2024-11-22
I big dell’auto vogliono mollare il verde ma chiedono aiuti per il dietrofront
Sui motori tradizionali incombe il bando Ue, però il mercato rifiuta le elettriche. Le aziende si barcamenano in ordine sparso e, dopo aver preteso soldi per la transizione, si aspettano incentivi per invertire la rotta.Mancano 800.000 operai specializzati nei veicoli eco. Vendite ferme a ottobre. Mercedes annuncia «miliardi» di tagli.Lo speciale contiene due articoli.Se si volesse fare una valutazione del mercato dell’auto guardando solo a ciò che viene proposto nei vari Saloni inernazionali, ultimo quello che si è tenuto a Parigi, potremmo pensare che il mercato delle auto elettriche vada a gonfie vele. In realtà dietro alle vetrine, i produttori e i concessionari si disperano. L’industria dell’automotive è stretta tra i vincoli imposti dalla transizione energetica con la data capestro del 2035, quando, secondo il Green deal, non potranno più essere vendute vetture a motore endotermico, e la domanda effettiva come emerge dalle periodiche statistiche. A complicare lo scenario ci sono una serie di fattori nuovi. A cominciare dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e le sue dichiarazioni sulla volontà di sganciarsi dall’accordo di Parigi sulle emissioni, il probabile inasprimento dei dazi alle auto elettriche importate dalla Cina e il rapporto stretto fra il nuovo presidente Usa con Elon Musk che favorirà la Tesla. Ma c’è anche l’incognita di come intende muoversi la nuova Commissione europea, se seguirà l’ortodossia impostata finora dal Green deal, o se adotterà una linea più pragmatica con aggiustamenti nelle scadenze. Troppi punti interrogativi per un’industria quale l’automotive che ha bisogno di certezze per programmare gli investimenti. In questo caos le case automobilistiche procedono con una strategia di stop and go, ovvero mettono soldi sull’elettrico, privilegiano l’ibrido che sembra essere ben accolto dal mercato, e, chi più chi meno, si tengono strette l’endotermico. D’altronde lo switch tra auto a combustione e quelle elettriche, al momento, riguarda a livello normativo, solo l’Europa e la California. Gli automakers finora hanno investito in modo massiccio sull’innovazione tecnologica e pensare di fermare quest’auto in corsa vorrebbe dire bruciare miliardi. Dall’altro canto se il mercato non tira e se i governi hanno deciso (tutti in Europa) di abbandonare i sussidi agli acquisti, non si possono lasciare accumulare le auto invendute nei parcheggi delle concessionarie. Anche un gigante cinese come Geely, che ha tanti marchi lanciati nell’elettrificazione pura, gioca ancora sul fronte dei motori termici ad alta efficienza per supportare i sistemi ibridi e ibridi plug in, la cui diffusione è ritenuta rilevante per molto tempo. Vediamo come si stanno muovendo i vari marchi.StellantisLa strategia di Stellantis, guidata dall’ad Carlos Tavares, si può riassumere così: andiamo avanti con l’elettrico perché lo dice la Ue ma il governo deve dare incentivi. In ogni caso la produzione non può non tenere conto della domanda. Questo ha voluto dire fino a ora procedere con la cassa integrazione. Sul sito si legge che «entro la fine del 2030 i brand di Stellantis puntano a raggiungere con i veicoli elettrici a batteria (Bev) il 100% del mix di vendite di autovetture in Europa e il 50% di autovetture e veicoli commerciali leggeri negli Stati Uniti». Ma a una condizione: «Ipotizzando politiche pubbliche favorevoli». E poi: «Entro il 2030, Stellantis offrirà 75 modelli Bev raggiungendo le 5 milioni di unità vendute. A partire dal 2025, l’azienda lancerà esclusivamente Bev nei segmenti di lusso e premium per poi estendere l’offerta a tutto il portafoglio. Inoltre, a partire dal 2026, in Europa saranno lanciati solo Bev». Renault L’ad di Renault, Luca de Meo, che è anche presidente dell’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea), i un’intervista ha ribadito che «se i veicoli elettrici rimarranno