2023-08-02
Su Biden si abbatte l’impeachment anti Trump
Le rivelazioni dell’ex socio di Hunter su Joe «lasciapassare» per fare affari sono clamorose. Adesso per il presidente la messa in stato di accusa è più vicina. E, per ironia, proprio grazie alle modifiche introdotte dai dem quando misero nel mirino The Donald.L’ipotesi che Joe Biden possa finire presto sotto impeachment si fa sempre più concreta. E, se c’è qualcuno che il presidente deve ringraziare per questo, quel qualcuno è lo stesso Partito democratico. L’altro ieri, ha testimoniato alla commissione Sorveglianza della Camera Devon Archer, ex socio del figlio dell’inquilino della Casa Bianca, Hunter. Una deposizione che mette in serio imbarazzo i Biden. «La testimonianza di Devon Archer oggi conferma che Joe Biden ha mentito al popolo americano quando ha affermato di non essere a conoscenza degli affari di suo figlio e di non esserne coinvolto. Joe Biden era “il brand” che suo figlio ha venduto in tutto il mondo per arricchire la famiglia Biden», si legge in una nota del presidente della commissione Sorveglianza, il repubblicano James Comer. «Quando Joe Biden era vicepresidente degli Usa, si è unito alle cene di Hunter Biden con i suoi soci in affari stranieri di persona o in vivavoce più di 20 volte», prosegue il comunicato. Ricordiamo che, il 21 settembre 2019, il presidente, all’epoca candidato alla nomination del Partito democratico, aveva detto: «Non ho mai parlato con mio figlio dei suoi rapporti d’affari all’estero». I dem stanno cercando di sminuire la deposizione di Archer, dicendo che Biden ebbe, sì, contatti con i soci del figlio, ma che avrebbe parlato con loro semplicemente del «tempo» e di dettagli di poco conto. Una versione contestata dai repubblicani, secondo cui l’allora vicepresidente in quei colloqui avrebbe trattato anche degli affari internazionali di Hunter. D’altronde, è credibile che Hunter abbia messo in contatto il padre con i suoi soci per discutere di meteorologia? Tuttavia, ammesso e non concesso che i dem abbiano ragione, ciò non toglierebbe la gravità di quanto accaduto. Come emerso, Hunter metteva in comunicazione il padre con i suoi soci per aumentare la propria influenza nei loro confronti. Per conseguire tale obiettivo, a lui bastava quindi che il potente genitore si limitasse a comparire (in presenza o in vivavoce) nei meeting con questi interlocutori, indipendentemente dal contenuto delle conversazioni. Difficile credere che l’attuale presidente si lasciasse strumentalizzare passivamente, non capendo una dinamica tanto ovvia. O Joe Biden è un totale sprovveduto o era connivente: tertium non datur. Si rafforza quindi il sospetto che si sia verificato traffico d’influenza. Archer ha anche rivelato che, nella primavera del 2014, Joe e Hunter si incontrarono a Washington con la moglie dell’ex sindaco di Mosca, la miliardaria Elena Baturina. Stranamente quest’ultima non è stata inclusa nella lista degli oligarchi russi sanzionati dagli Usa e, secondo un report dei senatori del Gop, avrebbe versato a una società di Hunter 3,5 milioni di dollari nel febbraio 2014. Ulteriori rivelazioni, emerse dalla deposizione, riguardano l’azienda ucraina Burisma, nel cui board Hunter sedette insieme ad Archer. «Nel dicembre 2015», recita la nota di Comer, «Mykola Zlochevsky, il proprietario di Burisma, e Vadym Pozharski, un dirigente di Burisma, hanno esercitato continue pressioni su Hunter Biden per ottenere aiuto da Washington riguardo al procuratore ucraino, Viktor Shokin». «Shokin», prosegue la nota, «stava indagando su Burisma per corruzione. Hunter Biden, insieme a Zlochevsky e Pozharski, “ha chiamato Washington” per discutere la questione. Biden, Zlochevsky e Pozharski si sono allontanati per telefonare». Guarda caso Biden, che all’epoca sovrintendeva ai rapporti tra Washington e Kiev, esercitò pressioni sull’allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, per silurare Shokin, il quale fu poi licenziato a marzo 2016. E pensare che, quando a ottobre 2020 Donald Trump attaccò i Biden su Burisma e la Baturina, fu Vladimir Putin in persona a difenderli, dicendo di non essere a conoscenza di attività illecite di Hunter in Ucraina e in Russia. Biden rischia l’impeachment? Sì, lo rischia. Sono stati proprio i dem ad abbassare gli standard del processo di messa in stato d’accusa, pur di colpire Trump nel 2019. L’impeachment di quell’anno poggiò infatti su basi traballanti. Innanzitutto, non fu mai provato al di là di ogni ragionevole dubbio che l’allora presidente repubblicano avesse subordinato gli aiuti ucraini all’apertura di un’indagine sui Biden da parte del governo di Volodymyr Zelensky. Inoltre, anche qualora fosse stato provato, un tale comportamento, per quanto opaco, non avrebbe implicato un reato disciplinato dal codice penale americano: come riportò infatti un’analisi di Politico, nell’ordinamento degli Usa la corruzione è una fattispecie che riguarda i rapporti con i funzionari pubblici statunitensi e non ha a che fare con le relazioni tra capi di Stato. Non a caso, l’allora Speaker della Camera, Nancy Pelosi, mise da parte l’accusa di corruzione, usando come capi d’imputazione per l’impeachment quelli (piuttosto fumosi) di abuso di potere e ostruzione al Congresso. I dem sposarono quindi la teoria secondo cui un impeachment non richiede necessariamente un reato disciplinato dal codice penale: basterebbe, in altre parole, anche un comportamento controverso del presidente per giustificarlo. È pur vero che la messa in stato d’accusa è un procedimento che fa capo al potere legislativo e non a quello giudiziario: è però evidente che, svincolandola completamente dal codice penale, si apre la porta a scenari di significativa politicizzazione. L’impeachment del 2019 contro Trump rappresenta quindi un precedente pericoloso per Biden. E i dem rischiano un clamoroso effetto boomerang.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.