oltre a un cessate il fuoco di 40 giorni. Inoltre, Israele ha chiesto il rilascio di 33 ostaggi (anche se, secondo indiscrezioni, Hamas sarebbe disposta a consegnarne solo 20). Non solo. Blinken ha anche ribadito l’opposizione di Washington a un’eventuale offensiva israeliana contro Rafah. «Non abbiamo ancora visto un piano che ci dia fiducia che i civili possano essere efficacemente protetti», ha spiegato il capo del Dipartimento di Stato americano.A parlare al World Economic Forum è stato anche il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, che si è detto «fiducioso». Anche Antonio Tajani ha detto che i negoziati sarebbero «a un punto di svolta». Nel frattempo, oggi al Cairo è atteso un team negoziale israeliano che dovrà esaminare la risposta di Hamas. Se qualcosa sembra iniziare timidamente a muoversi, va però anche registrato come, ieri, il portavoce della stessa Hamas, Osama Hamdan, abbia rilasciato dei commenti piuttosto freddi. «Dal paper israeliano risulta chiaro che continuano a insistere su due questioni principali. Non vogliono un cessate il fuoco totale e non parlano seriamente del ritiro da Gaza. In effetti, stanno ancora parlando della loro presenza: il che significa che continueranno a occupare Gaza», ha detto. «Fermare gli attacchi contro i palestinesi non è generoso. L’attacco in sé è un crimine», ha aggiunto, replicando a Blinken. Eppure, Hamdan non ha chiuso del tutto la porta a un’intesa, precisando: «Abbiamo domande serie per i mediatori. Se ci saranno risposte positive, penso che potremo andare avanti».La strada comunque non è in discesa. Secondo Bloomberg News, Washington teme le mosse della Corte penale internazionale, che potrebbe presto spiccare dei mandati d’arresto contro Benjamin Netanyahu e alcuni funzionari israeliani, oltre che contro una parte dei vertici di Hamas. In particolare, gli americani temerebbero che una simile eventualità possa far saltare l’accordo sugli ostaggi. «Israele non è membro del tribunale, con sede all’Aia, e non riconosce la sua giurisdizione, ma i territori palestinesi sono stati ammessi come Stato membro nel 2015», ha riferito il Times of Israel. Scetticismo sull’accordo è stato infine espresso da Donald Trump. «Israele scoprirà, molto tristemente, che ci sono molti meno ostaggi di quanto si pensi attualmente. Ecco perché è difficile per Hamas raggiungere un accordo», ha affermato ieri su Truth.Ma l’eventuale intesa con Hamas non è l’unico dossier sul tavolo. In primis, l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha reso noto che alcuni Paesi membri dell’Unione europea potrebbero riconoscere uno Stato palestinese entro maggio. In secondo luogo, a essere in discussione è anche un accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele: un accordo che gli americani stanno tentando di mediare. «Il lavoro che l’Arabia Saudita e gli Usa hanno svolto insieme in termini di accordi, penso, è potenzialmente molto vicino al completamento», ha detto ieri Blinken. «Ma poi, per andare avanti con la normalizzazione, saranno necessarie due cose: la calma a Gaza e un percorso credibile verso uno Stato palestinese», ha proseguito.In particolare, secondo la testata Al Monitor, Washington sarebbe pronta a offrire un pacchetto di aiuti per la sicurezza a Riad in cambio della sua normalizzazione delle relazioni con Gerusalemme. Ricordiamo che, a settembre, tale svolta sembrava a portata di mano, ma che - dopo il brutale attacco del 7 ottobre perpetrato da Hamas contro lo Stato ebraico - il processo diplomatico è stato congelato. Ieri, comunque, il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, si è mostrato aperturista su un’intesa con gli Usa. «La maggior parte del lavoro è già stata fatta. Abbiamo le grandi linee di ciò che pensiamo debba accadere sul fronte palestinese», ha affermato.D’altronde, Joe Biden ha bisogno di un risultato in politica estera nel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali di novembre. Tuttavia emerge un’incognita. Da una parte, i sauditi, nonostante una distensione in corso con l’Iran, temono il programma nucleare di Teheran: un elemento che li sta spingendo nuovamente a convergere con Israele. Dall’altra, i rapporti tra Riad e l’amministrazione Biden sono sempre stati molto freddi: bisognerà quindi capire se i sauditi accelereranno nella normalizzazione oppure, pur di non dare un assist a Biden, aspetteranno le presidenziali di novembre. Come che sia, Teheran teme l’isolamento. Non a caso, ieri il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha voluto sottolineare il disgelo, avviato un anno fa, tra Riad e la Repubblica islamica.Infine, ieri il dipartimento di Stato Usa ha ritenuto cinque unità dell'esercito israeliano responsabili di «gravi violazioni dei diritti umani» prima del 7 ottobre.