al livello attuale, l’industria europea potrebbe dover pagare 15 miliardi di euro di multe o rinunciare alla produzione di oltre 2,5 milioni di veicoli». E ha sottolineato che «la velocità della crescita dell’elettrico è la metà di quella necessaria per raggiungere gli obiettivi che ci consentirebbero di non pagare multe». Di qui la richiesta di «un po’ di flessibilità». Ma quale è, alla luce di queste dichiarazioni, la strategia di Renault? Lo ha detto Francois Provost, direttore acquisti del gruppo: «Se l’elettrico ritarda abbiamo un piano B». Nello specifico: avanti con l’auto elettrica, ma il piano B è «quello di mantenere competenze molto solide nel settore delle auto ibride. Fuori dall’Europa, dove siamo presenti in modo importante, queste auto saranno richieste ancora per decenni». In questa direzione, per restare ancorati nel mondo delle auto a combustione, va Horse, la joint venture con Geely, il colosso cinese privato dell’automotive. Horse è il quarto produttore al mondo di motori, nato appena il 2 marzo 2023 con lo scorporo formale dal gruppo Renault della divisione dello sviluppo di propulsori e cambi. Il 45% è stato ceduto ai cinesi di Geely e il 10% al gigante petrolifero saudita Aramco. Produce oltre 5 milioni di trasmissioni e motori termici, ibridi e ibridi plug in all’anno per oltre 130 Paesi. È un fornitore mondiale indipendente e Renault è un cliente privilegiato. Horse ha avviato la produzione di motori termici, nella versione per ibridi plug in, nello stabilimento spagnolo di Valladolid, dopo un investimento di 4 milioni per adattare le linee produttive. Al tempo stesso Renault va avanti con l’elettrico come indica la creazione della divisione Ampere, per la produzione di veicoli a batteria intelligenti. Twingo sarà sviluppata in meno di due anni, con un prezzo inferiore a 20.000 euro, mentre Renault5 è a buon punto per essere prodotta in meno di dieci ore presso il Centro electricity di Ampere. Da cui escono anche la Scenic e la Megane, ovviamente elettriche, e dove passerà la R4. MercedesDoppia road map per Mercedes che ha rivisto l’obiettivo di vendere nel 2030 solo auto elettriche, rinviando l’addio all’endotermico. La casa automobilista prevede che le elettrificate e quindi anche le ibride plug in, alla fine di questo decennio costituiranno, al massimo, la metà delle sue vendite a livello globale. Quindi da una parte c’è la Bev strategic consistency per lo sviluppo di auto a batteria, dall’altro, la Ice tactical flexibility per quelle a combustione. «Le elettriche costeranno più delle auto tradizionali ancora per molti anni», ha ammesso l’ad, Ola Kallenius. Un motivo più che solido per continuare a investire nella decarbonizzazione dei propulsori a benzina e diesel tradizionali, destinati a sopravvivere a tempo indefinito, alla faccia dell’ideologia green dell’Ue. «Stiamo sviluppando tutta la gamma endotermica per rispondere alle future normative sulle emissioni», spiega la casa, facendo riferimento alle norme Euro 7. Non solo. Kallenius ha annunciato che «circa 9-12 mesi dopo il debutto del primo modello con la piattaforma Mma per l’elettrico, Mercedes presenterà un nuovo motore benzina quattro cilindri». Altro che addio all’endotermico.BMWAnche l’ad della casa tedesca, Oliver Zipse, ha chiesto l’annullamento della scadenza del 2035. Bmw ha già detto che non ha un termine entro il quale smettere di proporre auto termiche. Adrian van Hooydonk, direttore del design di Bmw group, ha affermato che gran parte del design e della configurazione dell’abitacolo dei concept Neue klasse ev saranno trasferitidalle elettriche alle endotermiche. Una conferma viene dalle prime foto spia della Bmw neue klasse berlina in entrambe le varianti, alimentata con motore a combustione interna e in versione 100% elettrica, e che probabilmente diventeranno le nuove Bmw serie 3 (endotermica) e i3 (elettrica) quando entreranno sul mercato nel 2026.FordAd agosto, Ford ha annunciato la cancellazione dei piani per i suoi Suv elettrici e il rinvio della produzione di un nuovo pick up elettrico. Ad agosto, ha abbassato la quota di spesa annuale pianificata in conto capitale dedicata alle Bev dal 40% a circa il 30%. Il direttore finanziario, John Lawler, ha spiegato che la strategia prevede un maggior focus sui modelli ibridi. La casa ha tagliato l’investimento di miliardi di dollari per le macchine elettriche. Da gennaio a marzo l’azienda ha perso oltre 130.000 dollari per ogni auto a batteria venduta. Le perdite non si limitano ai costi di produzione e vendita dei veicoli elettrici, ma includono anche gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo della prossima generazione di Bev, che non si traducono in guadagni a breve termine. In ogni caso il gruppo ha confermato il progetto di sviluppo di una nuova piattaforma che permetterà di realizzare Bev più accessibili. Intanto nello stabilimento di Colonia arriva la cassa integrazione. È di questi giorni la notizia che il gruppo intende tagliare il 14% degli organici in Europa.General MotorsHa rinunciato all’obiettivo di produrre 1 milione di veicoli elettrici a batteria in Nord America entro la fine del 2025. Inoltre, ha ritardato i lanci di alcuni nuovi modelli a batteria e l’apertura di una fabbrica di pickup elettrici nella periferia di Detroit. La Ceo Mary Barra ha ridimensionato i piani sulle Bev nonostante i 500 milioni di sovvenzioni da Biden e ha ribadito di voler di puntare maggiormente sulla tecnologia Plug-in.Volkswagen L’azienda ha fatto sapere che i progetti per lo sviluppo delle fabbriche di batterie in Europa e Nord America saranno modificati. In un’intervista al quotidiano Fas, il chief technology officer, Thomas Schmal, ha affermato che l’espansione degli impianti sarà determinata dall’andamento del mercato. Inoltre, sono stati ritardati i lanci di alcuni modelli. VolvoIl gruppo aveva da subito scommesso sulle Bev, affermando di voler diventare un marchio solo elettrico entro il 2030. Ora Volvo punta per il 2030 a un mix di vendita composto per il 90-100% da elettriche e plug in. Il restante da mild hybrid, «se necessario». Resta comunque l’impegno a portare avanti le ambizioni di elettrificazione.Da questo scenario emerge che l’ubriacatura ecologista della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha provocato uno sbandamento nell’industria automobilistica. Le case procedono in ordine sparso combattute tra continuare a investire a occhi chiusi nell’elettrico o rimanere ancorate alla produzione tradizionale che è quella richiesta dal mercato. In questo limbo, in cui non si vede una ripresa strategica ma solo segni meno, di sicuro l’automotive chiederà soldi ai governi. E allora la contro transizione rischia di costare più della transizione vera e propria.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/big-auto-vogliono-mollare-verde-2669971756.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-intanto-si-buttano-milioni-per-formare-addetti-alle-batterie" data-post-id="2669971756" data-published-at="1732273579" data-use-pagination="False"> E intanto si buttano milioni per formare addetti alle batterie Investimenti massicci a carico dei governi e delle case automobilistiche per formare nuovi addetti capaci di gestire la tecnologia delle auto elettriche. E tutta questa massa di denaro è impiegata al buio perché non è chiaro quando e in che misura ci sarà il passaggio completo dall’endotermico alle batterie. Forse mai nella storia dell’industria dell’auto c’è stata un’operazione del genere, un salto nel vuoto senza paracadute guidati solo dall’utopica illusione di creare un pianeta più pulito, senza tener conto dell’andamento del mercato che continua a bocciare le vetture green. Come confermano i dati delle immatricolazioni di ottobre diffusi da Acea (l’associazione europea dei costruttori di automobili) che indicano per il periodo da gennaio a ottobre un calo del full electric del 4,9% sul quale pesa