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/blinken-e-cameron-mediano-2668096866.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="raid-israeliani-sul-libano-e-a-rafah-tende-alla-sorbona-sgomberate" data-post-id="2668096866" data-published-at="1714498510" data-use-pagination="False"> Raid israeliani sul Libano e a Rafah. Tende alla Sorbona: sgomberate Ieri mattina la cellula libanese di Hamas ha lanciato una serie di razzi diretti verso il Nord di Israele. In una dichiarazione Hamas ha confermato di aver lanciato i razzi dal Libano verso una base militare vicino alla città settentrionale di Kiryat Shmona, più volte attaccata negli ultimi mesi. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno riferito che circa 20 razzi hanno varcato il confine durante l’attacco e la maggior parte di essi è stata intercettata dal sistema di difesa aerea Iron Dome, mentre alcuni hanno colpito aree non abitate. Il ramo libanese di Hamas, presente in Libano sotto la protezione di Hezbollah, ha rivendicato la responsabilità di vari attacchi contro il Nord di Israele durante l’attuale conflitto. Successivamente l’Idf ha riferito che un’altra salva di almeno 15 missili è stata lanciata sull’Alta Galilea, facendo scattare le sirene nelle comunità di Arab Al Aramshe e Gornot Hagalil, ma fortunatamente non sono stati segnalati feriti o danni. Successivamente si sono verificati intensi bombardamenti da parte di Israele nel Sud del Libano, segnando la fine di un fine settimana caratterizzato da ripetuti scambi di fuoco tra Hezbollah e l’Idf. Secondo i media libanesi, gli attacchi israeliani hanno colpito lungo la linea del fronte, concentrandosi soprattutto nei distretti meridionali di Bint Jbeil, Marjouyoun e Tiro. Durante il fine settimana Hezbollah aveva rivendicato una serie di attacchi contro le postazioni militari israeliane nell’Alta Galilea in risposta ai bombardamenti israeliani nel Sud del Libano. Secondo fonti militari israeliane, tra i siti colpiti durante la notte precedente vi erano infrastrutture a Jabal Blat e diversi edifici utilizzati dal gruppo terroristico a Marwahin. Sempre nella notte, caccia da combattimento israeliani hanno attaccato obiettivi terroristici a Rafah e il bilancio delle vittime è incerto tenuto conto che le cifre che ogni volta vengono rese note da Hamas, rilanciate da Al Jazeera, servono solo alla propaganda. Ieri pomeriggio l’Idf ha fatto sapere di aver preso di mira posizioni di lancio di razzi, un edificio utilizzato dal gruppo terroristico e altre infrastrutture a Rachaya Al Foukhar e Khiam. Inoltre, l’Idf ha affermato di aver bombardato le aree vicine ad Ayta ash-Shab con l’artiglieria al fine di «rimuovere le minacce». Dal 8 ottobre 2023 Hezbollah ha attaccato quasi quotidianamente le comunità israeliane e le postazioni militari lungo il confine. Israele ha minacciato ripetutamente di dichiarare guerra per allontanare gli Hezbollah dal confine e proteggere le comunità settentrionali, dalle quali circa 70.000 persone sono fuggite per evitare i combattimenti. Le massime autorità di Hezbollah hanno dichiarato che non avvieranno alcun dialogo con Israele finché non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza. Israele fino ad oggi ha ucciso 289 dei suoi membri principalmente in Libano ma anche alcuni in Siria. Non si fermano invece le indiscrezioni sul possibile addio obbligato al Qatar dei leader di Hamas e a questo proposito l’alto funzionario del gruppo terroristico Mousa Abu Marzouk ha affermato che la leadership politica del gruppo «non ha attualmente pianificato un trasferimento dal Qatar, ma se lo facesse, sceglierebbe la Giordania come sede del suo ufficio perché la Giordania è una nazione che sostiene la resistenza palestinese».Intanto ieri pomeriggio la polizia francese è intervenuta alla Sorbona a Parigi per sgomberare gli attivisti filo-palestinesi che avevano occupato con delle tende la prestigiosa università bloccandone l'attività.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».