maggiormente il crollo in Germania del 26,6%, condizionato dalla fine degli incentivi. Complessivamente il mercato è in stallo con un +0,1% a ottobre rispetto allo stesso mese del 2023. Spicca il crollo verticale di Stellantis con vendite giù del 16,7% rispetto allo stesso mese del 2023 e del 6,9% tra gennaio e ottobre. Guardando al tipo di alimentazione scelta dai guidatori europei nei primi dieci mesi del 2024, il 33,3% del mercato è rappresentato da vetture ibride, sia mild (elettrificazione leggera) che full. Seguono le benzina al 30,8%. Questo è lo scenario con cui si dovrebbero confrontare le case automobilistiche che sono però costrette dalle scadenze green a investire nell’elettrico. Un approfondimento dell’agenzia Reuters, fornisce uno spaccato interessante di questo processo. Ecco qualche cifra. La necessità di 800.000 posti di lavoro nel settore delle batterie entro il 2025 in Europa richiede massicci sforzi di riqualificazione; il Regno Unito dovrà affrontare una carenza di 3.000 tecnici di veicoli elettrici entro il 2031; ogni anno la Bmw forma 70.000 dipendenti in tutto il mondo su cloud computing, analisi dei dati e intelligenza artificiale; gli Stati Uniti prevedono una crescita del 26% nei posti di lavoro per sviluppatori di software nel settore automobilistico entro il 2031. Le competenze stanno cambiando lungo l’intera filiera, dalla produzione dei componenti per i veicoli a zero emissioni, alla loro manutenzione e al loro smaltimento. Negli Stati Uniti, il dipartimento per l’Energia ha pianificato investimenti per 23,6 milioni di dollari per la formazione di oltre 14.000 lavoratori, mentre in Europa la European battery academy ha un budget di 10 milioni per formare 800.000 lavoratori con competenze nuove nel 2025. Reuters scrive che «le competenze sulle batterie costituiranno la quota maggiore dell’occupazione nel settore automobilistico globale, quindi investire in esse potrebbe compensare le perdite derivanti dalla fine della produzione di motori a combustione interna». Il World energy employment 2023 sottolinea che le nuove aziende produttrici di batterie in Europa hanno difficoltà ad assumere personale qualificato. Anche la Commissione Ue rileva la mancanza di specialisti per gestire la transizione dall’endotermico. In un rapporto sulla competitività dell’Europa, pubblicato a settembre scorso, si esortano gli Stati membri a stabilire un quadro comune per la formazione nel settore. Alcune case automobilistiche si stanno attrezzando. Jaguar Land Rover ha un programma di investimenti in formazione da 20 milioni di sterline all’anno focalizzato soprattutto sulla gestione dell’alto voltaggio ma che include anche la manutenzione dei robot nelle linee di montaggio. Bmw investe 400 milioni di euro all’anno nei suoi programmi di formazione. Moritz Kippenberger, vicepresidente per i servizi Hr, il reclutamento e le qualifiche, stima che oltre il 90% delle competenze di cui la casa automobilistica hanno bisogno può essere raggiunto riqualificando i dipendenti. Ma ci sono aree specifiche, come gli elettricisti, per i quali si richiederanno assunzioni. L’Institute for the motor industry, che eroga corsi di formazione a livello mondiale, stima che solo il 24% della forza lavoro nel Regno Unito ha competenze sui veicoli elettrici. Negli Usa si prevede di qui al 2031 un aumento dell’occupazione per gli sviluppatori di software nell’automotive. La transizione verso l’elettrico richiede tanti soldi con l’interrogativo se i protagonisti del cambiamento saranno all’altezza di tali investimenti e se ne varrà davvero la pena. E intanto dalla Germania arriva un’altra brutta notizia. Mercedes-Benz ha annunciato: «Nei prossimi anni dovremo ridurre i nostri costi di diversi miliardi di euro all’anno», aggiungendo: «La situazione economica è estremamente volatile. Solo aumentando l’efficienza si può restare forti sul piano finanziario e produttivi».
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)